Sergio Romano, Corriere della Sera 26/9/2009, 26 settembre 2009
IL SEPARATISMO INTERESSATO E LE NOMENCLATURE TIRANNE
innegabile che, a volte, possano esistere fattori che, anche se generalmente superdimensionati, favoriscono tendenze separatiste. Ma l’interesse delle popolazioni sembrerebbe essere la concentrazione di Paesi, nazioni, società in evolute comunità rette da interessi comuni, giustizia e democrazia. Non le sembra che una delle ragioni forse secondarie ma non meno pressanti del prolificare degli autonomismi possa essere un meschino interesse personale degli uomini che promuovono e guidano questi movimenti?
Meglio essere il numero 1 di un bilocale che uno dei molti amministratori di un grande condominio.
Conosco bene il Centroamerica: una serie di paesini-fazenda spesso insignificanti, produttori di miseria, banane e caudillos, al posto di una forte nazione democratica con importanza e peso internazionali. Che cosa pretendono i baschi, l’Ira, i padani, gli scozzesi? Un ritorno al tribalismo africano pre-coloniale in versione moderna?
Piero Bondi
pierobondi@terra.com.br
Caro Bondi,
Lei ha ragione. La richiesta di secessione o di una autonomia privilegiata (il vero federalismo è un’altra cosa) si giustifica là dove una maggioranza etnica o religiosa controlla tutte le leve del potere e limita i diritti delle minoranze. Ma può comportare molti rischi là dove la comunità nazionale aspira alla creazione di uno Stato di diritto in cui tutti godano delle stesse prerogative e siano, almeno nelle intenzioni e negli auspici, eguali davanti alla legge. Il rischio, in questo caso, è che la regione autonoma o il gruppo etnico protetto producano una nomenclatura politico- amministrativa decisa a usare l’autonomia e la secessione come strumenti destinati alla perpetuazione del potere. questa la ragione per cui mi è sembrato giusto che lo Stato francese, qualche anno fa, decidesse la proibizione del velo islamico nelle scuole, dalle elementari alla media superiore. Mentre molti videro in quella legge un’offesa al diritto di espressione della propria identità religiosa, io vedevo soprattutto il desiderio di impedire che le comunità islamiche venissero tiranneggiate da imam radicali e autoritari.
Lo stile delle nomenclature tiranne è ovunque, nella sostanza, lo stesso. Per continuare a esercitare il loro potere devono evitare che il loro patrimonio umano si disperda. Occorre quindi accentuare le differenze dal mondo circostante, scoraggiare la mobilità e i matrimoni misti, fare leva sui sentimenti conservatori dei genitori per meglio frenare l’impazienza dei giovani di fronte a tutto ciò che limita le loro scelte, sorvegliare attentamente la loro educazione e soprattutto rappresentare gli «altri» come pericolosi nemici. I tratti di xenofobia presenti nel temperamento della Lega sono pericolosi proprio perché forniscono argomenti alle nomenclature delle comunità islamiche. Come spesso accade, gli opposti estremismi finiscono per avere bisogno l’uno dell’altro e legittimarsi a vicenda.
Incidentalmente, caro Bondi, qualcosa del genere è accaduto anche nella provincia di Bolzano dove la Svp, partito degli alto-atesini di lingua tedesca, ha adottato, sia pure con diverso stile, la stessa strategia. So che la parola non piace ai dirigenti del partito, ma il risultato è una sorta di apartheid. La casa è comune, ma divisa da un muro invisibile che pochi hanno il coraggio di ignorare.