Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  settembre 24 Giovedì calendario

IN ITALIA IL RECORD DEI CONDONI QUASI OTTANTA IN UN SECOLO


L’Italia: Paese dei record per pressione fiscale o per numero di condoni? Probabilmente, tutte e due assieme, e non a caso. proprio quando di tasse se ne pagano troppe, infatti, che la gente comincia a evaderle, e bisogna offrire allora qualche sconto per recuperarle.

Comunque, sembra che sia stato proprio da noi che il condono fiscale sia stato inventato: con l’imperatore romano Adriano, che nel 118 cancellò tutti i debiti fiscali dei contribuenti per i 16 anni precedenti, facendo bruciare in una sola notte documenti contabili equivalenti a 900 milioni di sesterzi. Andando più vicino a noi, il primo ”condono di pene pecuniarie” del XX secolo fu varato con il Regio Decreto numero 367 dell’11 novembre 1900. Se non ce ne siamo dimenticati qualcuno per strada, il che è è peraltro probabile, fino a quello di questi giorni ne sono stati approvati dopo di quello altri 72. Cioè, 73 condoni in 109 anni, alla media di uno ogni ventina di mesi.

Ventuno nei 46 anni dell’epoca monarchica, e 52 nei 63 anni di repubblica. Che poi ogni tanto si accelera pure: tra 1987 e 1992, sul finale della Prima Repubblica, si arrivò a uno ogni 18 mesi. Uno spartiacque è in particolare il 1971: mentre prima i condoni evitavano solo conseguenze penali, dopo di allora si è iniziati anche a fare sconti sui pagamenti. Ogni tanto c’è qualche condono che, come quello di Adriano, ha l’ambizione di fare tabula rasa come premessa per la costruzione di un fisco più efficiente. Ad esempio, quello che accompagnò nel 1974 la riforma tributaria firmata da Bruno Visentini. Ambizioni storiche la ebbero anche i due cosiddetti ”condoni tombali” di Rino Formica: quello del 1982, col governo di Giovanni Spadolini, che riguardò tutte le imposte dall’Irpef a quelle di registro e diede circa 11 miliardi di lire di gettito; e quello del 1991, quando invece presidente del Consiglio era Giulio Andreotti, e che diede ”solo” 6500 miliardi di gettito. Ma anche Visentini si rese protagonista di una replica nel 1985: con Craxi propose un condono edilizio di tutti gli abusi realizzati fino al primo ottobre 1983.

Già le esigenze dei condoni ”tombali” erano però più quelle di far cassa, piuttosto che di razionalizzare. Il ciclo 1987-92, che riguardò i campi più disparati, incassò 20.000 miliardi, contro i 60.000 preventivati. Un flop da record fu in particolare il condono sulla tassa dei rifiuti, per cui si erano stimati 700 miliardi di incasso e che invece ne diede solo 15. Passati alla seconda repubblica, il condono edilizio del 1995 fu opera del ministro Fantozzi e del governo Dini: anch’esso inferiore alle aspettative, ma con scarto minore, 4836 miliardi contro 6900.

Sempre Fantozzi e sempre nel 1985 inventò però il ”concordato di massa”, tornando così a un provvedimento giustificato da un cambio di procedure. Tutti i possessori di partita Iva si videro infatti inviare una lettera per il pagamento di eventuali differenze rispetto al 1987-94, in base ai nuovi strumenti presuntivi di calcolo del reddito. Offrendo sconti fino al 50%, si incassarono 9000 miliardi, rispetto agli 11 preventivati.

Gli scudi fiscali, pallino di Tremonti, sono invece rivolti principalmente al rimpatrio dei capitali esportati all’estero. Quello del 2003 permise in particolare di riportare in Italia 60 miliardi di euro, con un gettito di un miliardo e mezzo.