Aldo Grasso, Corriere della Sera, 18/09/09, 18 settembre 2009
Nella tv di Stato e a Mediaset serve recuperare in pluralismo - 
Nulla di fatto al Cda Rai, i cui lavori sono stati abbreviati e influenzati dall’attentato di Kabul in cui hanno perso la vita sei militari italiani
Nella tv di Stato e a Mediaset serve recuperare in pluralismo - 
Nulla di fatto al Cda Rai, i cui lavori sono stati abbreviati e influenzati dall’attentato di Kabul in cui hanno perso la vita sei militari italiani. Solo «una discussione breve e dai toni pacati», anche se nella questione Vespa-Floris, i consiglieri di centrodestra hanno difeso l’operato della direzione generale e quelli di centrosinistra l’hanno criticato. Davvero? Dov’è la notizia? Il Cda Rai è l’organismo del nulla di fatto. Nel senso che i giochi si fanno fuori, nelle sedi dei partiti; in viale Mazzini si ratifica, e basta. Non è richiesta alcuna competenza specifica per far parte dell’organismo; basta e avanza la fedeltà al politico di riferimento. Questo ormai è il destino storico del Servizio pubblico, fino a poco tempo fa la più grande industria culturale del Paese e oggi un confuso carrozzone al servizio del vincitore di turno. E non si dica che la colpa è solo di Silvio Berlusconi perché, negli anni, la sinistra si è comportata alla stesso modo, con altri alibi, spesso ancora più pretenziosi.

 Difficile anche intravedere una via d’uscita: l’ideale sarebbe ridurre la Rai a una rete e privatizzare il resto, ma, di questi tempi, è ancora più difficile intravedere un comparatore. Nel nostro Paese, l’informazione tv non se la sta passando bene: il clima è avvelenato, le notizie lasciano il posto ai pregiudizi, i direttori dei tg bisticciano per mezzo punto di share e non si preoccupano più della qualità dei loro notiziari. Che è molta scarsa: è dai tempi della tv in bianco e nero che non si assisteva a tanto appiattimento. Tant’è vero che un notiziario in stile Ansa come SkyTg24 viene scambiato per un covo di eversivi. E una parola come «pluralismo » suona oggi come una vuota carcassa, tenuta in piedi solo dall’ipocrisia e dalla mancanza del senso del ridicolo. 

I giornalisti, i direttori dei tg, il Cda della Rai, noi tutti ci illudiamo, come il barone di Münchhausen, di sollevarci da terra afferrando i nostri i capelli, di vedere le cose dall’alto, di essere super partes. E invece ci troviamo immersi in un’informazione che ha dimenticato che il compito del giornalista non consiste nel convincere lettori e ascoltatori che sta dicendo la verità, bensì nell’avvertirlo che sta dicendo la «sua» verità. Le news Rai, poi, sono storicamente cresciute sotto l’egida di ferree regole di travestimento e di manipolazione (l’ossessivo dosaggio delle notizie, la dislocazione sapiente delle notizie scomode, ecc.) per cui mostrano difficoltà ad affrontare i cambiamenti che l’attualità impone. Ma anche a Mediaset non scherzano.

 Esistono gravi problemi che travagliano l’informazione tv mondiale (celebre una frase di Dan Rather: «In video non si possono più fare interviste cattive, né inchieste spietate; bisogna leccare i c..., compiacere le masse, nel nome dell’audience non irritiamo più nessuno»), ma i nostri tg sembrano ancora più deficitari, per eccesso di zelo. Lasciamo perdere il mito della sacralità della notizia, ma quando è difficile essere obiettivi sarebbe molto meglio essere onesti.