Maria Laura Rodotà, Corriere della Sera, 22/09/09, 22 settembre 2009
Così i social network scoprono se sei gay (anche se non lo hai detto) - 
 
Lo sapevamo anche noi che su Facebook ci siamo rimbecilliti gratis, francamente; noi che non verremmo mai accettati al MIT
Così i social network scoprono se sei gay (anche se non lo hai detto) - 
 
Lo sapevamo anche noi che su Facebook ci siamo rimbecilliti gratis, francamente; noi che non verremmo mai accettati al MIT. Quando si entra in un social network e si comincia a esplorarlo, si clicca compulsivamente tutto, al limite del voyeurismo. Si guardano gli status degli «amici» (alcuni quasi ignoti o non visti da vent’anni); poi si passa alle liste dei loro amici; poi a quelle degli amici degli amici che incuriosiscono. E si analizza, e si traggono conclusioni. Così molti si costruiscono il loro paradigma indiziario su Fb: c’è chi lo fa perché interessato al genere umano (sul serio), chi per vedere chi corteggiare (è noto), perfino chi deve trovare una scuola per qualche figlio. E anche questo è vero: conosco gente reduce da imbarazzanti surf su liste di adolescenti con il nome del liceo nello status; che faceva elaborazioni statistiche su quanti ragazzi con lo stesso status avevano aggiunto il nome di una buona università nazionale o estera (molti genitori mascherati da adulti sono adolescenti ossessivi). Loro (i genitori ossessivi) non pensavano di stare violando la privacy di nessuno, o forse lo pensavano ma è tutto legale e possibile. Come è possibile quello che hanno fatto due studenti del MIT: creare un modello per stabilire, in base alla lista degli amici su Facebook, se una persona sia gay o no.

 Il progetto – non ancora pubblicato su riviste scientifiche – si chiama Gaydar, contrazione di «gay radar». I due studenti nel frattempo laureatisi, Carter Jernigan e Berham Mistree, hanno scaricato da Facebook dati sulle classi 2007-2011 del Massachusetts Institute of Technology. E hanno preso in esame tre elementi: il genere (maschile o femminile), gli interessi dichiarati nello status, e gli amici. Con un programma del loro pc hanno analizzato i dati di 1544 uomini che dicevano di essere etero, di 21 bisessuali, di 33 apertamente gay, di 947 poveretti che preferivano non specificare. Ovviamente (fortunatamente) non hanno potuto controllare scientificamente le loro conclusioni. Però hanno rintracciato un campione di dieci studenti gay che non lo avevano scritto su Facebook. Incredibile a dirsi, secondo il Gaydar erano gay.

Prevedibileadirsi,racconta il Boston Globe , che «l’analisi funzioni quando si tratta di identificare uomini gay; ma la stessa tecnica non sembra avere successo con uomini e donne bisessuali, o con lesbiche». Buon per loro. La mente viaggia, tra bisex insaziabili dagli interessi multipli che confondono i software del MIT e lesbiche furbissime che diventano fans di Rocco Siffredi per non essere identificate in ambienti omofobici. Ma fuori dalle battute, attenti. O meglio, consapevoli. Se si entra in un social network, c’è poco da fare. Altri studi, della University of Maryland mostrano quanti dati personali si possano raccogliere anche su Dogster, innocente network per padroni di cani. E chiunque conosca la rete sa che qualunque idiozia condividiamo può vivere in eterno, che siamo gay, etero, o del MIT.