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 2009  settembre 21 Lunedì calendario

IL FEDERALISMO «ALLA TEDESCA» CONVIENE DI PI

Se il federalismo alla fine ci rendesse tedeschi, risparmieremmo quasi 50 miliardi all’anno, il 3,4% del Pil, per far funzionare la nostra pubblica amministrazione. Se ci avvicinasse alla Spagna il taglio alla spesa sarebbe minore ma comunque maestoso, e supererebbe i 21 miliardi. Alla vigilia dell’avvio del percorso attuativo del federalismo fiscale, con la commissione che sta scaldando i motori e il primo dei decreti attuativi attesi entro la fine dell’anno, il confronto con i paesi europei dove l’ordinamento decentrato ha una storia più importante indica i traguardi che una riconversione della Pa nel nome dell’efficienza potrebbe raggiungere. L’orizzonte, ovviamente, è teorico, perché il quadro dei conti offerto da ogni paese è figlio anche di una storia che non si cancella con un tratto di penna. Ma gli indicatori che guidano i calcoli sono concretissimi, e puntano dritti contro un organico pubblico caratterizzato da tratti di gigantismo e da un’evoluzione non sempre razionale.
Uffici a confronto
A metterli in fila è Unioncamere del Veneto, nel nuovo Quaderno di ricerca sul federalismo che sarà presentato giovedì prossimo a Venezia e che con l’aiuto degli esperti del centro studi Sintesi offre una nuova chiave di lettura dei costi del "mancato federalismo".
Il confronto con Germania e Spagna è condotto su tre aspetti chiave per misurare i risultati della pubblica amministrazione: il costo dei «consumi intermedi», cioè dei beni e dei servizi che servono per far funzionare gli uffici, il numero dei dipendenti pubblici e il costo del lavoro per ogni lavoratore dello stato o degli enti locali o previdenziali. Nei primi due indicatori, il primato italiano non teme rivali: da noi i dipendenti pubblici sono 62,2 ogni mille abitanti, contro i circa 56 di Spagna e Germania, e i «consumi intermedi » sfiorano i 1.280 euro per abitante contro i 1.103 della Germania e i 1.153 della Spagna. Quest’ultima batte il nostro paese, per un soffio, solo per il costo del lavoro medio, superando i 42mila euro per dipendente (da noi sono 41.826), mentre la Germania si ferma sotto i 35mila euro (a parità di potere d’acquisto).Anche su questo versante, però, il primato spagnolo tramonta quando si guarda alla dinamica retributiva: tra 1999 e 2006 i redditi pro capite dei dipendenti pubblici italiani hanno guadagnato il 33,8%, contro il 22,1% degli spagnoli e il 21,6% dell’area euro,mentre le buste paga nel privato crescevano del 14,8%. sulla base di questi presupposti che i ricercatori hanno calcolato i mega-risparmi che l’Italia potrebbe raggiungere se la cura federalista la portasse ai livelli tedeschi (50 miliardi) o spagnoli (25 miliardi).
I paradossi italiani
Al di là della teoria, comunque, sono le storture nella storia recente della spesa pubblica italiana a emergere prepotenti dal confronto con i due campioni del federalismo europeo. Una storia ricca di paradossi, a partire dagli effetti del federalismo zoppo (cioè privo del versante fiscale) che abita ormai da otto anni l’Italia. Dalle modifiche al titolo V varate nel 2001 (per tacere del federalismo a Costituzione invariata), la nostra Pa ha parlato ossessivamente di decentramento ma all’atto pratico è cresciuta al centro: tra 2000e 2008 i dipendenti pubblici sono aumentati nelle amministrazioni centrali (+2,6%) e diminuiti in quelle locali (-6,8%), mentre la Germania tagliava quasi dappertutto (-8,2% in media) e la Spagna attuava un federalismo vero, sforbiciando drasticamente la Pa centrale (-32,2% di lavoratori) e puntando tutto sulle comunità autonome (+43,8%). Vicende simili tornano nella sanità, che in questi anni ha tentato con fatica la strada della razionalizzazione ma mentre diminuiva le strutture (-7,9% tra 2000 e 2006) aumentava il personale (+2% di amministrativi nello stesso periodo, mentre è rimasto invariato il numero di infermieri).
Chi soffre di più
Calate sul territorio, le distanze dai benchmark tedesco e spagnolo si concentrano in due famiglie di regioni: quelle a Statuto speciale, dove le politiche retributive autonome ( e, almeno nel caso di Val d’Aosta e Trentino Alto Adige, le diseconomie di scala dovute alle dimensioni) hanno moltiplicato i costi, e quelle del Mezzogiorno. Un ritardo,quest’ultimo,figlio anche di politiche occupazionali pubbliche usate come surrogato di ammortizzatori sociali, come l’indagine Unioncamere dimostra con un’indicatore originale: fatta 100 la media di ogni nazione, il rapporto fra personale pubblico e totale degli occupati sale a 104 nelle regioni "povere" della Germania e a 118 in quelle spagno-le, mentre nel Mezzogiorno italiano schizza a quota 135.