Stefano Mancini, La Stampa, 22/09/09, 22 settembre 2009
Cancellato - Flavio Briatore non potrà mai più seguire una gara organizzata dalla Federazione internazionale, dalla Formula 1 ai go-kart; non potrà più mettere piede in un paddock, neanche per salutare amici (pochi) e sfottere nemici (molti di più); non potrà gestire gli affari dei piloti, come spensieratamente ha fatto fino a ieri con Alonso, Webber, Kovalainen e Grosjean (e Nelsinho Piquet, prima di rompere le relazioni diplomatiche)
Cancellato - Flavio Briatore non potrà mai più seguire una gara organizzata dalla Federazione internazionale, dalla Formula 1 ai go-kart; non potrà più mettere piede in un paddock, neanche per salutare amici (pochi) e sfottere nemici (molti di più); non potrà gestire gli affari dei piloti, come spensieratamente ha fatto fino a ieri con Alonso, Webber, Kovalainen e Grosjean (e Nelsinho Piquet, prima di rompere le relazioni diplomatiche). L’hanno radiato. Cancellato. La sentenza del Consiglio mondiale dell’automobile è l’ergastolo sportivo: esclusione «unlimited». L’incidente causato da Piquet jr un anno fa a Singapore, ideato da Briatore e organizzato dal dt Pat Symonds, è stato ritenuto di una gravità senza precedenti. Quindi, coerentemente, la Renault ha subìto a sua volta l’esclusione permanente dalla F1. Con una postilla, però: la pena è sospesa e non sarà applicata se nei prossimi due anni il team non commetterà altre infrazioni gravi. E Piquet? Prosciolto. Gliel’avevano garantito: «Se parli, non ti tocchiamo». Lui lo ha fatto e ora si immagina una rentrée: «Sono stato usato, scaricato e messo in ridicolo. Spero che qualche squadra riconosca il mio talento e mi offra una possibilità». Auguri. A Symonds è andata peggio: tra ammissioni e omissioni, si è beccato cinque anni. Lui è la classica vittima di un proiettile vagante: Max Mosley voleva abbattere Briatore senza distruggere la Renault, per non impoverire la F1. Peggio per chi si è trovato in mezzo. Ieri mattina a Parigi, durante i 90 minuti dell’udienza, i rappresentanti della casa francese non solo hanno ammesso ogni responsabilità, ma hanno presentato i risultati di un’inchiesta interna che porta a identiche conclusioni: la colpa è di Briatore, Symonds e Piquet. In cambio della collaborazione e della confessione, è arrivata la punizione farsa: pagamento delle spese processuali, l’impegno a versare un obolo a favore delle campagne per la sicurezza. Il risultato del Gp di Singapore 2008 viene ritenuto valido. Neanche un punto di penalizzazione. Per un reato ritenuto meno grave dalla Fia stessa (lo spionaggio) la McLaren si è vista escludere dalla classifica dei costruttori e multare per 70 milioni. A Woking non avevano capito che per negoziare una condanna più mite dovevano consegnare la testa di Ron Dennis. Testa che è poi caduta quest’anno per una bugia raccontata da Hamilton. «La condanna di Briatore? Peccato, purtroppo non c’era scelta, il problema è che Flavio continuava a negare l’evidenza», ha detto Max Mosley, il presidente, a fine udienza. La non condanna del team? «Abbiamo inflitto la pena più dura, poi abbiamo tenuto conto che la Renault non ha alcuna responsabilità morale». All’udienza era stato convocato anche Fernando Alonso in qualità di testimone. L’ex campione del mondo ha confermato che non sapeva nulla dell’incidente taroccato e ha ammesso di essere legato a Briatore, come parecchi colleghi, da un contratto di management. Mosley l’ha ringraziato per la collaborazione e l’ha invitato a recidere quest’ultimo filo che lo lega al suo mentore, pena il ritiro della licenza. Conclusa la pratica, il trasferimento del pilota spagnolo alla Ferrari non ha più ostacoli e potrebbe essere annunciato nel fine settimana a Singapore, a margine del Gran premio. Per Briatore si chiude un’epoca: in una ventina di anni ha gestito Benetton e Renault, ha lanciato Michael Schumacher e Fernando Alonso, ha vinto quattro titoli mondiali (due per ognuno dei suoi campioni). Alla prima riunione con i suoi colleghi boss, pensò: «Io questi qui me li mangio tutti». Pochi manager sono arrivati al successo in così poco tempo, nessuno è stato messo alla porta come lui. La sentenza di Parigi rischia, con effetto a domino, di escluderlo dalla sua seconda passione sportiva: il pallone. La Federcalcio inglese ha chiesto alla Fia maggiori dettagli sul verdetto e potrebbe costringerlo a dimettersi dalla dirigenza del Queen’s Park Rangers per mancanza dei requisiti morali. Briatore ieri ha disertato Parigi. Ma fino alla vigilia aveva garantito: «Non finirà lì». Il prossimo atto rischia di essere in tribunale.