Enrico Marro, Corriere della Sera 13/09/2009, 13 settembre 2009
ZERO PERMESSI, LA NUOVA VITA DEL PILOTA BERTI
Un anno fa, di questi tempi, Fabio Berti stava tutti i giorni in televisione. Spopolava a Porta a Porta mentre Max Giusti ne faceva la caricatura del piacione a Quelli che il calcio . Il leader dei piloti Alitalia divideva l’opinione pubblica. Da una parte chi lo prendeva di mira come simbolo dei privilegi dei piloti della compagnia pubblica. Dall’altra – meno per la verità – chi solidarizzava con una categoria che ancora gode di un notevole status sociale, simpatizzando col giovane comandante per il quale già si ipotizzava una carriera da attore. Oggi Berti, 43 anni, è ancora presidente dell’Anpac, il primo sindacato dei piloti. Ma, nell’Alitalia privatizzata, vola, per sua stessa ammissione, «il doppio delle ore che volavo prima» e guadagna «il 25% di meno». Questo perché è cambiata la gestione, ma soprattutto perché Berti non è più in distacco sindacale.
L’Anpac, infatti, non ha mai firmato gli accordi col governo e con l’azienda guidata da Roberto Colaninno e Rocco Sabelli, e quindi non ha «agibilità sindacale». L’Alitalia non riconosce l’Anpac, che così non ha diritto a distacchi, permessi, assemblee. Risultato: Berti, come gli altri dirigenti sindacali dell’Anpac e delle altre due organizzazioni che finora non hanno firmato gli accordi (Up e Sdl), lavora a tempo pieno e l’attività sindacale la svolge «in quelli che dovrebbero essere i giorni di riposo».
Non si lamenta Berti, perché, spiega, «amo volare». Ma non può fare a meno di guardare con una certa invidia i colleghi sindacalisti di quelle organizzazioni (Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Avia, Anpav) firmatarie delle intese, i quali attraverso distacchi e permessi possono meglio conciliare lavoro e sindacato. Cosa che presto accadrà anche ai dirigenti dell’Up, l’altra associazione dei piloti, che martedì andrà a Palazzo Chigi per firmare il «Lodo Letta» del 31 ottobre 2008 e tutti gli accordi successivi. «Un errore», dice Berti, che aggiunge: «Noi non firmeremo fino a quando non sarà risolto il problema dei piloti licenziati e di quelli non assunti solo perché sono stati al centro delle lotte del 2008». Un anno dopo si rompe così il fronte che aveva visto insieme l’Anpac di Fabio Berti e la più piccola Up di Massimo Notaro. Persero quella battaglia e anche per questo Berti sembra non avere nostalgia: «Era difficilissimo gestire tutto quell’apparato mediatico, con la gente che allora, ma anche oggi, spesso associa i piloti solo a presunti privilegi, come la macchina dell’azienda che ti viene a prendere a casa e che adesso non c’è nemmeno più». Si erano sostenuti a vicenda Berti e Notaro e poi avevano perfino intrapreso un percorso di fusione, arrivando vicini a un sindacato unitario dei piloti: Italy Alpa. Ma all’ultimo momento il progetto è saltato per dissensi su chi avrebbe guidato la nuova sigla. E Anpac e Up hanno preso strade contrapposte.
Oggi l’Up non è guidata più da Notaro, che è andato in pensione, ma da Roberto Golabeck, eletto a luglio col sostegno dello stesso predecessore. E ha deciso di rientrare al tavolo dell’azienda «in un clima di dialogo sereno», spiegano i suoi dirigenti. L’Anpac, invece, ha stipulato a sorpresa un patto federativo con la Filt-Cgil, che ha dato vita all’Ipa, Italian pilots association, che entro l’anno eleggerà il suo presidente. L’Alitalia non riconosce l’Ipa, ma ha regolari relazioni con la Filt, che ha firmato gli accordi. E poiché il capo dell’Ipa avrà anche la tessera Filt, ecco che l’Anpac potrà ritornare, sotto diverso nome, al tavolo con l’azienda e ottenere l’«agibilità sindacale». Senza la quale è dura sopravvivere.