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 2009  settembre 22 Martedì calendario

Piano-shock di Obama per la ripresa - «Non possiamo tornare a un´epoca in cui la Cina e la Germania ci vendevano tutto, noi c´indebitavamo coi mutui e le carte di credito, e non riuscivamo ad esportare verso quei paesi»

Piano-shock di Obama per la ripresa - «Non possiamo tornare a un´epoca in cui la Cina e la Germania ci vendevano tutto, noi c´indebitavamo coi mutui e le carte di credito, e non riuscivamo ad esportare verso quei paesi». Così Obama ha illustrato la filosofia del piano che gli Stati Uniti presenteranno giovedì al G20 di Pittsburgh. E´ intitolato "Programma-quadro per una crescita sostenibile ed equilibrata". Contiene ricette precise per ciascuno dei grandi blocchi dell´economia globale. Gli Stati Uniti s´impegnano a ridurre il loro deficit pubblico e l´indebitamento privato. La Cina deve dipendere meno dalle esportazioni e stimolare i propri consumi interni: in cambio otterrà più potere nelle istituzioni internazionali. L´Europa per stimolare la propria crescita dovrà varare le riforme strutturali che aiutino gli investimenti privati, inclusa una maggiore flessibilità del mercato del lavoro. Il piano è contenuto in una lettera riservata inviata a tutti i leader del G20 dal consigliere economico di Obama, Michael Froman. Nelle ultime giornate di negoziato prima del G20 sono emersi dei compromessi su altri aspetti. Dovrebbe esserci un accordo di massima sui limiti ai superstipendi dei banchieri, un tema caro soprattutto agli europei. Non è detto però che su questo punto si arrivi a una formulazione dettagliata come la vorrebbero Berlino e Parigi. Il ministro tedesco delle Finanze, Peer Steinbrueck, vorrebbe vedere adottata la ricetta olandese: un divieto alle banche di erogare bonus di fine anno superiori allo stipendio normale. Nicolas Sarkozy sostiene la necessità che l´intera struttura delle remunerazioni sia legata ai risultati di lungo termine, non ai profitti trimestrali o annuali. Su questi aspetti è difficile ottenere il consenso degli Stati Uniti, dove si guarda con sospetto ad un´eccessiva interferenza nelle decisioni delle imprese private. A maggior ragione, avrà scarse chances di essere presa in considerazione l´idea della Germania di una tassa globale su tutte le transazioni finanziarie. E´ la cosiddetta Tobin-tax, fieramente osteggiata da Wall Street. Altre lacune del G20 saranno con ogni probabilità la mancanza di decisioni per disciplinare i mercati dei titoli derivati; e l´assenza di nuove regole sulle agenzie di rating, nonostante la grave responsabilità di queste ultime nello scatenare la crisi del 2007-2008. Malgrado le lacune, il piano di Obama resta ambizioso. Punta al cuore dei macro-squilibri strutturali che hanno avuto un ruolo fondamentale nella grande recessione: gli eccessi di debiti concentrati in America, gli eccessi di risparmio e di attivi commerciali in Cina e Germania. Non è la prima volta che si cerca di affrontare questo tipo di squilibri nelle sedi della governance globale. Negli anni 80 invece della Cina era il Giappone ad accumulare avanzi commerciali con il resto del mondo, che reinvestiva in dollari. Ma le prediche di quello che ancora era il G7 non servirono a cambiare il modello economico giapponese fondato sull´export. Perché Obama dovrebbe riuscirci oggi con la Cina e la Germania? La Casa Bianca punta su due fattori. Anzitutto la gravità della crisi: a Pechino come in Europa, i governi devono rendersi conto che non si può tornare ai modelli di sviluppo del passato. E se l´America riduce i propri debiti - le famiglie hanno già cominciato a farlo - bisognerà per forza trovare un´altra locomotiva di crescita. Per convincere i cinesi ad aumentare i propri consumi (e quindi anche le proprie importazioni) Obama offre loro un posto di rilievo nelle cabine di comando dell´economia globale. All´interno del Fondo monetario internazionale, per esempio, il rapporto di forze tra i vecchi paesi industrializzati e le potenze emergenti dovrebbe diventare paritetico, 50-50, mentre oggi è favorevole ai paesi occidentali che insieme al Giappone pesano per il 57% dei diritti di voto. Questo riequilibrio andrebbe soprattutto a scapito del peso dell´Europa. Il piano Obama non prevede un meccanismo di sanzioni per indurre i paesi a compiere gli aggiustamenti necessari. Tuttavia al G20 di Pittsburgh potrebbe affacciarsi l´idea di un monitoraggio automatico, un po´ simile a quello del Patto di stabilità nell´Unione europea. Se un paese accumula un deficit o un attivo troppo consistente con l´estero, scatterebbero dei negoziati con gli altri per riportarlo in equilibrio.