Pier Luigi Bersani, Il Sole 24 Ore, 13/9/09, 18 settembre 2009
Ringrazio davvero Miguel Gotor per il suo articolo sul Sole 24 Ore del 12 settembre («Il "bersanese" non è moderno») e per l’attenzione che mi ha riservato ma, ovviamente, non posso essere d’accordo su tutto
Ringrazio davvero Miguel Gotor per il suo articolo sul Sole 24 Ore del 12 settembre («Il "bersanese" non è moderno») e per l’attenzione che mi ha riservato ma, ovviamente, non posso essere d’accordo su tutto. In questa fase politica mi predispongo ad una narrazione fatta ovviamente di cose che non ci sono più e che hanno tuttavia lasciato tracce e significati; fatta altresì di cose che ci sono ancora e che risultano invisibili a una sedicente modernità intenzionata a ridurre al silenzio pezzi interi di realtà. Bisognerebbe discuterne a fondo. Mi limito a un paio di precisazioni. Ogni essere umano possiede varianti di linguaggio in ragione del contesto. Non vorrei proprio essere io inchiodato a una variante sola (il «bersanese») e caricato cioè di una caricatura. Ho frequentato più di altri assemblee controverse di piccoli imprenditori. Tutto si può dire, ma non che non mi capissero o si sentissero estraniati dal mio linguaggio. Mi risulta esattamente il contrario, e gradirei che Gotor verificasse. Oso infine sperare che se Catone o Cicerone ai quali Gotor allude, potessero osservarci, non imputerebbero proprio a me, fra i politici italiani, la colpa di non padroneggiare gli argomenti (Catone per altro, scrivendo di storia, fu il primo a sostituire il greco con il latino, immagino per farsi capire). Il modernissimo problema di ogni partito progressista è come non essere percepito elitario, giacobino e iper-razionale, senza per questo diventare populista o vacuamente retorico. Ci vuole il profilo di un partito popolare dei tempi moderni. Un partito che sappia dire qualcosa di concretamente nuovo al paese e che possa attingere a un sistema concettuale ed emozionale precedente alla proposta politica e programmatica. Damocle non c’è più e la sua spada neanche, ma la spada di Damocle delle semplificazioni populiste è sempre sopra la nostra testa; non la toglieremo di lì se non avremo una diffusa leadership progressista capace di mettersi al di sotto delle sue solennità.