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 2009  settembre 19 Sabato calendario

Lunga coda bionda, pallide e magre. In passerella le modelle «extra-slim» - 
Alte, bionde e secche-secche con la coda di ca­vallo tiratissima e la pelle bian­ca e lucida

Lunga coda bionda, pallide e magre. In passerella le modelle «extra-slim» - 
Alte, bionde e secche-secche con la coda di ca­vallo tiratissima e la pelle bian­ca e lucida. Oppure: alte, bion­de e secche (una sola volta) con chiome vaporose sulle spalle e la carnagione ambrata. Le due facce della «nuova» (si fa per di­re) American Beauty espresse in chiusura delle sfilate newyorkesi da due griffe ameri­cane purosangue: Calvin Klein e Tommy Hilfiger. Alias, East Coast e West Coast, dunque Hampton e California.

Da Calvin by Francisco Costa è tutto un gioco di architetture e volumi grazie a tessuti impal­pabili, garze, lini, cotoni trattati che paiono quasi carta e dun­que in grado di tenere forme, pieghe, arricciature. 

Abiti quasi tutti a canotta e tailleur (blazer e pantaloni). Co­lori? Ma bianco, fedele al culto del «clean», cioè pulito. Qual­che beige, cenni di grigio, spruzzate di nero e nel finale giallo, verde e azzurro, «sbiadi­ti » però. Ai piedi sempre una sorta di sandalo con zeppa di le­gno, un po’ geisha. E c’è nel­l’aria un certo non so che di orientaleggiante, quasi una na­turale evoluzione degli abiti ori­gami della scorsa stagione. Sen­za mai perdere di vista il dna della griffe, sportivo e yankee, coda di cavallo compresa, una tendenza da registrare. Prende­re nota. Si è vista un po’ ovun­que. Sul capello lungo, soprat­tutto. Coda tiratissima e alta. Non più bassa e morbida, altez­za nuca. Che è anche un truc­chetto antichissimo per ma­scherare le prime rughe. Il mal di testa? Com’è quel detto delle nonne? Chi bella vuol apparire un po’ deve soffrire. E coda di cavallo sia.

Sciolte le trecce morbide da Tommy Hilfiger, la sua è una collezione da manuale dell’ame­ricano bon ton, della ricco­na- sempre-abbronzata che baz­zica le spiagge della California: short e sahariane, kaftani e ca­micie di raso, mini-abiti e robe manteau, blazer e pantaloni ma­schili. Tacchi alti e cinturoni. La sera il trionfo degli abiti sire­na scivolosi e scivolati. Colori sicuri: dal blu all’azzurro pisci­na, dall’ecrù sabbia all’oro del sole poi rosso e bianco. Facile e vendibili. Molto «Oh yeah!». 

Comunque da Calvin a Tom­my per lo più sempre una don­na «wasp», cioè ancora bianca, sassone e protestante. E chi si aspettava un cenno all’Obama style è rimasto deluso. Forse i primi giorni, con tutti quei colo­ri e qualche curva in più. Poi più nulla e addirittura oltre: di curve neppure l’ombra. Tant’è che al termine dell’ultima sfila­ta fuori dai tendoni di Bryan Park (quartiere generale della Fashion Week) un giornale free press «WWW.D», Worlwide Womens Wear Digest, denun­ciava: «La magrezza è tornata e con lei le modelle punta-spilli con spalle come lance, braccia come pesche rinsecchite e facce emaciate e scocciate». Con un pesante commento di Iman, l’ex modella, la prima di colore a conquistare le copertine, mo­glie di David Bowie, donna to­sta: «Mi pare di stare nel mio maledetto Sudan e mi assale la malinconia». 

 vero, le top scelte a questo giro e in questi ultimi giorni erano molto magre e tirate. Gio­vanissime, alcune. Anche quat­tordicenni (negli States è per­messo). Ma non solo loro, persi­no Carmen Kass, di nuovo in pi­sta a 30 e passa anni, ha mostra­to un fisico asciuttissimo. Non è un caso che proprio ieri da Londra, dove oggi si sposterà il carrozzone della moda, il «Ro­yal College of Psychiatrists», l’associazione degli psichiatri, ha lanciato l’allarme «anores­sia » denunciando soprattutto quei siti web che l’inneggiano (come Facebook) dispensando consigli su come resistere ai crampi della fama o su cosa mangiare per non ingrassare e ha invitato gli organizzatori del­le fashion week a vietare alle modelle troppo magre di sfila­re: «Perché – hanno motivato – le passerelle sono vetrine dell’immagine per le ragazzine, nel bene e nel male». Taglie ed espressioni, perché è anche ve­ro che gli atteggiamenti impo­sti per copione (e contratto) cer­to non aiutano: in molti défilé mai un sorriso o un cenno di se­renità. E anche questo fa.