Arianna Ravelli Flavio Vanetti, Corriere della Sera, 19/9/09, 22 settembre 2009
LA SPY STORY E LE FRUSTATE DI MOSLEY
L’incidente premeditato di Piquet jr nel Gp di Singapore un anno fa, che è costato il posto a Flavio Briatore, sarà anche il «più grave scandalo di sempre della Formula 1» come sostiene la stampa inglese (ma solo perché sott’accusa non c’è alcun dirigente inglese), ma non ha certo il fascino e i risvolti romanzeschi dell’intrigo che, nel 2007, ha rischiato di provocare l’esclusione dalle corse di una scuderia storica, la McLaren, e che è diventato noto come spy story.
Tra le due vicende non mancano le analogie. La confessione che inchioda il team è, in entrambi i casi, quella di un proprio pilota: nella vicenda degli spioni fu Fernando Alonso, in rotta con la McLaren che gli preferiva Lewis Hamilton; nel Renaultgate Nelsinho Piquet fresco di licenziamento. La differenza è che il primo portò alla Federazione numerose e consistenti prove: le email in cui i segreti rubati alla Ferrari venivano discussi da Alonso medesimo, dal collaudatore de la Rosa e da alcuni dirigenti di primo piano della McLaren (una ad esempio: «Tutte le informazioni della Ferrari sono molto credibili. Vengono da Nigel Stepney... la stessa persona che ci ha detto che in Australia Kimi Raikkonen si sarebbe fermato per il pit stop al giro 18˚...»). Ieri e oggi, c’è l’eterno potere di vita e di morte di Max Mosley, esercitato attraverso il Consiglio mondiale: nella spy story prima assolse, poi condannò la McLaren a una maximulta di 100 milioni. E a proposito di Briatore e di dirigenti inglesi: in quel caso, Mosley non ha infierito sul nemico Ron Dennis ma è da quel momento che ha cominciato a metterlo sotto scacco. Se ha potuto farlo allontanare quest’anno è perché, quella volta, l’aveva salvato. Per quanto riguarda Briatore, invece, il principio del «non poteva non sapere», è stato fatto valere.
Ma torniamo all’estate 2007, una delle più bollenti nella storia della F1. E ai suoi protagonisti, primo fra tutti il corvo rosso Nigel Stepney, l’ex capo meccanico della Ferrari, braccio destro di Ross Brawn (sì, quello che quest’anno vincerà il Mondiale), di cui vuole prendere il posto. La promozione non arriva e Stepney medita la vendetta: contatta un vecchio amico in McLaren, Mike Coughlan, capo progettista, e comincia a passargli disegni, dati, informazioni. Fino a consegnargli, in un incontro in occhiali scuri al porto di Barcellona, un faldone di 780 pagine di segreti di Maranello. Lì, dentro, c’è «tutto quanto necessario a disegnare, progettare, costruire, controllare, testare, sviluppare e mettere in pista una macchina di F1», per citare la denuncia della Ferrari. L’incontro avviene il 28 aprile, ma il flusso di informazioni è partito prima del Mondiale (al via il 18 marzo 2007). La Ferrari, per mesi, non si accorge di nulla. Come ne viene a conoscenza? Grazie a una figura ormai mito, il proprietario di una copisteria del Surrey, tifoso del Cavallino che, l’11 giugno 2007, vede arrivare nel suo negozio la moglie di Coughlan con i segreti della Ferrari sottobraccio da fotocopiare. Il copista s’insospettisce e manda un’email a Stefano Domenicali, allora direttore sportivo: «Qui ci sono disegni in scala 1 a 1 della monoposto Ferrari 2007. tutto regolare?».
No, non era regolare per niente. Inizia formalmente la spy story, che vedrà persino i carabinieri al circuito di Monza per consegnare avvisi di garanzia a Ron Dennis e ad altri dirigenti McLaren (ma per il boss e Martin Whitmarsh, l’attuale numero 1, la vicenda giudiziaria si è conclusa con l’archiviazione, gli altri hanno patteggiato pene pecuniarie). Non è ancora tutto: il mese prima, nella F2007 di Kimi Raikkonen viene trovata una polverina bianca composta da integratori alimentari. stato ancora Stepney, in un folle tentativo di sabotaggio che avrebbe potuto combinare grossi guai.
Il 2007 è l’anno del massimo livello di scontro tra Ferrari e McLaren. Da allora, inizierà una lunga opera di riavvicinamento (i cui gran tessitori sono Domenicali e Whitmarsh), base indispensabile per far nascere l’associazione dei team Fota. Il rapporto (tradizionalmente ottimo) tra Ferrari e Mosley inizia invece a vacillare. Ma, un anno dopo, un altro scandalo scuote gli equilibri in F1: le immagini dell’orgia sadomaso con protagonista il presidente Fia pubblicate dal settimanale News of the world . Le cinque prostitute che Mosley frusta e da cui si fa frustare vestono divise naziste. Il presidente è il figlio di Oswald, fondatore del partito nazista inglese. Non è una bella coincidenza: le grandi case automobilistiche (Bmw, Mercedes, Toyota, Honda su tutte), ne chiedono la testa (e lui, da allora, dichiara loro la guerra che è durata tutto quest’anno). Bernie Ecclestone sembra scaricarlo, poi capisce che gli conviene non alterare lo status quo. Sembra che Max sia spacciato e invece dà vita a una delle sue, innumerevoli, resurrezioni: vince la causa al giornale per invasione della privacy, convince i giudici che non ci sono riferimenti al nazismo, fa capire che qualcuno l’ha voluto incastrare (e ancora oggi non si sa chi abbia dato la dritta al settimanale) e chiede che il Consiglio mondiale voti la sua fiducia. Mosley fa bene i conti: i rappresentanti degli stati africani, qualcuno asiatico e l’Italia unica tra i Paesi occidentali votano a suo favore. sufficiente. Dalla sua ha due importanti appoggi politici: quello di Jean Todt (allora numero 1 Ferrari) che, in cambio, ottiene di correre come suo delfino per la successione alla presidenza della Fia. E quello di Flavio Briatore, che sostiene di volere tenere distinte la sfera privata da quella pubblica. Vista com’è finita è chiaro chi, tra i due, abbia sbagliato i conti.
(2- continua)