Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  settembre 12 Sabato calendario

SolarCity - La quantità di luce solare che raggiunge la superficie della Terra in un’ora, contiene abbastanza energia da soddisfare i bisogni energetici mondiali di un anno intero », afferma Susan Hockfield, direttore del Massachusetts Institute of Technology di Boston

SolarCity - La quantità di luce solare che raggiunge la superficie della Terra in un’ora, contiene abbastanza energia da soddisfare i bisogni energetici mondiali di un anno intero », afferma Susan Hockfield, direttore del Massachusetts Institute of Technology di Boston. Non che il concetto sia sorprendente: lo sono i numeri, le quantità. Tanto che un’infinitesima parte di quella quantità diventa la metafora di un quartiere. Siamo a Linz, in Austria. qui che il sole gioca, da qualche anno, un ruolo talmente importante dal punto di vista energetico da far ragionevolmente parlare di città solare. E proprio Solar City è il nome di un nuovo quartiere residenziale a pochi chilometri dal centro di Linz, un modello esemplare di sostenibilità a costi contenuti, applicata a un intero distretto urbano. Solar City è il futuro, o meglio, dovrebbe esserlo. Siamo diventati abbastanza bravi a progettare il singolo edificio a basso consumo, la casa ”passiva” o addirittura ”attiva”. Un esempio è quella costruita quest’anno nella periferia della cittadina danese di Aarhus e ideata da Rikke Lildholdt: una casa non solo autosufficiente dal punto di vista energetico, ma addirittura in grado di produrre più energia di quella necessaria all’abitazione stessa. Se però vogliamo ottenere un vero risparmio energetico, dobbiamo ragionare, come minimo, su scala di quartiere, aspettando quella della città. E così Solar City, attraverso l’utilizzo intensivo dell’energia solare e di altri accorgimenti, è oggi il nostro fiore all’occhiello, almeno nel metodo. Non è il solo. Esperienze simili si trovano a Friburgo, nei quartieri di Vauban e Rieselfeld. E prima ancora a Londra, nel quartiere pionieristico di Bed- Zed, progettato da Bill Dunster. Dichiarata Capitale Europea della Cultura 2009, Linz può anche definirsi, al pari di quegli esempi, una delle capitali della cultura sostenibile. E può farlo da tempo, poiché il primo avvio di una politica di edilizia sociale a basso consumo energetico risale ai primi anni ”90, quando la municipalità cittadina commissionò al veterano dell’urbanistica viennese Roland Rainer il nuovo piano regionale urbano e il masterplan per un nuovo quartiere residenziale, programmato, con lungimiranza, per accogliere fino a 25mila abitanti. In quegli anni circa 12mila persone stavano cercando alloggio nella città austriaca, che però non poteva offrire spazi sufficienti all’interno dell’area urbana. Contemporaneamente, era già alto l’allarme per il consumo di combustibile fossile come principale causa dell’effetto serra. Così nacque l’idea di Solar City: un ampio progetto insediativo interamente pensato secondo criteri di eco-sostenibilità su larga scala. L’area di sviluppo designata, intorno a Pichling (7 km a sud del centro di Linz), è immersa in una regione caratterizzata da piccoli laghi e dalle paludi del Traun-Danube, uno dei biotipi naturali più grandi e continui dell’Austria settentrionale. L’architetto Thomas Herzog, pioniere della progettazione sostenibile fin dagli anni ”70, fu incaricato di coordinare un team molto qualificato di progettisti (Norman Foster, Richard Rogers, Renzo Piano, l’ingegnere Norbert Kaiser, il paesaggista Peter Latz: tutti raggruppati sotto il nome di Read, Renewable Energies in Architecture and Design). L’obiettivo era affrontare, con i principi messi a punto nei cosiddetti eco-edifici, la complessità della scala urbana in un contesto delicato. Il tutto anche grazie ai finanziamenti di Bruxelles, puntualmente erogati nel ”95 quando l’Austria entrò a far parte della Ue, e a un accordo economico con 12 imprese di costruzione no profit (margine di guadagno massimo, il 3 per cento). Sempre nel ”95 iniziò la progettazione architettonica. Nel 2001, la costruzione partì. Oggi Solar City è in parte realizzata e vi abitano circa 3.200 persone, destinate ad aumentare. La struttura è stata pianificata secondo criteri di ecologia tipici della cultura mitteleuropea: la ricerca di densità urbana, il mix sociale (prevalentemente coppie giovani) nonché una flessibilità capace di offrire diverse possibilità di fruizione degli alloggi, alcuni a libero mercato, altri a carattere sociale. Il progetto è organizzato intorno a una serie di densi nodi urbani multifunzionali, quattro nuclei disposti intorno a una piazza centrale con il Tower Centre, la struttura progettata da Auer e Weber, che riunisce servizi e attrezzature, tra cui biblioteca, centro sociale, presidio sanitario, farmacia, banche e negozi. Altro nodo a vocazione non residenziale è lo School Centre, progettato da Foster e Weismann, con scuola elementare, nursery e attività integrate (ovvero, quelli che Herzog chiama i «magneti sociali » del quartiere). Ogni area è facilmente raggiungibile a piedi, da ogni punto. L’uso dell’automobile è infatti scoraggiato (va da sé), e sostanzialmente proibito nelle parti residenziali. Una linea metropolitana leggera collega direttamente Linz-Pichling al centro della città. Una rete di percorsi ciclo- pedonali, protetti dal traffico, mette in comunicazione le varie parti del quartiere e i laghi vicini. Un vero campionario di sostenibilità applicata si dispiega negli impianti e nei dettagli: la forma compatta degli edifici, il loro giusto orientamento bioclimatico, i frangisole regolabili per la protezione in estate, le serre, i giardini d’inverno, le ampie superfici aperte o le vetrate protette da aggetti e balconi, la copertura dei passaggi pedonali con vetrate policrome e specchi riflettenti. E ancora: l’energia solare per produrre elettricità e acqua calda, la ventilazione controllata con recupero di calore, le centraline sotterranee per il riscaldamento e il raffreddamento dell’aria, la separazione delle acque di scarico e il recupero dell’acqua piovana, fino alla separazione delle urine e il loro invio ai campi agricoli attraverso l’uso di toilette speciali.  ciò che Thomas Herzog (ma non solo lui) definisce «progetto invisibile», quell’insieme di cose che fanno di un semplice edificio un vero organismo per il benessere ambientale. «Se, invece di parlare di poesia, arte ed estetica, rivolgo la mia attenzione alle problematiche del microclima interno, del consumo energetico e dell’economia, sto forse perdendo di vista l’oggetto dei miei interessi o della mia professione?», si chiedeva retoricamente in una recente conferenza. «Spero, invece, che si possa affermare che le une sono le basi delle altre, anche se noto che l’architettura è sempre molto radicata nella materia e si interessa ancora solo occasionalmente della galassia della ricerca applicata». A Solar City, secondo gli auspici di Herzog, l’architettura va oltre la materia, fino ad arrivare al buon comportamento, ai modi di organizzare gli spazi di vita della comunità. Per esempio, per quanto riguarda i giardini, ogni proprietario è responsabile della propria porzione e ne risponde alla collettività. La stessa attenzione è rivolta alla qualità degli spazi pubblici, per il gioco dei bambini e il tempo libero. Qui, però, non è solo questione di architettura: è una tradizione della cultura germanica, e il risultato di una politica di lungo periodo.