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 2009  settembre 17 Giovedì calendario

Centri benessere orientali, ovvero massaggi mania - Può succedere anche questo. La scena si svolge in uno dei circa 130 locali di massaggi cinesi (due anni fa erano meno di dieci)

Centri benessere orientali, ovvero massaggi mania - Può succedere anche questo. La scena si svolge in uno dei circa 130 locali di massaggi cinesi (due anni fa erano meno di dieci). Che a Milano spuntano come i funghi. Angela, dice di chiamarsi così, ma è cinese, massaggia con fare lento e mirato. Prima la schiena, poi il torace, poi le gambe, sempre più vicino alle parti intime. La camera è semplice, le pareti sono colorate di rosa, il lettino al centro, alle pareti i soliti quadri di donne cinesi, un fiore di plastica sul tavolino e due o tre boccette di oli e creme. Quando l’ora sta per finire, Angela chiede se deve continuare a massaggiare, anche lì. Indica i genitali e con le dita mima il gesto dei soldi. In gergo si chiama ”extra”. Quanto? «Cinquanta eulo», spara. «Troppo». «Quaranta?», abbassa le pretese. «No, non ho soldi, la prossima volta magari», rispondiamo. E dato che il prezzo del massaggio comprende anche il bagno in vasca, Angela, un po’ delusa, dice di seguirla. Scivoliamo nella tinozza, l’acqua è bollente. Ricomincia il massaggio-lavaggio. E’ come essere lavati dalla mamma da piccoli. ascelle, braccia, petto, gambe, piedi. Lei però non è una mamma e si avvicina alle parti intime, sorridendo con malizia. Pensiamo, «che fa ci riprova?». Pare di sì. I movimenti sono inequivocabili. Il gesto della mano fa capire di voler fare il servizio. «No, grazie, te l’ho già detto, non ho soldi...». «Ma è gratis, regalo della casa», risponde seccata e decisa a portare a termine il lavoro. Dobbiamo prenderle la mano, fermarle il braccio per bloccarla. Può succedere anche qusto, a Milano. Che Angela non riesca a farsene una ragione. Molti uomini, dice, vanno lì per il massaggio con lo ”special”, la sorpresa finale, l’happy-end, come lo chiamano i frequentatori di centri. L’happy-end è una sorta di prestazione sessuale nascosta, mascherata dai fiori, dai pannelli rosa, dai lettini tutti uguali, dagli odori di unguenti, dalle parvenze di massaggi. E’ l’extra che intasca la signorina. Il post-massaggio, che gli internauti, quelli che si scambiano recensioni e informazioni sulla rete, chiamano falegnameria o raspa (masturbazione) o chupa-chupa (sesso orale). rapporti completi, no, almeno non nei centri. Quello dipende dalla frequenza, dalla capacità del singolo di riuscire a creare un contatto con la ragazza. A Milano e hinterland abitano qualcosa come 35mila cinesi, tra regolari (la maggior parte) e no. Per chi vive la città, chi la gira, può notare a occhio la metamorfosi urbana: i centri massaggi benessere nascono come funghi. Non c’è quartiere, via, che non ne abbia uno, Solo nell’ultimo mese ne sono sorti una quarantina. Stando ai dati della Camera di Commercio di Monza e Brianza le imprese cinesi a titolo indviduale sono 57 (erano 7 due anni fa). Molti altri centri sono registrati con diverse forme giuridiche. In realtà, sommando gli indirizzi forniti dalla Camera di Commercio e quelli che si ricavano dagli annunci su Internet e sui depliant lasciati sulle auto, si arriva a 130 locali. Un cinese milanese, Luca, che da anni gestisce un bar di successo in pieno centro, spiega la trasformazione sociologica: «Vent’anni fa alle donne cinesi che volevano venire in Italia dicevano; dovete imparare a cucire e a fare le borse, Oggi consigliano di imparare a fare una piega ai capelli e i massaggi». Siamo in via Negroli, al centro Fior di loto. E’ fine agosto, la città è ancora deserta. Difficile trovare qualcosa di aperto. Ma per i massaggi cinesi c’è solo l’imbarazzo della scelta. Diamo un’occhiata alla lista dei prezzi, impressi a grandi caratteri