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 2009  settembre 24 Giovedì calendario

L’IMBROGLIO BULGARO


Polemiche e risate per la truffa subita dal Levski alla vigilia del derby col Cska

A Sofia lo chiamano il «derby eterno». Cska contro Levski, rossi contro blu, comunisti vs fascisti, 31 scudetti da una parte, 26 dall’altra. L’ex squadra dell’esercito e l’ex squadra del Ministero dell’interno. Una delle stracittadine più calde dei Balcani. Domenica è andata in scena la 124esima sfida. Ha vinto il Cska, 2-0 (con contorno di incidenti, cori razzisti e 54 arresti). Poi però la Bulgaria si è fatta una gigantesca risata, scoprendo che il Levski era rimasto vittima di un raggiro a metà strada tra la farsa e la stangata. Più la prima che la seconda, un colpo degno dei Tiranós (i maghi bulgari inventati da Aldo, Giovanni e Giacomo) col sottofondo musicale di Scott Joplin che rese celebre i magnifici truffatori Redford e Newman.
I fatti. Giovedì scorso, mentre il Levski è impegnato in Spagna per una partita di Europa League, i dirigenti ricevono un fax dal Rubin Kazan, ricchissma squadra della Repubblica del Tatarstan (un tempo Bulgaristan) che l’anno scorso ha vinto il campionato russo. Il Rubin si dice interessato ai quattro giocatori più in vista del Levski: il terzino Zhivko Milanov, il marcatore marocchino Youssef Rabeh, il centrocampista macedone Darko Tasevski e l’ala brasiliana Ze Soares. Offrono per il quartetto circa due milioni di euro. Tanta roba per i dirigenti del Levski. Il giorno successivo si presenta in sede un rappresentante del club russo. I giocatori servono subito perché l’influenza suina ha decimato la squadra e l’Uefa ha concesso un permesso straordinario per riaprire il mercato, chiuso fino a gennaio. I ghiozzi abboccano e organizzano una conferenza stampa per spiegare ai tifosi che coi soldi ricavati da quelle dolorose cessioni costruiranno una squadra più forte. I giornalisti locali sentono puzza di bruciato, contattano la dirigenza del Rubin che nega qualunque trattativa, figurarsi l’epidemia (la squadra al completo ha appena perso a Kiev in Champions League). Il presidente del Levski però, l’avvocato-editore Todor Batkov, non vuole sentire ragioni, l’affare s’ha da fare. E allora sabato mattino i 4 del Levski partono alla volta di Kazan, accompagnati dal direttore amministrativo Konstantin Bazhdekov. Fanno una sosta a Mosca, dove vengono prelevati da tale Mark Berger che li sistema in albergo, prospetta loro contratti da capogiro e domenica mattina li porta in una clinica privata per le visite mediche di rito. Dopodiché sparisce. Bazhdekov si attacca al telefono ma nessuno gli risponde. Comincia a intuire l’imbroglio, allora chiama Sofia e Batkov gli ordina di tornare alla velocità della luce per mandare in campo Milanov e compagni. Impossibile. Il primo aereo disponibile arriva a destinazione mentre il Levski è già caduto sotto i colpi del Cska. La stampa di Sofia si scatena. «Uno stock di risate» è il titolo più benevolo. I giocatori dribblano i cronisti («chiedete alla società»), Bazhdekov sparge accuse («qualcuno qui ha giocato sporco»), il primo ministro Boyko Borisov (gran tifoso dei blues, ex arbitro di karate) annuncia un’indagine approfondita sul fattaccio. Il presidente Batkov si rifugia in Grecia dalla vergogna.
Levski e Cska non sono nuovi a figuracce e colpi bassi quando c’è di mezzo l’onore cittadino. L’episodio più famoso (fino a ieri) risaliva al 1985, finale della Coppa nazionale, passata alla storia come la «partita più infame del calcio bulgaro». Andò così. Il Cska passò in vantaggio con un gol di Slavkov, viziato da un tocco di braccio. Proteste vibranti, partita subito nervosissima. Nel secondo tempo, il raddoppio di Voinov che poco dopo si procurò anche un rigore. L’arbitro Aspararuh Yasenov fu circondato dai giocatori del Levski, il portiere Borislav Mihailov (numero 1 della nazionale) gli rifilò due cazzotti ma restò in campo e parò il tiro dal dischetto. Un fallaccio di Yanchev su Spasov scatenò poi una rissa furibonda che si concluse con l’espulsione dei due giocatori. Il Levski accorciò le distanze con Sirakov ma non riuscì a pareggiare. Al fischio finale, Mihailov si lanciò nuovamente sull’arbitro e ci volle l’intervento della polizia (e dieci minuti di botte) per riportare la pace in campo. Il Comitato centrale del Partito comunista bulgaro accusò le due squadre di aver violato i principi morali del Socialismo. I club furono sciolti e costretti a cambiare nome. 5 giocatori furono radiati a vita (tra loro il giovanissimo Hristo Stoichkov), altri 4 squalificati per un anno, allenatori e dirigenti mandati in pensione. Dieci mesi dopo, complici i mondiali messicani, arrivò l’amnistia per tutti (così Sirakov segnò contro l’Italia). Nell’89, complice la caduta del Muro, furono restituiti anche trofei e nomi originali (il Levski l’aveva ereditato da un eroe dell’indipendenza bulgara impiccato dagli ottomani). Oggi Mihailov è presidente della Federcalcio locale, Levski e Cska verranno presto in Italia per affrontare Roma e Lazio.