Francesco Piccolo, lཿunità 21/09/2009, 21 settembre 2009
CORSIVI
Me lo ricordo Silvio Berlusconi quando all’inizio del 1995 vide svanire il sogno degli italiani, pochi mesi dopo averlo messo in piedi; sembrava proprio che il suo ingresso trionfale in politica fosse finito lì. E durante tutto quel tempo che passò all’opposizione si continuava a dire che non ce l’avrebbe fatta, che avrebbe abbandonato. Me lo ricordo Silvio Berlusconi in quella puntata di Ballarò dopo la pesante sconfitta elettorale, in cui era imbarazzante e imbarazzato, e in pochissimi giorni era già riuscito a fare pena: lo guardavamo e lo ascoltavamo e arrancava e sproloquiava, e sembrava proprio che non si riprendesse più da quella pochezza.
Dico questo, perché sono attorniato da persone che mi annunciano che è sul punto di dimettersi, di ritirarsi, di essere spodestato e tradito dai suoi uomini. Dicono: non supera l’autunno, non mangia il panettone, non supera l’inverno. Ecco: non ci credo neanche un po’. Temo che dopo quindici anni di berlusconismo, tutti noi non abbiamo ancora imparato la prima cosa che ci toccava imparare: che quell’uomo non si può misurarlo con la nostra logica politica o anche soltanto con la nostra logica. Che tutto ciò che per noi è effetto che consegue a una causa, non è applicabile a Silvio Berlusconi. Che invece, grazie a un suo modo di pensarsi dentro la politica che è molto diverso, supererà l’autunno e l’inverno e ancora altre stagioni, restando lì dov’è, con tutti i guai che ha e che creerà agli altri.
Ovviamente, spero con tutto il cuore di avere torto.