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 2009  settembre 22 Martedì calendario

LEGGE ANTI BURQA IL PARLAMENTO ORA FA SUL SERIO

Basterebbe approvare un testo di otto righe per bandire il burqa e il niqab. Eppure la proposta di legge di Souad Sbai e Manlio Contento giace alla commissione affari costituzionali di Montecitorio dal 6 maggio scorso. Nessuna discussione, nessuna nomina di relatore, soltanto silenzio imbarazzato.

Forse occorrerà un gesto ancora più deciso e plateale della protesta di Daniela Santanchè in occasione della fine del Ramadan. Non tutte le deputate ne avrebbero il coraggio, ma Isabella Bertolini, deputata modenese del Pdl, lo annuncia a colleghi e colleghe timorose: «Chiederò che la proposta sia calendarizzata nel più breve tempo possibile. Di fronte a un eventuale rifiuto o in assenza di risposte, mi presenterò in Parlamento indossando il burqa». Dubita che la farebbero entrare, ma gli sbarramenti ideologici del politicamente corretto sono ancora più impenetrabili. Non per lei. Anzi, le pare che non sia nemmeno sufficiente modificare l’articolo 5 della legge 152 del 1975, che impedisce di rendersi irriconoscibili in occasione di manifestazioni pubbliche. «Meglio di niente, ma per le donne che circolano per le strade completamente coperte, non si dovrebbe prevedere un divieto?», commenta la Bertolini. Se lo è chiesta anche qualche giorno fa, quando a Sassuolo, nel Modenese, è stato sgomberato uno stabile occupato abusivamente da immigrati. «Le riprese televisive hanno mostrato, tra le persone che uscivano, donne velate dalla testa ai piedi». Perciò, continua la parlamentare, «ho chiesto agli assessori del Comune, appena conquistato dal centrodestra, di interessarsi del caso: non ci sono leggi che impediscono di mascherarsi e di nascondere la propria identità anche al di fuori delle manifestazioni? E perché non vengono fatte rispettare?».
come l’infibulazione

Sulla stessa lunghezza d’onda, la vicepresidente del Senato Emma Bonino, che dichiara a Radio Radicale che «in base alla legge italiana nei luoghi pubblici non si va irriconoscibili, e non per motivi religiosi ma perché la legge italiana non consente di andare in luoghi pubblici irriconoscibili, perché siamo un ordinamento nel quale la responsabilità è individuale, questo è un punto che va fatto valere».

Prima ancora del gesto dimostrativo della Bertolini, e dopo le cronache dell’aggressione subita dalla presidente del Movimento per l’Italia, Daniela Santanchè, le acque stagnanti del dibattito sembrano smuoversi un po’. Dopo i disordini avvenuti domenica a Milano, in occasione della fine del Ramadan, scende in campo Barbara Saltamartini, responsabile delle Pari opportunità del Pdl, dichiarando che «il burqa è come l’infibulazione: uno strumento per annullare l’identità profonda della donna». Fa sua la proposta Sbai per combattere «una condizione spesso alienante, di segregazione fisica oltre che culturale, che trova nel velo integrale il suo strumento più odioso» e giudica che «sia giunto il momento che il Parlamento si faccia carico della questione, approvando una legge specifica che salvi le immigrate dalla sottomissione del burqa. Non possiamo accettare che nel nostro Paese ci siano donne di serie A e di serie B». «Non dimentichiamo - conclude la Saltamartini - che gli ostacoli all’integrazione femminile nascono proprio all’interno della famiglia ove le donne rappresentano l’anello più fragile, economicamente e socialmente».
una commissione d’inchiesta

Sotto e oltre il burqa, c’è ancora da lavorare. «Se c’è ancora qualcuno che non ha capito che la vicenda di Sanaa è alla base della filosofia del burqa, se c’è ancora qualcuno che non ha capito che il burqa non è un simbolo religioso ma di oppressione, si accomodi pure. Io porto avanti la mia battaglia», dichiara la Santanchè all’indomani dell’aggressione subita.

Se non era servito a risvegliare gli animi il caso di Hina Saleem, l’eco del recente delitto di Pordenone dovrebbe convincere anche i più timidi che non si può assistere inerti al massacro di giovani donne. In realtà, da oltre un anno è caduta nel dimenticatoio anche un’altra proposta di legge firmata da cinque deputate del PdL, Gabriella Carlucci, Micaela Biancofiore e Jole Santelli, oltre alle citate Bertolini, Sbai e Saltamartini, che dal 13 maggio 2008 chiedono di istituire una commissione parlamentare d’inchiesta «sulla condizione della donna di origine extracomunitaria presente in Italia».