Gian Antonio Stella, Corriere della Sera, 22/09/09, 22 settembre 2009
Enti locali, il premio non si nega a nessuno - Il «golpino» vorrebbero farlo a lui, Renato Brunetta, che proprio l’altro giorno aveva denunciato un tentato golpe dei «poteri forti» contro il governo
Enti locali, il premio non si nega a nessuno - Il «golpino» vorrebbero farlo a lui, Renato Brunetta, che proprio l’altro giorno aveva denunciato un tentato golpe dei «poteri forti» contro il governo. E a tentarlo non sarebbe la sinistra ma la stessa maggioranza. Dove c’è chi non apprezza il nodo della riforma: premi ai più bravi e zero ai fannulloni. E vorrebbe una deroga per tutti i dipendenti di Regioni, Comuni, enti locali, mondo sanitario. Lui, il ministro che da mesi tuona sulla necessità di scuotere il pubblico impiego introducendo finalmente la meritocrazia, sdrammatizza. «Ma no, ma no... Ho sempre detto alla Conferenza delle Regioni: la riforma dobbiamo farla insieme. D’altra parte è ovviamente loro la responsabilità dei dipendenti loro. Dobbiamo fidarci reciprocamente. Le commissioni parlamentari danno solo un parere. Consultivo. Non vincolante. Se chiederanno meno trasparenza dirò: non sono d’accordo. Se chiederanno più trasparenza dirò: benissimo. Accetterò tutti pareri, ma purché siano coerenti con lo spirito della legge». Il fatto è che, a leggere il Sole 24 ore, le cose stanno un po’ diversamente. Avete presente cosa dice la «Brunetta»? Fermo restando lo stipendio base contrattuale uguale per tutti, i premi in busta paga non dovranno più essere distribuiti a pioggia in modo appiattito e ugualitario, senza distinzione tra bravi e lavativi, ma spartiti in tre fasce: agli eccellenti (uno su quattro) deve andare la metà del «monte premi», i medi (due su quattro) devono dividersi l’altra metà e quelli individuati come incapaci, assenteisti o peggio non dovranno avere un solo centesimo supplementare. Le obiezioni sono note: chi deciderà chi è bravo e chi è scarso? Chi potrà assicurare una ripartizione dei soldi corretta, cioè non influenzata dalle amicizie, dalla simpatia, dalle parentele o addirittura dalla clientela politica, in un Paese che sotto questo profilo non offre affatto le migliori garanzie? Dubbi legittimi. Ma è inaccettabile il sistema attuale. Che di fatto, mettendoli sullo stesso piano dei bravi, premia i peggiori. E sgretola le fondamenta di qualsiasi efficienza. Il risultato lo rivelò un giorno il predecessore di Brunetta, Luigi Nicolais: tutti ma proprio tutti i 3.769 dirigenti ministeriali italiani erano arrivati ad avere il massimo dei punti di valutazione, quindi il massimo dello stipendio. Come se su 3.769 cavalli fossero tutti purosangue senza la presenza di un solo ronzino, un solo somaro, un solo brocco. Insomma: una svolta è indispensabile. Il «sistema Brunetta» non è perfetto? Può darsi. Anzi, diamolo per scontato: sbagliava dei dribbling nei giorni migliori perfino Ronaldinho, figurarsi Renatinho. Tutto si può fare meglio. Anche un progetto di riforma che premi il merito. Quello che che hanno in mente un po’ di membri delle commissioni unite Affari istituzionali e Lavoro di Montecitorio però, spiega Gianni Trovati sul Sole , è un’altra cosa: è il depotenziamento del principio cardine della riforma, quello secondo cui la differenza fra lo stipendio di chi si impegna e di chi se ne infischia deve essere netta. In commissione hanno in mente un’altra cosa: il governo vari pure la sua riforma per i dipendenti statali, purché quella griglia di tre fasce non venga imposta alle Regioni, agli enti locali e a tutto il mondo della Sanità. Vale a dire a circa un milione e trecentomila dipendenti pubblici. Pari al 37% del totale. «I meccanismi di un comune, magari piccolo, non possono essere uguali a quelli impiegati in una struttura con migliaia di dipendenti», ha spiegato il berlusconiano Giorgio Stracquadanio, che con il collega di partito Michele Scandroglio è relatore del provvedimento. Ed ecco quindi la prima deroga immaginata al decreto attuativo della riforma: niente gabbie «brunettiane» per i comuni con meno di 8 dipendenti o di cinque dirigenti. Un ritocco apparentemente sensato, se questi comuni con più di cinque dirigenti non fossero, di fatto, solo quelli con più di 30mila abitanti. Cioè, stando ai dati dell’Anci, 307. Risultato: il principio dei premi per fasce salterebbe in 7.795 municipi su 8.102. Vale a dire che il 96% delle amministrazioni comunali potrà limitarsi «ad assicurare ’l’attribuzione selettiva della quota prevalente’ di premi ’a una percentuale limitata del personale’». In pratica? Ognuno faccia come gli pare. «Regioni, enti locali e servizio sanitario dovranno dividere il personale in ’almeno’ tre fasce di merito – spiega Trovati ”, ma nei vari scalini del podio le buste paga potranno incontrare una scansione più morbida rispetto a quella fissata dalla legge per le amministrazioni centrali». Quanto più morbida? Ognuno, par di capire, faccia anche qui come gli pare. Non solo: nello schema messo a punto salterebbe la cosa più importante di tutte. Cioè l’abolizione di qualsiasi premio sullo stipendio ai dipendenti peggiori. Che continuerebbero a godere, almeno in parte, del vecchio sistema: una prebenda non si nega a nessuno. Gli enti locali avranno un mucchio di tempo (fino alla fine del 2010) per decidere autonomamente come ripartire tra i dipendenti il «monte premi» aggiuntivo sulla busta paga. Dopo di che dovrebbe subentrare, in automatico, la «Brunetta ». Ma sarebbe un automatismo, diciamo così, poco automatico. In qualsiasi momento, infatti, l’aggiornamento potrebbe essere bloccato dalla decisione di adottare, sia pure in ritardo, nuove regole autonome. Di più: le verifiche verrebbero fatte a posteriori in sede di Conferenza unificata entro la fine del 2011. E se ancora non bastasse, spiega lo stesso Sole , non è prevista alcuna sanzione per l’ufficio che, a dispetto di quanto previsto, dovesse infischiarsene di misurare i risultati ottenuti. Cosa indispensabile per valutare, in parallelo, la produttività degli uffici e delle persone. Non manca la ciliegina sulla torta. La proposta, partita dalla Lega per iniziativa della vicentina Manuela Dal Lago, di «promuovere un diverso coinvolgimento dei politici nella valutazione dei dirigenti ». Traduzione: il politico dovrebbe poter assumere e licenziare i dirigenti a suo piacimento. Geniale. Domanda: c’è qualche italiano disposto a scommettere una castagna secca che i leghisti non avrebbero un occhio benevolente, diciamo così, per i dirigenti con tessera leghista, i democratici per quelli con tessera democratica, i berlusconiani per quelli con tessera berlusconiana?