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 2009  settembre 23 Mercoledì calendario

IL LAMENTO DELL’EDITORE


Creatore 30 maggio 2003

Sono a casa. Mi chiamano al telefono portatile.

«Buongiorno professore» dice una voce femminile, «sono Rossella Tale, della segreteria del Premio M. Il numero del suo portatile ce l’ha dato il professor R.»

«Sì, mi dica. Sono Giulio Mozzi. Ma non sono un professore» dico.

«Lei è uno scrittore» dice Rossella, «quindi per me è come se fosse un professore.»

«Come vuole» dico.

«Abbiamo il problema di trovare l’editore Sironi» dice Rossella.

«Sta a Milano. Vi do l’indirizzo. Perché lo cercate?» dico.

«Ci serve l’indirizzo» dice Rossella.

«Ho capito. Ma perché lo cercate?» dico.

«Lei sa l’indirizzo?» dice Rossella.

«Certo che lo, ci lavoro» dico. «Mi può dire perché il Premio M. cerca l’editore Sironi?»

«Magari un numero di telefono, anche» dice Rossella.

«Può scrivere?» dico.

«Certo» dice Rossella.

Do l’indirizzo, il telefono, i nomi delle persone. Poi dico: «Mi può dire perché cercate l’editore Sironi?».

«Abbiamo qui un suo libro, segnalato per il premio» dice Rossella.

«Mi può dire di che libro si tratta?» dico.

« una cosa riservata» dice Rossella.

«Ma io sono il curatore della collana» dico.

«Allora glielo posso dire» dice Rossella, «è Viaggio al creatore, di Franco Arminio.»

«Ma no, s’intitola Viaggio nel cratere» dico.

«No, qui c’è scritto: Viaggio al creatore» dice Rossella.

«Senta: è un libro sul terremoto dell’Irpinia» dico.

«L’ho pubblicato io. Vuole che non sappia come s’intitola? S’intitola Viaggio nel cratere perché il protagonista esplora vent’anni dopo i paesi della zona terremotata. Metaforicamente: i paesi del cratere.»

«Dica quello che vuole» dice Rossella. «Qui c’è scritto: Viaggio al creatore.»

« sbagliato» dico.

«Guardi che in quel terremoto è morta tanta gente» dice Rossella. «Quindi anche Viaggio al creatore ci può stare, sa».

* * * * *

Poeti 21 dicembre 2004

Sono le otto e mezza. Sto davanti all’ingresso del teatro della parrocchia di San Carlo, a Padova, dove alle nove abbiamo la lettura dei racconti di Natale.

C’è un bel freddo.

Non c’è nessuno.

Si avvicina, camminando cautamente, una signora sulla settantina. Ha una pelliccetta, un berretto di pelo, guanti di lana, borsa a sacco enorme appesa alla spalla, sciarpa bianca attorno al collo.

«Fa freddo, eh?» dice la signora.

«Eh sì» dico.

Le conversazioni sul caldo e sul freddo non sono il mio forte.

«Proprio un bel freddo» dice la signora.

«Eh sì» dico. «Spero che si sbrighino ad aprire.»

La signora si guarda intorno.

«Ma non c’è nessuno!» dice.

«Signora» dico, «la lettura è alle nove. Sono le otto e mezza. C’è tempo.»

La signora mi guarda.

«Sì» dice. «Ma non c’è nessuno. Con questo freddo, non verrà nessuno.»

Si sfila uno dei due guanti. Comincia a frugare nella borsa.

«Ma no» dico. «Basta avere un po’ di pazienza.»

La signora estrae un pacchetto di sigarette. Quelle sigarette sottili sottili.

«Con questo freddo» ripete, «non verrà nessuno.»

Torna a frugare nella borsa.

«Vuole da accendere?» dico.

«Grazie» dice la signora.

Estrae una sigaretta sottile sottile dal pacchetto. Fa sparire il pacchetto dalla borsa. Mette la sigaretta in bocca. Torna a infilare il guanto di lana. Estraggo l’accendino. Le accendo la sigaretta.

Già che ci sono, me ne accendo una anch’io.

Meditiamo, silenziosi, sulle prime tirate.

Dove sono i miei soci? Avranno capito dov’è il posto? Non si saranno persi nella nebbia? Non saranno finiti fuori strada per il ghiaccio? Non saranno imbucati in qualche bar caldo caldo a bere spritz e a discutere dei massimi sistemi col primo malcapitato? Non avranno avuto un imprevisto?

Dovevano essere qui venti minuti fa.

«Eh» dice la signora, «fa proprio freddo. Non verrà nessuno. Per dei poeti, poi.»

«Quali poeti?» dico.

«I poeti» dice la signora. «Questa sera ci sono i poeti che dicono le poesie di Natale.»

«No» dico. «Ci sono degli scrittori che leggono dei racconti di Natale.»

La signora fa un gesto con la mano che tiene la sigaretta. Come dire: poeti, scrittori, tutti della stessa risma; non sottilizziamo.

«Vedrà» dice. «Con questo freddo, per dei poeti, non viene mica nessuno. Io sono venuta solo perché mi ha portato mio cognato.»

******
HA SCOPERTO FALCO E AVOLEDO, MA LO CHIAMANO "NANO MALEFICO" -

Pubblichiamo due dei brevi racconti contenuti in Sono l’ultimo a scendere. E altre storie credibili (Mondadori, pp. 270, euro 18,50) di Giulio Mozzi. Mozzi ha quasi cinquant’anni, vive a Padova in una casa che, a dar retta al suo diario online (www.vibrisse.wordpress.com), sembra una casetta di Paperopoli, con il giardino e la cassetta delle lettere a forma di cioccolatino. Volendo parlarne bene, prima mi tolgo dai piedi l’impaccio di enumerarne le voci critiche. Non è molto alto e dunque nell’ambiente lo chiamano ”nano malefico”. Ultima pecca di Mozzi: si coltiva il suo vivaio di giovani scrittori, li pubblica con uno dei centinaia di editori per i quali è consulente o curatore (Sironi, Einaudi Stile Libero e altri che non so e non voglio sapere), il libro generalmente va di schifo e infine li rovina. Quasi tutti quelli cresciuti tra le sue mani hanno oggi seri problemi di personalità, si infilano i pantaloni dalla testa ecc.

Come scrittore, Mozzi dice di aver esaurito la vena fin dal suo primo libro, che si intitola Questo è il giardino e uscì nel 1993. Dopo sono seguiti strani libri con strani titoli con strane copertine, Il culto dei morti nell’Italia contemporanea, Fantasmi e fughe, Fiction (con in copertina un maialino di gomma che inghiottiva delle salsicce, tipico immaginario mozziano) e credo che lo stesso autore ne sia perplesso. Da qualche tempo alla sua attività editoriale affianca quella di blogger, ultimamente sul suo sito pubblica fotomontaggi con Berlusconi; ha una coscienza da lucidare pure lui.

Passiamo ai pregi. Conta pochino, quindi non può fare grandi danni. Pubblica delle mezze calzette per editori mezze calzette e nessuno se ne accorge. Qualche eccellente scrittore, come Giorgio Falco, l’ha scoperto. Purtroppo ha anche scoperto Avoledo. Gira voce che uno o due racconti di Questo è il giardino siano davvero belli. Un’amica che lo chiama ”nano malefico” un giorno mi ha chiamato per dirmi che aveva letto due righe dal blog di Mozzi e si era commossa. Non c’è altro.
Giordano Tedoldi