Sergio Romano, Corriere della Sera, 22/09/09, 22 settembre 2009
L’AGRICOLTURA SOVIETICA DALLA NEP AL PIANO DI STALIN
Ho letto una sua risposta qualche tempo fa sul legame esistente tra il regime collettivo di proprietà della terra e la crisi economica in Unione Sovietica. Potrebbe descrivere sinteticamente i passaggi principali della riforma della terra in Urss dalla Nep, voluta da Lenin, in poi?
Luca Puddu
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Caro Puddu,
La fine della guerra civile nel 1921 coincise con una terribile carestia provocata in eguale misura dalle condizioni atmosferiche (la grande siccità del 1920) e dalle tragiche condizioni di un Paese in cui Rossi e Bianchi si erano combattuti con ferocia per quasi quattro anni. Duramente colpiti dalle requisizioni governative, i contadini rifiutavano di lavorare la terra, e i campi coltivati erano nel 1921 soltanto il 62% dell’anteguerra. Nella sua Storia della Russia dalle origini ai giorni nostri, pubblicata da Bompiani, Nicholas Riasanovsky calcola che guerra, epidemie, esecuzioni e inedia abbiano ucciso in quegli anni venti milioni di persone. E aggiunge che il numero dei morti sarebbe stato ancora più elevato se L’American Relief Administration, una straordinaria organizzazione americana diretta da Herbert Hoover (il futuro presidente degli Stati Uniti), non avesse generosamente assistito le popolazioni affamate.
Furono queste le ragioni per cui Lenin decise di correre ai ripari. Accantonata per il momento l’ortodossia comunista, fu deciso, tra l’altro, che le requisizioni sarebbero state sostituite da una imposta in natura (soprattutto cereali), poi rimpiazzata da una tassa in denaro. Autorizzati a tenere per sé una parte importante del raccolto e a venderlo sul mercato libero, i contadini lavorarono di più e meglio. Apparvero allora nei villaggi i «kulaki», vale a dire quei contadini arricchiti dalla Nep che avevano fama di tenere stretta nel pugno (in russo: kulak) la loro fortuna. Secondo Riasanovsky, «la percentuale di terre sottoposte a coltura già superava nel 1928, sia pure di poco, la superficie prebellica». Risultati altrettanto soddisfacenti furono raggiunti nel campo dell’industria e del commercio.
Ma il partito comunista non intendeva rinunciare alla sua ideologia. La Nep durò sino alla fine degli anni Venti soltanto perché il ritorno al programma rivoluzionario dovette attendere la fine delle lotte per la successione che scoppiarono nel partito dopo la morte di Lenin nel 1924. Quando Stalin conquistò definitivamente il partito nel congresso del dicembre 1927, i provvedimenti liberali della Nep lasciarono il posto a un Piano quinquennale che prevedeva, tra l’altro, la collettivizzazione della terra. Nel campo dell’industria pesante e chimica i risultati furono molto positivi, in quello dell’agricoltura catastrofici. I contadini resistettero tenacemente alla politica governativa e furono cacciati dalle loro case, gettati sul lastrico, brutalmente trasportati in terre lontane. I risultati della repressione dei kulak furono nuove carestie, nuove vittime soprattutto in Ucraina e il dimezzamento del patrimonio zootecnico. Stalin vinse, naturalmente, ma uccise, insieme a molti milioni di contadini, l’agricoltura russa.