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 2009  settembre 19 Sabato calendario

Il Muro di Berlino è caduto da vent’anni, ma quello etnico, sottilmente ma ipocritamente definito linguistico, con cui i fiamminghi accerchiano Bruxelles, si consolida ogni giorno che passa

Il Muro di Berlino è caduto da vent’anni, ma quello etnico, sottilmente ma ipocritamente definito linguistico, con cui i fiamminghi accerchiano Bruxelles, si consolida ogni giorno che passa. Infatti si stanno vieppiù rafforzando gli aneliti indipendentistici dei fiamminghi, i quali paralizzano da anni persino le nomine dei sindaci in certi Comuni bilingui della cintura di Bruxelles. L’animosità tra fiamminghi, valloni e città di Bruxelles rischia di arrivare al culmine in occasione della ventilata non lontana abdicazione del re in favore del principe Filippo, mal visto dai fiamminghi non solo per motivi di scarsa dimestichezza linguistica, ma perché un’abdicazione è considerata come un’occasione da non perdere nell’ottica dell’instaurazione della agognata Repubblica delle Fiandre, lasciando i valloni alla loro sorte. Non sembra anche a lei che il Belgio sia ormai un anacronismo della storia? Antonio Benazzo abenazzo@hotmail.com Caro Benazzo, Se il Belgio fosse un «ana­cronismo della storia», ta­li sarebbero molti altri Sta­ti europei, afflitti con maggiore o minore intensità dagli stessi mali. Il problema della convi­venza fra gruppi etnici o religio­si diversi accompagna tutta la storia europea, dalla nascita de­gli Stati moderni alla disgrega­zione dei grandi imperi multi­nazionali alla fine della Grande guerra. Ma diventa grave e insi­dioso quando, dopo la fine del­la Seconda guerra mondiale, tutti gli Stati, anche quelli vinci­tori, si dimostrano sempre più inadatti a svolgere le loro fun­zioni tradizionali e perdono pez­zi importanti della loro sovrani­tà. Quanto più lo Stato centrale accusa sintomi di declino, tan­to più le «piccole patrie» regio­nali fanno sentire la loro voce. L’Italia ebbe il merito di affron­tare abbastanza tempestiva­mente e con formule nuove il problema dell’Alto Adige, della Val d’Aosta, della Sicilia, della Sardegna, del Friuli e della Ve­nezia Giulia. Ma la Francia, la Spagna e la Gran Bretagna cre­dettero per parecchi anni di po­ter resistere alle richieste auto­nomiste o indipendentiste dei corsi, dei catalani, dei valencia­ni, dei galiziani, dei baschi, de­gli irlandesi cattolici, dei gallesi e degli scozzesi. Cedettero final­mente concedendo quote diver­se di autonomia, ma in alcuni gruppi etnici (i baschi ad esem­pio) esistono fazioni che preten­dono l’indipendenza. Il Belgio è probabilmente il caso più complicato. Il Paese è nato nel 1830 dall’unione tra i valloni francofoni e i fiammin­ghi delle Fiandre spagnole. Per più di centocinquant’anni è sta­to governato da una classe diri­gente francofona che ha lascia­to poco spazio all’identità politi­ca e culturale dei fiamminghi. Oggi il rapporto di potere si è invertito. Forti del numero (so­no il 58% della popolazione con­tro il 31% dei valloni) e dei loro successi economici, i fiammin­ghi si dichiarano insoddisfatti dal federalismo realizzato negli anni Ottanta e avanzano richie­ste che rimettono radicalmente in discussione i vecchi equilibri nazionali. una posizione che ricorda per qualche aspetto quella della Lega in Italia e che è stata incoraggiata dalle tre di­sintegrazioni degli anni Novan­ta: Urss, Cecoslovacchia e Jugo­slavia. Come la Lega e i baschi, anche i fiamminghi sembrano del tutto insensibili alle ricadu­te e ai rischi delle secessioni, per coloro che le fanno e coloro che le subiscono.