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 2009  settembre 21 Lunedì calendario

LA RIVOLUZIONE DELL’EOLICO: SUL MERCATO ARRIVANO GLI IMPIANTI DA GIARDINO


Si fa presto a dire eolico. Oggi la domanda dovrebbe essere: quale eolico? E’ un po’ come quando, all’inizio del secolo scorso, si delineò quel nuovo oggetto industriale chiamato automobile: il concetto indistinto resse per qualche anno, poi si cominciò a parlare di berline e auto sportive, diesel e benzina, elettriche e ibride. Il mercato dell’eolico è ancora lontano da quello dell’auto, ma è già arrivato il momento in cui la gamma delle offerte tende ad ampliarsi: da una parte i grandi parchi eolici off shore, che hanno raggiunto una taglia comparabile a quella di una piccola centrale nucleare, dall’altra il mini eolico, l’eolico da giardino.
Nel complesso la curva della produzione eolica si sta impennando in misura fino a ieri imprevedibile: negli ultimi quattro anni l’aumento dei nuovi impianti installati ha oscillato tra il 30 e il 42 per cento l’anno. E la potenza è passata dai 59 mila megawatt del 2005 ai 122 mila del 2008. Il mercato si è mosso con tanta rapidità da superare le previsioni di Greenpeace che alcuni avevano considerato troppo ottimistiche: nel 2008 sono risultate inferiori del 10 per cento rispetto a quello che è realmente successo. Una crescita sostenuta soprattutto dalla corsa verso l’aumento delle dimensioni degli impianti che, sul Mare del Nord, sono arrivati a raggiungere una potenza simile a quella di una centrale tradizionale.
Adesso però sta nascendo un nuovo filone che, nel giro di qualche anno, potrebbe acquistare un ruolo significativo: il mini e il micro eolico. «All’interno di un’espansione importante dell’intero settore, questo fenomeno sta raggiungendo un buon livello di visibilità», conferma Marco Pinetti, l’organizzatore di Eolica Expo, la più importante fiera mediterranea del settore giunta alla settima edizione. «Il mini eolico è ormai un trend che si sta consolidando: quest’anno venti dei 170 espositori appartengono a questo segmento».
Piccoli produttori crescono. In tutto il mondo: negli Stati Uniti, in Canada, in Germania. Ma soprattutto in Gran Bretagna. «Negli States – ricorda su QualEnergia Luciano Pirazzi, l’esperto Enea – l’eolico con potenza inferiore ai 100 chilowatt è cresciuto nel 2007 del 14 per cento arrivando a superare i 55 megawatt installati: sono stati venduti 9 mila impianti per un valore di 42 milioni di dollari e, dopo il provvedimento con cui il Congresso americano ha varato incentivi fiscali, ci si aspetta una crescita annua dell’ordine del 40/50 per cento. In Canada 17 aziende costruiscono questo genere di impianti. E in Gran Bretagna, dove le aziende interessate sono una dozzina, si è arrivati a una crescita dell’80 per cento grazie al crescente impegno del paese a favore della riduzione delle emissioni di anidride carbonica».
In Italia, le intuizioni dei ricercatori e dei pionieri dell’industria non sono state sostenute dai governi che si sono alternati. E così l’ottimo spunto di partenza registrato negli anni Ottanta si è andato spegnendo, mentre paesi più lungimiranti sostenevano il settore delle rinnovabili considerandolo strategico per l’economia del paese e per l’occupazione.
«Nonostante il ritardo forzato, oggi il settore riparte, sotto la spinta dell’evoluzione del nostro sistema elettrico», spiega Roberto Longo, presidente di Aper, l’associazione dei produttori di energia da fonti rinnovabili, e presidente di un’azienda specializzata nel piccolo eolico, la Blu Mini Power. «Si sta passando da uno scenario segnato da poche grandi centrali elettriche, costruite tenendo conto degli interessi politici, a un sistema a rete, basato sulla moltiplicazione di micro centrali diffuse in tutto il paese. In questo modo si offre una maggiore sicurezza energetica, si riduce il rischio di blackout, si alleggerisce l’impatto sul paesaggio dei grandi impianti, si stimola un sistema a misura di artigianato e piccola impresa. Se questa linea di tendenza si affermerà, invece di litigare sulla costruzione di poche mega centrali potremo avere una moltitudine di piccoli impianti, evitando rischi e polemiche e ottenendo numeri più importanti. Ad esempio se la metà delle aziende agricole sarde situate in zona collinare costruissero un piccolo impianto eolico si arriverebbe a 200 megawatt di potenza, l’equivalente di una centrale significativa».
Con il piccolo eolico tra l’altro l’impatto visivo è estremamente ridotto. Per micro eolico si intende una macchina che arriva a 5 chilowatt di potenza, è alta come un lampione (9 metri), grande quanto una grossa antenna parabolica (un metro e mezzo di raggio per le pale) e produce elettricità sufficiente a sostenere i consumi di una villetta. Il mini eolico, secondo la definizione italiana, arriva a 60 chilowatt: le pale hanno un diametro di 7,5 metri e l’elettricità prodotta basta a una piccola azienda agricola.
«Sono impianti che offrono un ritorno d’investimento decisamente interessante», aggiunge Nicola De Luca, consigliere d’amministrazione della Jonica impianti, la principale società italiana del settore. «Una macchina da 25 chilowatt costa tra i 65 e i 70 mila euro e rende 11 mila euro l’anno. Il che vuol dire che il payback è attorno ai 67 anni: una prospettiva decisamente interessante in un periodo in cui i Bot danno un rendimento inferiore allo zero».
In realtà i conti vanno meglio in teoria che in pratica. In Italia le procedure autorizzative sono estremamente complesse anche per un micro eolico da mettere in giardino. Le norme da applicare variano regione per regione e il sistema del credito continua a guardare con diffidenza a chi chiede fondi per i piccoli impianti di rinnovabili. Il risultato è che la partita del mini eolico ha un andamento chiaro nei paesi leader ma un esito incerto in Italia. Il mercato potrebbe raddoppiare nel giro di un paio di anni, ma produrremo o compreremo quelle macchine?