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 2009  settembre 26 Sabato calendario

ELENA POLIDORI

DAL NOSTRO INVIATO
PITTSBURGH - Al vertice di Pittsburgh c´è «un uomo a cui guardare». Comincia così un articolo del Wall Street Journal che candida Mario Draghi, governatore della Banca d´Italia e presidente del Financial Stability Board, alla guida della Bce. Dovrebbe sostituire Jean Claude Trichet alla scadenza, nel 2011. Possibile? Draghi minimizza e scherza: «Ma no! Hic manebimus optime». Però la candidatura circola da tempo negli ambienti internazionali e il quotidiano Usa la pubblica con tanto di profilo del prescelto: «A differenza del suo predecessore Fazio, che aveva un assistente per portare la valigetta, Draghi se la porta da solo. La sua statura nel mondo finanziario supera di gran lunga i confini del suo Paese». In Italia «dove la vita privata delle personalità pubbliche è spesso sotto i riflettori, il banchiere si distingue per un basso profilo».
E dunque: Draghi potrebbe trasferirsi a Francoforte. Le date coincidono: Trichet scade nel 2011 e il 15 gennaio del 2012 finisce anche il mandato del governatore italiano, il nono nella storia secolare dell´Istituto, il primo «a tempo»: sei anni in tutto, rinnovabile una sola volta. Draghi infatti viene scelto tra Natale e Capodanno del 2005 al termine di una stagione di polemiche roventi sulla gestione Fazio. Lo seleziona il governo Berlusconi. La nomina è del capo dello Stato, su proposta dell´esecutivo, sentito il Consiglio superiore della Banca come recita lo statuto.
Allora è appena cinquantottenne, ma ha già una lunga esperienza estera alle spalle a Washington, per due lustri è stato direttore generale del Tesoro, e da tre anni è vicepresidente della banca d´affari Goldman Sachs, a Londra. E´ Andreotti a volerlo direttore generale a via XX Settembre nel 1991, al posto di Mario Sarcinelli. Ma poi lo confermano, nell´ordine: Amato, Ciampi, Berlusconi, Dini, Prodi, D´Alema; poi ancora Amato e di nuovo Berlusconi. Con il che appare evidente l´inesorabile procedere di una carriera che attraversa 4 legislature. La nomina è firmata, approvata e per la verità anche benedetta da un coro di consensi, pure all´estero. E´ una scelta bipartisan, «rapida e unanime», non si stanca di ripetere il ministro dell´Economia Tremonti, l´uomo che più di ogni altro si è battuto per chiudere l´era Fazio e avviare un new deal a via Nazionale, anche se ora, a quattro anni di distanza, ha già avuto con lui più di uno screzio. I giornali annunciano la nomina in prima pagina con la dovuta enfasi: arriva il "Ciampi Boy", il "picconatore dello Stato-padrone", il «grande sherpa dei vertici internazionali», l´"uomo che privatizzò l´Italia". «Ma con un gran fiuto politico», secondo un suo ex collega di Goldman, sentito ora dal Wsj insieme ad altri grandi nomi della finanza, incluso Gerry Corrighan, ex capo della Fed di New York che dichiara: «Mario è un pragmatico, ha buon senso e non è ideologico». Dagli Usa, anche al momento della nomina, arrivano commenti lusinghieri. Come quello del premio Nobel per l´economia Stanley Fisher, con cui Draghi ha studiato al Mit di Boston, che lo descrive come un uomo molto balanced, equilibrato. La moglie di un altro grande «emigrato» italiano del Mit, Franco Modigliani, anche lui Premio Nobel, racconta: «Mario ci considerava come mamma e papà». Il Wsj ricorda gli studi all´Istituto Massimiliano Massimo, antico ma aggiornatissimo collegio d´eccellenza dei padri gesuiti e le specialità universitarie negli States. Menziona la scelta, a tre giorni dall´insediamento, di vendere le azioni e le opzioni di Goldman e di chiudere i proventi in un blind trust, un fondo cieco di diritto inglese senza che il proprietario sia informato delle decisioni di investimento. Non cita invece le polemiche legate alla vicenda del Britannia e delle privatizzazioni, ma ripercorre gli sforzi per restituire credibilità alla Banca d´Italia dopo lo scandalo. Fino ad oggi, alla mole di lavoro che svolge il suo Financial Stability Board per riscrivere le regole della finanza. «Draghi», chiosa ancora Corrigan «è un raffinato nell´arte di portare a termine i compiti».