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 2009  settembre 18 Venerdì calendario

HINA, SANAA E QUELLE MAMME CHE NON VORREMMO ASCOLTARE



La mamma di Hina e la mamma di Sanaa l’hanno detto entram­be: che assolvono i loro mariti assassini, che li perdonano, che sono state le ragaz­ze a perdere la testa, a comportarsi male. Avranno anche sbagliato le povere ragaz­ze, perché andare a vivere con il fidanzato sarà certo una vergogna per una famiglia musulmana, un po’ come lo era, fino a 50, 40 anni fa, o anche meno, per una fami­glia italiana, ma ammazzarle per questo è imperdonabile, soprattutto da parte di una madre che, per istinto, per cultura an­tica e immutabile dovrebbe proteggere, sostenere, difendere i figli anche contro i loro padri, se occorre.

Non può essere vero che le madri com­prendono chi ha sgozzato le loro ragazze come pecore, lo diranno perché glielo hanno messo in bocca, perché le hanno convinte o costrette, lo diranno per paura perché gli assassini un giorno usciranno di prigione e perché intorno ci sono co­gnati, fratelli e zii, uomini del clan che le sorvegliano. Ma non può essere vero che perdonano per altri motivi ancora, più prosaici ma non meno drammatici: finen­do in prigione per anni e anni, questi due uomini hanno gettato sul lastrico le loro famiglie, privandole dello stipendio che le faceva vivere. E se dopo tutto fosse tragi­camente vero, che davvero voi infelici ma­dri di Hina e di Sanaa scegliete di stare con gli assassini, non dovete dirlo non so­lo perché è quel che vogliono sentire colo­ro che soffiano sul fuoco dello scontro di civiltà, ma anche perché risulta incom­prensibile e insopportabile a noi tutti e perché rischia di seminare il dubbio che le distanze culturali siano troppo, troppo grandi.

Storici e sociologi ci hanno sempre assi­curato che saranno le donne islamiche a gettare il ponte sul fossato che ancora ci divide, noi e loro, perché prima o poi si vorranno scrollare di dosso l’antica regola crudele di cieca sottomissione agli uomini di casa, agli atavici precetti tribali, al Cora­no reinterpretato secondo il capriccio del più forte. Nonostante le dichiarazioni del­le due infelici madri vorremmo continua­re a credere che non potrà essere che così.