Dario Di Vico, Corriere della Sera 26/9/2009, 26 settembre 2009
Tra i professionisti si considerano di gran lunga i più moderni e flessibili, «la classe creativa», ma guadagnano meno di un lavoratore dipendente, per anni hanno pagato persino l’Irap e a fine carriera li aspetta una pensione da fame: 500 euro
Tra i professionisti si considerano di gran lunga i più moderni e flessibili, «la classe creativa», ma guadagnano meno di un lavoratore dipendente, per anni hanno pagato persino l’Irap e a fine carriera li aspetta una pensione da fame: 500 euro. Sono il Quinto Stato. Informatici, consulenti, pubblicitari, ricercatori, designer, ma anche formatori, traduttori, grafici, interpreti e persino archeologi. Tutti professionisti con partita Iva, di età tra i 30 e i 49 anni, senza uno straccio di Ordine che li tuteli, come ce l’hanno invece avvocati, medici e architetti. Quanti siano complessivamente è difficile dirlo, le stime parlano di 300 mila in tutta Italia e una buona parte di essi vive o comunque gravita su Milano che è la loro Mecca. Più le aziende del Nord esternalizzano, più per i lavoratori della conoscenza a partita Iva ci sono chance di lavoro. E specie a Milano le donne sono tantissime, all’incirca il 40%. Ma come funziona questo mercato? Nonostante riguardi lavoratori della conoscenza ha meccanismi simili agli idraulici. Vige il passaparola, la fama di buon professionista si costruisce con gli episodi e guai a sbagliare un colpo. Per autopromuoversi gli informatici hanno provato con i siti web e i pubblicitari con le inserzioni a pagamento. Ma non funziona. Ci vuole una rete di buone relazioni e tante amicizie. Solo così un consulente del Quinto Stato riesce a lavorare per 180 giorni l’anno, ma è considerato un exploit perché la media è molto più bassa, tra i 100 e i 120. Una delle criticità maggiori sta nel decidere quanto farsi pagare e l’Acta, l’associazione del terziario avanzato che vuole rappresentarli, ha organizzato un seminario ad hoc: «Modelli di costruzione del prezzo», con tanto di schema input/output per preventivi e fatturazioni con partita Iva. I modelli però non cancellano il timore di trovare un committente che non paga: nel campo dei traduttori il rischio è così elevato che gira una «black list» di aziende morose dalle quali è meglio tenersi alla larga. Racconta Alfonso Miceli, formatore e vicepresidente di Acta: «Quando hai a che fare con l’ufficio acquisti di una grande impresa c’è poco da fare, decidono loro quanto pagarti. Ma con le piccole è diverso. Cercano la persona giusta e vogliono i risultati, il prezzo diventa secondario ». La conseguenza però di questo andirivieni di cervelli e tariffe è che le nostre partite Iva da anno ad anno presentano variazioni di fatturato anche del 50%. «E 60 mila euro lordi, la media dei nostri introiti, sono appena sufficienti per vivere a Milano, ma sicuramente non consentono di pensare a un progetto di vita». Non ci sono numeri certi ma pare che la tendenza sia che una partita Iva finisce per sposare un’altra partita Iva, perché ci si capisce di più e se uno dei due per un mese deve rinunciare al week-end perché ha trovato un buon cliente, l’altro/a se ne fa una ragione. Quasi tutti i «professional» hanno lo studio in casa così possono detrarre metà spese d’affitto ma siccome i committenti pagano a tre mesi - quando va bene - , devono comunque avere un fondo- cassa di almeno 10 mila euro per poter anticipare le spese di un prossimo lavoro. In queste condizioni è difficile diventare ricchi e se qualcuno ce la fa, apre uno studio e chiama subito i suoi ex colleghi come subfornitori. L’obbligo dentro il Quinto Stato è quello di essere sempre aggiornatissimi, se uno «perde» le ultime tendenze del mercato a cui appartiene va in fuorigioco. Diventa obsoleto. Per evitare la retrocessione intellettuale un consulente coscienzioso investe continuamente sul suo know how e d’estate se ne va a scuola da un guru straniero pagando migliaia di euro o di dollari. E vale per chi lavora con la tecnologia e per chi insegna Pilates. «E comunque la partita Iva è stata pensata per i negozi e gli artigiani che possono detrarre gli investimenti fissi - dice Miceli - Non è un vestito ad hoc per noi che facciamo investimenti immateriali ». All’Acta giurano che lavorare in nero, senza fattura «per noi è praticamente impossibile». Per le imprese e le istituzioni «che ci danno lavoro siamo un costo che va documentato fino all’ultimo centesimo». In mezzo a tante difficoltà gli uomini e le donne del Quinto Stato tengono duro grazie a una forte dose di autostima. Non si considerano nemmeno per un momento dei precari del terziario avanzato, tutt’altro. Pensano di essere la punta avanzata della modernizzazione. Il loro mentore è il sociologo americano Richard Florida che ha individuato proprio nella classe creativa la base del nuovo capitalismo. E anche chi in Italia, come il professor Sergio Bologna, ha studiato il fenomeno ne ha sottolineato il binomio «flessibilità e innovazione ». «Il lavoro autonomo delle nuove professioni - ha scritto - è un fattore insostituibile di generazione e diffusione di dinamiche innovative». Anche perché devono conquistarsi di continuo l’autorevolezza, «mentre un professore universitario, ottenuta la cattedra, può anche smettere di leggere e non cambia niente » . Quando però la percezione di sé deve fare i conti con il welfare sono guai. I nostri professional versano per la pensione alla gestione separata dell’Inps il 26% dei loro introiti e si vedono restituiti molto meno. Esiste una casistica da choc: lavoratori con 30 anni di contributi hanno calcolato il loro prossimo assegno mensile e hanno saputo che «godranno » di una pensione mensile tra i 500 e i 650 euro! Ma non è tutto: per i giorni di malattia la diaria riconosciuta è di 18 euro e scatta solo in caso di ricovero ospedaliero. Più tutelata (relativamente) è la maternità: alla neo-mamma vengono riconosciuti cinque mesi di paga ma deve interrompere di botto tutti i rapporti e le consulenze aperte. Così quando vorrà ripartire dovrà farlo dal «ground zero». Dario Di Vico