Claudio Antonelli, Libero 24/09/2009, 24 settembre 2009
ULTIMATUM DEI NEGOZIANTI ALLE BANCHE
Anche i commercianti lanciano il loro aut aut alle banche. O condizioni chiare al posto del massimo scoperto (il costo previsto per chi sconfina sul fido) con tanto di calcolo da fornire al cliente o si cambia. Si chiude il conto e si va in un altro istituto. La Confcommercio di Pordenone sta inviando le lettere pre-compilate ai 2800 iscritti che decideranno di spedire la missiva ai rispettivi direttori di filiale. Poche settimane di tempo per fare una scelta sostenuti dal parere sindacale dell’associazione e da quello tecnico dei Confidi. Già Confartigianato Treviso ha spedito ben 13 mila lettere di questo tenore e gli artigiani delle province di Belluno, Vicenza, Padova e Agrigento stanno valutando l’ipotesi di fare lo stesso. Si tratterebbe di una massa critica di almeno 35mila persone. Cioè tra 35 e 40 mila conti correnti. «Viviamo le medesime problematiche», commenta Alberto Marchiori, presidente di Confcommercio International e dell’associazione di Pordenone, «comuni a tutto il Nordest. Al momento possiamo soltanto unire le forze sperando che il mercato e la concorrenza aiutino i più piccoli. Chiudere e riaprire un conto continua a essere estremamente oneroso, ma dobbiamo farlo per dare un segnale agli istituti che non si rassegnano e continuano a operare come se la crisi non ci sia mai stata». Ci sono poi casi isolati comuni al nord quanto al sud. «Un nostro iscritto», spiega Francesco La Francesca segretario di Confartigianato Trapani, «dopo lunghe trattative si è visto concedere un prestito da 50 mila euro a una condizione: la metà sarebbe dovuta essere investita in azioni dell’istituto stesso». Ovviamente la risposta dell’artigiano è stata «no». Con Tanto di trasferimento di conto corrente.
Non si tratta dell’unica ”furbata” delle banche.
La speranza di vedere bloccate le rate del mutuo è durata per le famiglie meno di sette giorni. Quelli probabilmente necessari ai cervelloni delle banche italiane per fare due conti e valutare l’impatto sui bilanci. Niente da fare insomma: l’Abi ha deciso di non tendere la mano alle famiglie italiane alle prese con le difficoltà cagionate dalla crisi finanziaria internazionale. Dunque, non ci sarà alcun blocco delle rate dei mutui, sulla falsa riga della moratoria per i crediti delle imprese più o meno fatta ingoiare agli istituti dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. La doccia gelata è arrivata direttamente dal presidente dell’Associazione bancaria italiana. Corrado Faissola, ieri, è stato ascoltato dalla commissione Attività produttive della Camera. E a chi ha tentato di sondare la disponibilità delle banche su un aiuto concreto ai cittadini, il primo inquilino di palazzo Altieri ha risposto con un sostanziale «no». Incassato il colpo, alle associazioni dei consumatori non resta che sperare nell’ennesimo richiamo di Tremonti.
Faissola ha provato ad addolcire la pillola, ma la botta, nonostante il giro di parole, resta: «Noi siamo favorevolissimi - ha spiegato - a intervenire nei confronti di quelle famiglie che si trovano in situazioni di bisogno o di maggiore disagio. Riteniamo però che non sia opportuno, come abbiamo fatto nei confronti delle imprese, che facciamo una specie di moratoria generalizzata per tutte le famiglie». E dire che un segnale di apertura - dopo il direttivo Abi del 15 settembre - era arrivato da un pezzo da novanta del settore, cioè l’ad di IntesaSanpaolo, Corrado Passera.
Più di una perplessità, però, va registrata sulle spiegazioni rese a Montecitorio dal leader Abi. Il quale sostiene che «nel nostro Paese il numero rilevantissimo di famiglie ha risentito poco o nulla dell’andamento della crisi». Evidentemente gli sono sfuggiti, a esempio, gli ultimi dati Istat sulla disoccupazione, cresciuta al 7,4%, record dal 1994. Oppure quelli sui consumi (scesi del 2,6% nei primi otto mesi del 2009). Numeri che dimostrano - contrariamente a quanto pensano all’Abi - che i portafogli degli italiani sono a secco.