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 2009  settembre 21 Lunedì calendario

DUE PEZZI SULLA PRESUNTA AGGRESSIONE A DANIELA SANTANCHE’ A MILANO


Daniela Santanché, ex parlamentare, lamenta di essere stata aggredita ed esibisce un referto medico, la polizia non ha visto niente (pare), mentre gli islamici trasecolano o alzano le spalle. Ieri mattina, davanti alla Fabbrica del Vapore - uno spazio culturale, diventato l´ultimo luogo prestato alla preghiera "nomade" dell´istituto culturale islamico di viale Jenner - c´era però un collaboratore di Al Jazeera. Ha ripreso tutto, dalla preghiera per la fine del Ramadan alle bandiere del "Movimento l´Italia": nei video ci sono momenti di tensione, ecco dei primi piani della signora, ma botte non se ne vedono proprio.
La Digos consegna oggi un rapporto in Procura, anche perché, nel frattempo, Abdel Hamid Shari, a nome di tutti i fedeli, ha denunciato la Santanché per turbativa di funzione religiosa autorizzata. E non solo: «Con tutte le tv e i fotografi che c´erano, speriamo - dice Shari - che qualcuno abbia ripreso la violenza contro la signora. A noi non piacciono i violenti, e nemmeno i bugiardi». Anche se il caso non è chiarissimo, due ministri, Mariastella Gelmini e il titolare degli esteri Franco Frattini, scendono in campo: «L´omicidio di Sanaa pochi giorni fa e l´aggressione a Daniela Santanché, cui va la mia solidarietà, sono segnali pericolosi e preoccupanti - dice Frattini - di un´immigrazione che fatica a riconoscere i diritti umani. Non è qui in discussione il principio sacrosanto della libertà religiosa ma la prospettiva dell´integrazione la cui strada sembra lunga e lontana».
Se di fronte a un referto medico che parla di costola incrinata e venti giorni di prognosi bisogna inchinarsi, proviamo però a raccapezzarci partendo da un dettaglio non trascurabile. Dopo aver preso un cazzotto che nessuno ha visto e prima di andare a curarsi, l´ex parlamentare, accompagnata dalla polizia, è entrata nella Fabbrica del Vapore. Ha chiesto e ottenuto di incontrare alcune donne velate, che erano state accolte da fischi e urla. Voleva spiegare come, dal suo punto di vista, il velo fosse non un simbolo religioso, ma un abuso.
Il dibattito, però, non c´è stato. Le risposte che ha ricevuto, in sintesi, sono queste: «Se per lei la libertà è mettersi in perizoma, per noi no», ha risposto una ragazza di seconda generazione. E una più anziana le ha risposto come risponderebbero al meeting di Comunione e liberazione: «Per noi la vera donna è la madre che ha cura dei figli, per noi la vera donna rispetta il suo corpo e lo copre».
La manifestazione della Santanché era stata in qualche modo accettata dagli islamici con queste parole: «L´hanno votata lo zero virgola zero degli italiani, vuole fare uno show sulla nostra pelle, lo faccia». Avevano organizzato due cordoni di protezione, per far passare senza confusione le donne, diventate bersaglio della Santanché per il velo. Tutto bene finché, ignaro di tutto, un capofamiglia è arrivato in auto davanti al cancello della Fabbrica. Ha fatto scendere la moglie che, all´improvviso, si è vista circondata da manifestanti che urlavano: «Via il velo». La donna s´è spaventata, uno dei presenti l´ha afferrata, per portarla via «dagli italiani» e lei è caduta. A quel punto, i poliziotti - tre furgoni, più una trentina in borghese - si sono messi tra i due gruppi. E nel centro del parapiglia, occhiali scuri, giacca lunga, c´era Daniela Santanché. Sostiene che nessuno dei suoi voleva strappare veli, ma forse è stata male interpretata. Anche l´imam, nella preghiera, ha detto a circa tremila fedeli: «Tenete i nervi saldi, non rispondete alle provocazioni».
Un inviato del cardinale Tettamanzi ha portato il saluto e l´augurio tra religioni, ma resta sullo sfondo un tema centrale: si può o no costruire una moschea nella Milano del centrodestra e della Lega? Shari non si scoraggia, sogna di candidare alle elezioni comunali, tra un anno e mezzo, una lista civica di immigrati: "Nuova Milano" (PIERO COLAPRICO)

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«Tocca all’Europa salvare le islamiche» -

Non ha paura, né dubbi, né rimorsi Daniela Santanchè. Al contrario: dopo l’aggressione subita ieri a Milano di fronte a un locale dove si svolgeva una festa islamica, il leader del Movimento per l’Italia è determinato ad andare avanti.

