Fabio Poletti, la Stampa 17/09/09, 17 settembre 2009
”Ma un buon musulmano non l’avrebbe mai fatto” - L’Imam di Pordenone Mohamed Ouhatiq conosceva bene la famiglia Dafani
”Ma un buon musulmano non l’avrebbe mai fatto” - L’Imam di Pordenone Mohamed Ouhatiq conosceva bene la famiglia Dafani. La signora Fatna non mancava mai le funzioni in moschea. Suo marito che adesso è in carcere non lo vedeva da anni. Come Sanaa, la ragazza uccisa da suo padre solo perché voleva vivere all’Occidentale. «Quello che è successo è orribile. E’ inaccettabile, ma non tiriamo in mezzo la religione», l’Imam cerca di difendere come può la sua gente. Imam Ouhatiq, però non è la prima volta che nella comunità musulmana avvengono fatti del genere. E’ successo anche a Brescia, con Hina... «Tutte queste vicende sono dettate dall’ignoranza, dalla mancanza di educazione. Non si può colpevolizzare l’Islam per questo. Il signor El Katawi era una persona chiusa, dal carattere introverso. Non frequentava la nostra comunità, malgrado lo avessimo cercato più volte». Lei conosce invece sua moglie. Frequentava la moschea. Oggi è ospite a casa sua, insieme alle altre due bambine... «Quella signora e mia moglie sono molto amiche. La signora sta molto male. Continua a ripetere che vuole sua figlia. Ci ha spiegato che c’erano molti problemi in casa. Ma con noi non ha mai parlato di queste cose. Altrimenti avremmo provato ad intervenire. Non è mai accettabile che una persona, che un buon musulmano, anche se si sente al centro di un torto, si faccia giustizia con le sue mani». Sono molte le famiglie della vostra comunità, che vivono questi problemi? «A Pordenone ci sono migliaia di stranieri. Quasi quattromila frequentano almeno una volta la settimana la moschea. Questo è il primo caso».