Fiorenza Sarzanini, Corriere della Sera, 22/09/09, 22 settembre 2009
E spunta un sms di minacce - C’è un sms che prova, secondo la Procura di Bari, le intimidazioni e le pressioni subite da almeno una delle ragazze interrogate sulle feste organizzate nelle residenze del premier Silvio Berlusconi
E spunta un sms di minacce - C’è un sms che prova, secondo la Procura di Bari, le intimidazioni e le pressioni subite da almeno una delle ragazze interrogate sulle feste organizzate nelle residenze del premier Silvio Berlusconi. arrivato la scorsa settimana sul suo telefonino, prima del suo ingresso nella caserma della Guardia di Finanza. Ed ha una conclusione eloquente: «Stai attenta». stato inviato da un numero fisso di Roma – 0667…. – e adesso si sta cercando di risalire al mittente, visto che si tratta della derivazione di un centralino.

L’episodio è raccontato nell’informativa che gli investigatori hanno consegnato ai pubblici ministeri la scorsa settimana per ricostruire gli indizi relativi al pericolo di fuga e di inquinamento delle prove contestati a Gianpaolo Tarantini. Nella relazione si specifica che l’utenza «non è riconducibile all’indagato », ma quel messaggio viene inserito in un quadro più generale di tentativi di condizionare le indagini al quale, sostiene l’accusa, lo stesso Tarantini non è estraneo. Anche perché chi lo ha scritto, evidenziano gli investigatori, «era informato che la testimone doveva essere interrogata».

 L’imprenditore nega con decisione di aver mai tentato di depistare le indagini e anche ieri, nel corso dell’udienza di convalida del fermo, ha ribadito di aver «collaborato sempre in maniera leale con l’autorità giudiziaria». In realtà alle donne ascoltate nei giorni scorsi è stato chiesto più volte se avessero subito avvertimenti o minacce prima di rispondere alle domande sui rapporti con Tarantini, ma soprattutto su quanto avveniva durante le feste e le cene organizzate nelle residenze presidenziali. Intimidazioni che sembrano emergere, talvolta in forma velata, in alcune conversazioni intercettate.

 Tarantini, dicono i pubblici ministeri, voleva intimidire gli altri indagati e i testimoni per alleggerire la propria posizione. La sua intenzione, nella convinzione dell’accusa, è quella di «ridurre al minimo il danno per sé», ma anche per gli altri personaggi coinvolti nella vicenda, anche se non indagati. Le contestazioni su questo punto riguardano contatti con giornalisti ai quali avrebbe promesso interviste con l’intenzione di lanciare invece messaggi precisi ad alcuni suoi interlocutori sul comportamento da tenere in futuro. E con personaggi inseriti in altri ambienti, che avrebbero potuto esercitare condizionamenti riguardo allo svolgimento dell’inchiesta. Proprio in questo contesto elencano le dichiarazioni pubbliche rilasciate la scorsa settimana. «Ho risposto ad alcune domande – si è difeso l’imprenditore ”, ma non avevo alcuna intenzione di essere intimidatorio, tanto che ho presentato un esposto proprio perché ritengo che la pubblicazione dei verbali mettesse in pericolo me e la mia famiglia».

 Il gip gli ha creduto ed è questo, adesso, a preoccupare la Procura riguardo alla tenuta dell’inchiesta. La scelta del presidente del tribunale di affidare la decisione sulla convalida del fermo allo stesso giudice che un mese fa aveva già firmato l’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Massimo Verdoscia (indagato insieme a Tarantini per cessione di droga) aveva rassicurato i pubblici ministeri, convinti che la conoscenza degli atti processuali da parte del gip avrebbe consentito loro di ottenere ragione. Così non è stato e questo verdetto pesa adesso sulle scelte future. Perché dovrà essere compiuta una rilettura dei tre fascicoli (stupefacenti, prostituzione, corruzione nella sanità) e bisognerà disporre nuove verifiche prima di decidere le mosse da compiere in futuro.

 Gli approfondimenti si concentreranno pure sulla disponibilità patrimoniale dell’indagato in Italia e all’estero, sviluppando alcune tracce che secondo gli inquirenti già provano la sua volontà di «sottrarsi allo svolgimento del processo». Nel provvedimento di fermo venivano citati il viaggio in Tunisia effettuato agli inizi di giugno e quello in Austria ad agosto, paventando la possibilità che proprio in Tunisia «l’indagato potrebbe creare una base». Ieri Tarantini ha dichiarato che tutti i suoi spostamenti «sono sempre stati comunicato alla polizia giudiziaria, alla quale ho anche consegnato le fatture di alberghi e ristoranti proprio per dimostrare la mia permanenza in quei luoghi».

 Il gip ha ritenuto che fosse in buona fede e dunque l’obiettivo dei pubblici ministeri è ora dimostrare che la «rete» tessuta in questi anni è pronta a proteggerlo nel modo più efficace possibile, anche per evitare conseguenze sugli altri personaggi con i quali aveva rapporti.