Goffredo Fofi, Il Sole 24 Ore, 20/9/09, 26 settembre 2009
DOSSENA, CONFIDENZA PER GIOCO
Risulta più che opportuna l’iniziativa del «Festival Tocatì», dedicato ai giochi di strada (a Verona dal 25 al 27 prossimi, tutte le info su www.tocati.it) di ricordare con un convegno quel grande personaggio che fu Giampaolo Dossena, scomparso lo scorso febbraio.
Funzionario editoriale della leva feltrinelliana degli anni del boom, si inventò una nuova specializzazione, i giochi. Sua è la monumentale Enciclopedia dei giochi della Utet, ed è prorpio con i giochi che è diventato famoso tra i lettori italiani. Grazie ai giochi ha potuto anche sconfinare in un campo minato come è oggi la pedagogia, e cioè i modi di insegnare della scuola ufficiale, a tutti i livelli (Abbasso la pedagogia era una sorta di censimento e repertorio degli oggetti vero e proprio, anche minimi, di studio e di gioco dei bambini di un tempo, gli anni dopo il Cuore e prima della Seconda guerra mondiale; T’odio empia vacca aveva per sottotitolo «Dileggio e descolarizzazione»). Il suo dilettarsi di carte geografiche e itinerari trovò invece l’uso più responsabile nell’impresa dedicata ai Luoghi letterari italiani, di cui completò solo il primo volume, vivacissimo e di cultura sbalorditiva, sull’Italia settentrionale e con Milano al centro del proscenio (lo ha riedito la Sylvestre Bonnard).
Tanta curiosità e tanto sapere hanno rischiato di sopraffarlo, se il suo ultimo libro, Mangiare banane (il Mulino, 2007), il più autobiografico di tutti, era un elenco volutamente frivolo e casuale di cose, fatti, modi di dire e musicacce risalenti a uno ieri infantile e giovanile: però non le cose più importanti, solo le più presenti e fastidiosamente insistenti nella memoria, una zavorra del l’inutile da cui ognuno fa fatica a liberarsi.
Dossena aveva però ben altre frecce per il suo arco, e schede nella sua biblioteca che rispondevano alla sua prima vocazione, quella di studioso di letteratura italiana (il suo primo libro, su Alfieri, fu recensito da Croce). Dossena ha lasciato saggi ammirevoli, di suprema libertà e, oserei dire, allegria: un amore felice, il suo, per la storia delle nostre lettere e di conseguenza per la "storia patria" anche se di essa ha visto sempre con grande lucidità pregi e difetti. Oltre a Luoghi letterari, ci sono stati i tre volumi rizzoliani della Storia confidenziale della letteratura italiana, di cui si auspica una rapida ristampa nella Bur; un Dante della Tea costruito come per voci autonome, luoghi, personaggi e avvenimenti inerenti a vita e a opere del fiorentino, e da ultimo una miscellanea che lo rappresenta efficacemente, dal titolo perfettamente "dosseniano", Fai da te. Saggi di letteratura, turismo e bricolage. La letteratura minore (Salgari, Agata Christie o il Bertoldo e Bertoldino) vi ha il suo spazio a fianco della maggiore e della contemporanea che gli era più congeniale, Calvino per via dei giochi, Delfini e Gadda per «gli sconfinamenti nell’immoralismo o teppismo». Non è un caso se il saggio più bello della raccolta è la prefazione per l’edizione tascabile di Alce Nero parla, un trattatello di antropologia in cui la storia degli indiani d’America (analfabeti, secondo le nostre convenzioni) rinvia a una storia della cultura più ampia, profonda, necessaria che quella della letteratura scritta. L’accademia italiana, con il suo specialismo e la sua noia, non poteva che ignorare l’opera di Dossena, che osava preferire il breve al lungo, il comico al serioso, il ludico all’edificante, il fertile all’inerte, il sottotono alla pompa e il Novellino al Decameron. Che non amava Petrarca al punto di bellamente trascurarlo nella sua Storia. Parente dei grandi bizzarri e dei grandi "minori" e dei grandi enciclopedici della nostra storia letteraria, i suoi scritti sono destinati a restare. Il suo pozzo di conoscenze altri lo hanno, ma quanti hanno la sua libertà e la sua capacità di comunicare al lettore o allo studente i necessari curiosità, entusiasmo, ironia per affrontare la nostra storia, letteraria e non? Ha scritto nel Dante: «Avete voglia di provare a leggere l’Inferno? Avete voglia di provare a vedere cosa capite, cosa credete di capire? Cosa riuscite a intendere o fraintendere? Se il presente volume non vi ha fatto venire tale voglia, la battaglia è persa. Se la voglia vi è venuta, buttatevi in acqua, e imparerete a nuotare».
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