Fabrizio Roncone, Corriere della Sera, 18/09/09, 18 settembre 2009
I parà sempre in missione: vogliamo morire combattendo - 

 Il comandante Benito Milani pensa che in cielo ora ci sono sei angeli con il basco amaranto
I parà sempre in missione: vogliamo morire combattendo - 

 Il comandante Benito Milani pensa che in cielo ora ci sono sei angeli con il basco amaranto. un pensiero dolcissimo. I nostri parà hanno queste facce ossute, dure, queste spalle larghissime, questi occhi di ghiaccio: ma adesso, al tramonto, ammainano una bandiera tricolore che per tutto il giorno è rimasta a mezz’asta. stato un giorno lungo e pesante, faticoso, qui nella caserma del 186˚ reggimento paracadutisti Folgore, 5˚ battaglione El Alamein. Un giovane caporale si volta e, a voce bassa, chiede: «Conosce la nostra preghiera?». No. « bellissima... Ad un certo punto, dice: ’Se è scritto che cadiamo, sia’».

Le donne dei paracadutisti questa preghiera la imparano dopo il primo bacio. La moglie del tenente Antonio Fortunato la conosce a memoria e quando, alle 10,20 del mattino, si siede al computer e si collega a internet, intuisce che certe preghiere non vengono scritte per caso. Legge: attentato a Kabul. Ha un brivido, un presagio di morte. Vive a pochi chilometri, a Monteriggioni, località Badessa, con una bambina di 7 anni; le dà un bacio, sale in macchina e vola qui; a passo svelto, varca questo cancello.

 La vedono entrare con gli occhi lucidi. «Però – racconterà un caporale di picchetto all’ingresso – aveva la voce ferma e, soprattutto, non piangeva ». Si chiama Giovanna, è un’insegnante precaria. «Ho saputo, ho letto che a Kabul c’è stato un attentato... fatemi parlare con il comandante... subito, porca miseria, subito!... Ho uno schifo di presentimento...» .Il comandante Milani ha da poco ricevuto una telefonata dallo Stato Maggiore. Secca. Il succo è questo: attentato a Kabul. Un kamikaze contro due nostri blindati Lince. E a bordo dei blindati c’eravate voi della Folgore. Ci sono morti. Molti. Almeno sei. Tra loro, il tenente Fortunato.

 E ora il comandante Milani ha di fronte, dall’altra parte della scrivania, la moglie. «Signora... ». un problema di parole, in apparenza. Ma lei già singhiozza, perché ha capito. Entra un capitano, poi ecco due tenenti. La prendono, hanno muscoli d’acciaio che diventano di seta. La convincono a bere un bicchiere d’acqua. La calmano. Le parlano all’orecchio. Le spiegano che ora suo marito è nel gran girone degli eroi. Che poi quello della Folgore è un girone speciale. C’è Pasquale Baccaro, che il 2 luglio del 1993 morì in Somalia, a Mogadiscio, in quell’inferno del check-point «Pasta ». Ma soprattutto ci sono le centinaia di parà che ad El Alamein (località che ispira il nome del battaglione, con annesso, oggi, stupendo sacrario) Africa Settentrionale, autunno del 1942, scrissero per sempre il loro nome nella leggenda d’ogni guerra. una leggenda che la signora Giovanna forse neppure conosce. Ascolta torcendosi le mani, e singhiozzando, e tirandosi, di tanto in tanto, i capelli. Loro, i parà amici del suo tenente, con voci volutamente, delicatamente esili se paragonate ai fisici massicci, le raccontano del comportamento epico che, appunto ad El Alamein, ebbe la divisione Folgore. Le spiegano, nei dettagli, una battaglia impossibile. Con l’Ottava armata inglese che nel deserto aveva schierato la settima divisione corazzata e tre divisioni di fanteria, per un totale di circa 50 mila uomini: con 400 pezzi di artiglieria, 350 carri e 250 blindati. Noi, noi italiani per contro schieravamo 3.500 paracadutisti, più altri mille fanti, una ottantina di pezzi d’artiglieria, 5 carri (di produzione tedesca), munizioni e viveri razionati. In sintesi, i rapporti di forza erano: di 1 a 13 per gli uomini; di 1 a 5 per le artiglierie; di 1 a 70 a per i carri. Eppure i nostri furono sublimi. 

Lei, la signora Fortunato, moglie di una probabile medaglia al valor militare, ascolta singhiozzando. Ascolta. Le raccontano dei nostri parà che senza più munizioni, per non morire di sete, lasciavano i propri avamposti ed entravano in quelli inglesi per rubare qualche tanica d’acqua. Le raccontano che dal fronte di El Alamein la Folgore si ritirò il 3 novembre 1942, alle 2 di notte, trasportando a braccia i propri armamenti anticarro. Alle 14.35 del giorno 6, dopo aver esaurito tutte le munizioni ed aver distrutto le armi, ciò che restava della divisione si arrese, ma senza mostrare bandiera bianca e senza alzare le mani ai britannici.

 Radio Londra spiegò a tutta Europa: «I resti della divisione Folgore hanno resistito oltre ogni limite delle possibilità umane». Il comandante Milani ha gli occhi lucidi, anche lui. «Questo ci valse l’onore delle armi: gli inglesi schierarono i loro reparti e ci presentarono le armi in segno di rispetto ». Ora ci ammazzano i kamikaze. « questo che ci fa rabbia – spiegano i parà del 186˚, che osservano la bandiera tricolore andare giù, al tramonto, nel gran piazzale della caserma ”. Noi vorremmo morire combattendo. Non uccisi da uno schifoso, vigliacco imbottito di esplosivo».