sulla porta d’ingresso: 30 euro un’ora di massaggio rilassante con olio, il rassodante 20, la pedicure speciale 20. Entriamo. Ci ricevono tre ragazze. «Fare massaggio? Prego. Prima volta?», e indica con la mano la stanza. L’arredo è quello standard, pareti rosa, luci basse. Il locale è piccolo ma ben tenuto, al centro un lettino che fa molto sala operatoria. La massaggiatrice srotola un telo di carta e fa il buco dove inseriremo il volto a testa in giù. «Prego», la ragazza ci porge il perizoma d’ordinanza. Esce, rientra subito. Chiusa la porta dice a bassa voce: «Dobbiamo parlare». E parliamo. Di cosa? «Un’ora 30 euro, ma con 50 fare massaggio a quattro mani. E’ più rilassante». La ragazza dice di chiamarsi Lisa, da tre mesi in Italia, parla la lingua come quasi tutte le altre: pochissimo. Accettiamo il quattro mani. Un’altra cinesina entra proprio mentre Lisa stava alzando le nostre gambe all’altezza delle sue spalle. E tocca, strofina di qua e di là. L’altra massaggia torace e testa, ride, fa qualche domanda («Quanti anni hai? Sei sposato?») e lancia l’offerta del giorno: «Io fale soli 5 minuti di thailandese, glatis. Ok?». Che sarà mai? Lo capiamo subito: un massaggio alle parti intime. «Rilassati», dicono le due ragazze, «sei teso». Ma come si fa? Alla fine arriva la domanda, l’extra. «Ancora massaggio?». No grazie. sarà per la prossima volta. Nel lungo elenco di centri da visitare puntiamo verso il triangolo viale Monza, via Padova, via Venini. Questi sono quartieri ad alta densità di stranieri. Spesso le moschee e le macellerie islamiche sono a fianco dei ”centri del peccato”. Puntiamo a quello di viale Monza 243. Si sale al primo piano, i locali sono confortevoli. Ci sono solo due ragazze, molto carine. Una è in pantaloncini cortissimi, l’altra in minigonna. «Massaggio?», la domanda è sempre la stessa. «Prego. Completo? 50 euro, oppure...». Oppure? La ragazza va subito al sodo. «Con 80 euro il massaggio dura 30 minuti ma è completo». Intende: corpo, torace e genitali. La direzione della mano non lascia dubbi. Esce, torna con un bicchiere di acqua e spazientita ordina: «Togliere maglietta, prego. Pantalone. Anche slip». Sembra di essere dal dottore. Siamo sul lettino. Qualche colpetto alla schiena, spalla, e dopo cinque minuti si passa al lato B. «Gilale». Ci informa che sulla ricevuta scriverà solo 50 euro. Per l’extra, 30 euro, chiede i soldi subito. In viale Monza al 243 la cosa è esplicita. Ma non sempre è così. L’happy-end è un affare che si può concordare, può essere una richiesta del maschio o un’offerta della donna. Ci sono gesti, segni e linguaggi che vanno interpretati. Se vi danno il perizoma e la massaggiatrice esce e prima di rientrare bussa due volte, capite che lo special non è scontato. Che anzi non c’è. Centotrenta locali a Milano significa avere sul mercato della manodopera oltre 400 ragazze che lavorano dalle 10 alle 24. Fonti della polizia dicono che sono in gran parte clandestine. la forte proliferazione si spiega con i costi di gestione bassissimi. La resa è massima. «Ha notato», dice il cinese milanese di successo, «che da un paio di anni i cinesi non aprono più ristoranti e sempre meno sono i laboratori di tessile e commercio?» Con un capitale iniziale di 20mila euro si possono ristrutturare due o tre stanze. Le spese poi sono minime: solo un lettino e la pulizia la fanno le ragazze. Il proprietario non scuce un euro di stipendio, perchè la paga è a percentuale su ogni massaggio: il 40 per cento va alla massaggiatrice, il 60 al gestore. L’eventuale ”extra” lo intasca tutto la ragazza. Sobo le 22:30 di sera quando arriviamo al centro di via Mac Mahon. Alla cassa un uomo. Di fronte sei ragazze sedute allineate. Massaggio? «Prego». Lucy (dice di chiamarsi così) indica le ciabattine di plastica. Passiamo davanti ad altre due ragazze stravaccate sui divani. Una legge, l’altra gioca