Andrea Suppi, Libero 22/09/2009, 22 settembre 2009
LE MAIL DEI DIRETTORI DI BANCA: «SUI PRESTITI CI LEGANO LE MANI»
Il Nordest strozzato dal credito sta affilando le armi. Lo si è capito dalle tredicimila lettere inviate dagli artigiani di Treviso agli istituti sulle nuove commissioni alternative al massimo scoperto e dalle migliaia di richieste di adesione alla moratoria sui debiti. Nella battaglia, però, artigiani e piccoli imprenditori del Triveneto possono contare su un inatteso alleato: i bancari.
Strani alleati
Ovvero quei direttori e funzionari sparsi nelle filiali di grandi gruppi, ma anche Popolari e Bcc, che come le aziende soffrono il mal di banca. Un male profondo che è lo stesso delle pmi, seppure vissuto dall’altra parte della barricata.
E’ il disagio che si avverte da una serie di messaggi raccolti da un grande gruppo bancario che nei mesi scorsi ha raccolto una sorta di sondaggio fra i propri direttori generali di Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige. Ai dirigenti sono stati chiesti proposte, critiche e commenti rigorosamente anonimi sui punti di forza o di debolezza della banca nonché sulle carenze nei rapporti con la clientela. Ebbene, le risposte - che sono state già trasmesse ai vertici dello stesso istituto e che Libero ha potuto consultare – dimostrano come anche i bancari stiano combattendo una rivoluzione del credito. Contro i banchieri.
Clienti
C’è chi chiede un recupero motivazionale, chi un riconoscimento economico ma anche chi invoca un ritorno al passato. Quando lavorare in banca era un orgoglio e non una vergogna. ”Serve una maggiore tempestività delle risposte da parte di qualsiasi struttura centrale”, scrive Okkio citando come esempi le delibere di fido in bonis, o i pareri sui crediti problematici ”che vengono evasi con tempi biblici”. Sui crediti problematici interviene anche Retla sottolineando che ”in molti casi le pratiche viaggiano con tempi per una prima risposta di 4-5 mesi”. Non è pensabile, rincara la dose Pierinolapeste, ”che un direttore non sia in grado di decidere a priori che tipo di soluzioni offrire al cliente ma debba attendere la conclusione di processi decisionali fin troppo dispersivi. Gli stessi prodotti sono rigidi: ma siamo sicuri che i bisogni del cliente debbano sempre essere inquadrati su prodotti che abbiamo disegnato noi?”. Ancora più esplicito Renato08 che bene spiega il meccanismo interno della fabbrica del credito: ”Da una parte ci sono risultati da raggiungere perché l’azionista vuole la remunerazione del suo capitale e tutti, dal vertice della piramide fino alla base della stessa, devono fare bella figura. Dall’altra parte ci sono le domande che vengono inoltrate dal direttore di filiale a qualcuno che dovrebbe farsi carico di una risposta. Puntualmente questa non arriva ma al cliente noi dobbiamo delle risposte vere e convincenti altrimenti lo perdiamo”. Fra i rischi della frattura aperta fra grandi banche e imprese in filiale si cita anche quello di regalare spazi alla concorrenze. O meglio a quegli istituti rimasti fuori dalla stagione delle grandi aggregazioni, come Popolari e Bcc, che sono riuscite a mantenere un rapporto più stretto con il territorio.
Concorrenza
Di vicinato. E che, dopo essere state derise in passato dalle big per la loro scarsa modernità e dimensione limitata, ora riescono a intercettare meglio i bisogni della clientela conquistandone la fiducia.’Non è possibile fare banca – si lamenta CDD – se non si colloquia a livello superiore con amministrazioni pubbliche, associazioni di categoria e realtà sociali. C’è il rischio che questi spazi vengano occupati dalle banche locali non attrezzate ma veloci e concrete”. Gli fa eco Prinz augurandosi che i problemi vengano affrontati nel più breve tempo possibile perché ”nel territorio in cui opero, il Trentino, le Casse rurali hanno una snellezza operativa sicuramente migliore della nostra, sono molto più vicine alle problematiche delle imprese che operano nella Regione e collaborano con i Confidi che rappresentano sicuramente un importante mezzo di canalizzazione di clientela”.
Cavalli zoppi
Scrive un altro dirigente: ”Oggi siamo tutti cavalli zoppi. Zoppi verso i clienti, per i quali rappresentiamo l’unico punch-ball su cui scaricare rabbia e frustrazione. Non siamo più l’anello di congiunzione fra il ricevere il denaro in fiducia e il prestarlo a rischio. Mettiamo sempre noi la faccia e subiamo in frontiera ordini dettati da strutture di comando che si proteggono e si autocompiacciono”. Ancora più illuminante il direttore nascosto dietro al soprannome Pezz che fra i ”dettagli da sistemare” indica con amara ironia questi due:
L’edicola
’Il fatto di aspettare ancora una risposta a distanza di quasi un mese per finanziare il cambio di gestione dell’edicola del paese che funziona da 20 anni perché la politica creditizia mi permette di concedere una durata massima non in linea con quella consona per il cliente”. E la ”quasi certezza che tutto ciò che esula dalla politica creditizia non viene approvato anche se motivato e giustificato”.