Maurizio Porro, Corriere della Sera 17/09/2009 Fabrizio Peronaci, Corriere della Sera 17/09/2009, 17 settembre 2009
ADDIO A EMMER, INVENTO’ CAROSELLO
morto ieri a Roma, a 91 anni, dopo un incidente stradale estivo da cui non si era ripreso, Luciano Emmer. Nel cinema fu tra i registi che avevano meglio raccontato in 8 titoli la middle class nel trapasso storico post bellico, un coro di antieroi che pagano di persona; per la tv era il papà di Carosello, non solo creatore della storica sigla creata «col siparietto, le tende, la fontana e la musica presa a caso da un documentario sulle lumache della Settimana Incom» e andata in onda il 3 febbraio ”57, ma autore in 30 anni, dal ”60 al ”90, di 1500 Caroselli, la réclame d’allora, piccoli sketch coi migliori attori, da Panelli-Erc olino (suo cult) a Fo Supercortemaggiore a Totò che faceva un brodo... doppio, da Dapporto che sorrideva Durban’s a Mina che promuoveva la birra a Noschese che beveva Ramazzotti.
Per l’arte fu, da principio con Enrico Gras con cui fondò una piccola casa di produzione, autore di documentari su Giotto, una trilogia su Venezia che fece languire Cocteau; poi Bosch, Carpaccio, Picasso che inseguì mentre dipingeva un quadro distrutto, visibile solo nel suo film. Attivo fino alla fine (documentario sulla Galleria Borghese e con Elisabetta Sgarbi una grande opera su Balthus), amico dei vecchi maestri che amava ricordare fuori dagli schemi (Antonioni e Rossellini per le signore, Pasolini per il boogie), come tutti i patriarchi celebrato ai festival (Bellaria, Torino, tre Milanesiana), Emmer era un milanese, 19 gennaio 1918. Ma crebbe a Venezia, piccolo cinefilo delle calli, adolescenza in bianco e nero; inevitabile arrivo a Roma.
Prima dell’esilio in Svizzera, Emmer girò nel 1941 un film ancora esistente sulla Romagna, Terra del Duce, che ne fu così scontento da farlo distruggere. Lasciò il cinema (secondo esilio) deluso per noie avute nel ”61 con una censura ottusa che trovò scandaloso La ragazza in vetrina,
storia di un minatore innamorato d’una prostituta di Amsterdam (Marina Vlady). Col cinema Emmer entrava nella sottigliezza infrangibile e ambivalente dei sentimenti: non era tanto rosa come dicevano i maestrini accusandolo d’essere troppo gradevole, insulto storico. Ma nel ”50 con Domenica d’agosto , proposto da Sergio Amidei, apre il filone del cine-spiaggia, osserva una fauna di varia umanità che si riversa festiva ad Ostia con malinconica frenesia dell’estate. Comparsata di Rosi aiuto regista e un Mastroianni doppiato da Sordi fra le curiosità.
Seguono altri successi, con Lucia Bosè da lui lanciata nel ”51 con Parigi è sempre Parigi , les italiens nella città del peccato; poi Terza liceo sulle cotte borghesi giovanili con stile oggi impensabile (altro che notti prima degli esami); Le ragazze di Piazza di Spagna , osservazione minuta e neorealismo al femminile, padre di ogni fiction; lo splendido Camilla che inquadra col cuore tenero di una colf la meschinità di una famiglia in rincorsa del successo; alter ego fu Mastroianni con Il bigamo
e Il momento più bello , strani racconti di famiglia. Dopo la lunga assenza tv in cui si divertì con gli spot di Fabrizi, di Baudo-Rabagliati, dei Cetra, di Chiari, Bindi, Noschese, Vianello, Emmer nel ”90 torna sul set ma l’Italia è antropologicamente mutata. Gli ultimi titoli ( Basta, ci faccio un film! , Una lunga lunga lunga notte d’amore , L’acqua... il fuoco con la Ferilli nel 2003) sono reperti: lui, che amava Balzac, diceva che i suoi film furono sempre postumi. Emmer, compagno di banco di Flaiano, Pasolini, Pratolini, fu rabdomante di illusioni e delusioni, amava le complicazioni dei semplici con qualche stoccata alle presunzioni sociali ma anche con gentile humour: oggi che si può, diamogli del commediante.
Maurizio Porro
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L’INCIDENTE E L’AMICIZIA FINITA CON GHEZZI
Fino alla scorsa primavera progettava nuove pellicole e documentari con l’entusiasmo di sempre. Stava trattando con la cineteca di Bologna un’edizione in dvd di tutti i suoi film d’arte. Poi, tre mesi fa, quello che per molti anziani è il colpo di grazia: la frattura del femore causata da un brutto incidente stradale, seguita da una broncopolmonite e da altre complicazioni. Il declino e la fine di Luciano Emmer erano cominciati così, sulla via Nomentana: un tamponamento mentre lo stavano riaccompagnando a casa.
una storia dolorosa, con un risvolto ancor più penoso: la traumatica rottura di uno dei sodalizi più tenaci del mondo dello spettacolo. Al volante dell’auto coinvolta nello scontro, infatti, c’era Enrico Ghezzi, l’inventore di «Blob» e «Fuori Orario»: il critico che più di tutti ha contribuito, anche decenni dopo le prime pellicole, alla riscoperta di Emmer. Per anni Luciano ed Enrico, nonostante la forte differenza d’età, sono stati affiatatissimi: anteprime, conferenze, compleanni, cene insieme. Fino alle 11 e mezza di sera dello scorso 11 giugno: la «600» che Ghezzi aveva avuto in prestito da Alexis Vidakis, un amico produttore, fu tamponata da una BmwX5 guidata da una donna sulla Nomentana, all’altezza di Villa Paganini.
Il «padre» del Carosello era davanti, al posto del passeggero, e fu sbattuto violentamente contro il parabrezza, riportando la rottura del femore. Ghezzi se la cavò con un grande spavento, così come un’amica francese, che era sul sedile di dietro. Sul posto arrivarono una pattuglia dei vigili e un’ambulanza. Emmer, che da allora non è più tornato a casa, dall’amata moglie di origini russe, prima fu ricoverato al Sandro Pertini. L’intervento operatorio, tecnicamente riuscito, non è però bastato a rimetterlo in piedi, anche per complicazioni polmonari serie.
Un’estate trascorsa di ospedale in ospedale (per tentare di comunicare con lui la moglie e i quattro figli scrivevano parole su una lavagnetta), fino agli ultimi giorni nel reparto di Terapia intensiva del Policlinico Gemelli, dove il decano dei registi italiani si è spento ieri mattina. E dove, con addolorata fermezza, la signora Tatiana negava le visite all’amico e sodale di un tempo.
Fabrizio Peronaci