con il computer, Ai lati una serra di fiori di plastica. «Fare massaggio con vasca?». La camera è grande, c’è la vasca e accanto un letto futon a due piazze. Per un’ora tutto procede regolarmente. Sale e scende dal corpo anche con le gambe. Il massaggio è thainlandese, dice, più bello. Lucy prende la mano e legge: «Tu avere molti soldi». Non è esplicita. Il primo segnale però che siamo a una svolta parte quando tocca i capezzoli. Ci gioca. Il secondo arriva nella vasca da bagno. «Prego si alzi, sciacquare, fare doccia». Ci alziamo e, senza richiesta, sfila il perizoma. Lasciamo Mac Mahon e ci dirigiamo verso la Chinatown milanese, zona Sarpi. Via Giusti, ore 24. La strada è poco illuminata. L’unico neon acceso è quello di un’insegna a forma di quadrato: massaggio cinese. Non ha le vetrine a piano terra. Suoniamo un campaello. Si apre il portone. Saliamo al primo piano, si presenta una donna, sulla quarantina. Strofina gli occhi. stava dormendo. «Massaggio?». Accende le luci, l’arredo è diverso dal format di nuova generazione. I colori delle pareti sono sull’azzurrino e ospedale, ci sono un lettino, un lavandino, un tavolino e un pettine nero. «Prego, spogliare». La donna si lava il viso. Il silenzio è assoluto. Mezzanotte è già passata. Nella stanza di fianco qualcuno sta dormendo, russa. Gli orologi alle pareti segnano il tempo. Dopo un’ora il massaggio finisce. Nessun segnale, niente erotismo. Gli internauti sui forum spiegano che quando ti trovi di fronte una donna (matura) difficilmente ci scappa l’happy-end. In via Giusti c’è solo un pezzo di Cina: volete fare un massaggio alle tre del mattino? Vi apriranno. Nei centri orientali si lavora tutti i giorni. Non c’è la pausa. Ma è sempre meglio che lavorare 12 ore di filata in un ristorante. O rovinarsi le mani in una pelletteria. I guadagni sono più alti. Se una ci sa fare, può ricavare duemila euro al mese. Via Napo Torriani è a due passi dalla stazione Centrale. Il menù propone (pure) massaggi giapponesi. Il format è solito: vetrine rosa, foto di donne orientali beate sul lettino. La ragazza che ci prende in consegna si chiama Sofia. E’ loquace. «Come ti chiami? Quanti anni hai? Sei sposato? Io no sposata, cinque mesi in Italia, italiani belli, anche tu bello». Massaggia lentamente, si concentra sulle cosce. Alla fine parte la domanda: «Vado avanti?», e con la mano indica quattro. «Quaranta? Troppo». Ora le dita sono tre. «Trenta?» Diciamo no, che abbiamo solo 15 euro. «Ok. ma fai silenzio, plego, se no mi uccidono». Per capire se nel centro si pratica o meno lo special, occorre fare attenzione a tre elementi. La ragazza vi dà subito il perizoma ed esce dalla stanza. Bussa prima di entrare. Il massaggio è lontano dalle zone ”calde”. Via Leoncavallo, la Fantasia di Tokyo. Alla porta c’è un uomo. Chiama una ragazza. «Massaggio? Anche con vasca?». La stanza è accogliente, arredo vagamente giapponese, non c’è il lettino con il buco. Solo un futon. «Prego», e ci allunga il perizoma, chiuso nella bustina di nylon. Non esce dalla stanza. A metà massaggio inizia l’avvicinamento al perizoma. E’ il segnale. Nella camera accanto si sente bisbigliare. I rumori sono di varia natura. Voci di uomini, risatine, tv accese e acqua che sgorga dai rubinetti. In via privata Moldovì ci arriviamo all’ora di pranzo. Sotto un porticato c’è il centro Diamante Rosso. All’entrata cinque ragazze sono sdraiate su poltrone e divani. «Massaggio?». nelle stanzette c’è l’essenziale. Pareti rosa, lettino al centro, odore di bucato. «Vasca?». No, grazie. «Un’ora?». E arriva la controproposta, ce n’è sempre una. «Massaggio lomantico (romantico)? 30 minuti, 40 euro». Ci mancava. Aspettiamo l’arrivo del perizoma. Non c’è. Restiamo in mutande? Fa segno di toglierle. Non serve per il massaggio romantico. Cos’è? Le solite parti intime. Unica variante: una strizzata ai capezzoli. Di tanto in tanto.