Altri al suo posto sarebbero titubanti, lei invece no. Perché?
«Perché non si può più tendere la mano a chi è intollerante e applica le logiche del califfato rifiutandosi di rispettare le nostre leggi. Io sono convinta che questa sia una battaglia di civiltà per liberare le donne islamiche dalla sottomissione dei clan maschili. Dovrebbe diventare la battaglia di tutti».

E la combatte compiendo gesti che gli islamici, ma non solo loro, considerano provocatori?
«La mia non era una provocazione. Sono nel mio Paese e mi sembra assolutamente normale chiedere alle autorità di far rispettare la legge 152 che vieta di nascondere la faccia. Ritengo che siano i fondamentalisti islamici a sfidare noi italiani, imponendo comportamenti semplicemente inaccettabili. Ieri sono stata aggredita, picchiata, mi hanno strappato il volantino e mi hanno buttato i brandelli in faccia. L’esperienza vissuta ieri mi ha convinto che sia giunto il momento di intraprendere nuove iniziative».

Ovvero quali?
«Intendo promuovere una Conferenza europea per tutelare i diritti delle donne musulmane. L’Unione europea non può continuare a muoversi in ordine sparso. Basta leggere i giornali per rendersi conto che tutti i Paesi si trovano di fronte agli stessi problemi, dunque la soluzione deve essere comune».

 sufficiente vietare il burqa?
«La Francia lo ha proibito da poco ed è significativo che Sarkozy abbia sentito l’urgenza di agire in questa direzione. Io propongo di andare oltre e di elaborare una Carta che tuteli i diritti delle islamiche e sancisca il rispetto dei nostri valori. Chiederò al ministro Frattini di farsene carico a livello comunitario e solleciterò la collaborazione dei Paesi arabi più evoluti, a cominciare da quello del Marocco».

La sua è una guerra contro l’Islam?
«Assolutamente no e voglio dirlo con chiarezza: io non mi batto contro una religione, ma in difesa di donne che non hanno nessuna libertà. Sanaa è appena stata uccisa e sua madre non può piangerla, né prendersela con l’uomo che le ha strappato sua figlia. sottomessa, segregata. Sa quante donne col burqa ho visto ieri alla festa islamica?».

No, lo dica lei...
«Decine, in una moderna città europea come Milano. E praticamente nessuna di loro parlava italiano. Quando sono entrata ho dovuto dialogare ricorrendo un interprete, un uomo naturalmente, che traduceva dall’arabo all’italiano e viceversa, mentre intorno a noi ragazzini di 13-14 anni ci controllavano facevano gesti per indurle a non parlare, intimidivano e già comandavano delle donne adulte. E questo non è accettabile».

Ma c’è chi pensa che gradualmente, ricorrendo al dialogo si possa risolvere tutto...
«Per dialogare bisogna essere in due e finora non vedo reciprocità. Noi tendiamo la mano e loro permettono che le moschee vengano guidate da personaggi che nei Paesi d’origine vengono considerati addirittura dei terroristi. Fanno in Italia quel non potrebbero mai fare a casa loro. Cosa aspettiamo a reagire? Vogliamo perdere la nostra libertà?».

E allora come si risolve il problema degli imam?
«Stabilendo regole certe, come chiedo da tempo. Ad esempio: un registro dei predicatori e la trasparenza assoluta sui bilanci delle moschee e dei centri culturali. Dobbiamo sapere chi li finanzia e come».

Pensa che questa volta il suo appello verrà ascoltato?
«Io mi rivolgo a tutte le forze politiche: la Carta dei diritti delle donne islamiche deve essere un valore condiviso, tuttavia rabbrividisco quando sento dei magistrati invocare le attenuanti culturali per delitti come quello di Sanaa a Pordenone o di Hina nel bresciano. Di fronte ad atrocità come queste non ci possono essere scusanti di alcun tipo. Basta con il finto buonismo e la falsa solidarietà».

Ma le donne islamiche ancora non si ribellano...
«Sono terrorizzate. Osservo i loro sguardi e li scopro pieni di paura. Non osano ribellarsi, dobbiamo farlo noi per loro. Un giorno ci ringrazieranno».