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 2009  settembre 17 Giovedì calendario

"Sappiate ora che la macchia non fu altro che un modo troppo reciso del chiaroscuro, ed effetto della necessità in che si trovarono gli artisti di allora di emanciparsi dal difetto capitale della vecchia scuola, la quale, ad una eccessiva trasparenza dei corpi, sacrificava la solidità e il rilievo dei suoi dipinti": non una tardiva resipiscenza, questa di colui che è considerato fra i padri, o forse il padre, della "macchia", ma memoria d´un modo che fu sempre caro a Telemaco Signorini nell´esercizio della critica d´arte; di farsi aulico, alle volte anche arrovellato nel dire, pur di stupire il lettore, di colpirlo con una polemica

"Sappiate ora che la macchia non fu altro che un modo troppo reciso del chiaroscuro, ed effetto della necessità in che si trovarono gli artisti di allora di emanciparsi dal difetto capitale della vecchia scuola, la quale, ad una eccessiva trasparenza dei corpi, sacrificava la solidità e il rilievo dei suoi dipinti": non una tardiva resipiscenza, questa di colui che è considerato fra i padri, o forse il padre, della "macchia", ma memoria d´un modo che fu sempre caro a Telemaco Signorini nell´esercizio della critica d´arte; di farsi aulico, alle volte anche arrovellato nel dire, pur di stupire il lettore, di colpirlo con una polemica. Il brano citato risale al 1862: Signorini, che non aveva ancora trent´anni, era già passato attraverso l´esperienza formale che sarà detta macchiaiola, e volgeva ora, dopo un primo viaggio compiuto a Parigi, a nuovi pensieri. La notevole mostra padovana d´oggi prende le mosse da un anno davvero aurorale, ma già decisivo, per il giovanissimo Telemaco (che era stato, gustiamoci il paradosso, quasi costretto dal padre Giovanni, pittore alla corte Granducale, a farsi pittore anch´egli, abbandonando i prediletti studi letterari), il 1856: allora, dopo un viaggio a Venezia con Vito D´Ancona, egli si vede rifiutato il suo invio alla Promotrice fiorentina "per eccessiva violenza di chiaroscuro". Ma intende che è quella intrapresa la via per uscire da una minuziosa e aneddotica pittura di storia e, con Il merciaio di La Spezia - oggi esposto a Padova - e un pugno di opere analoghe "macchia" allora i suoi piccoli cartoni e le sue tele di clamorosi contrasti di lume, opponendo il nero fondo ad un bianco luminosissimo e accantonando il disegno puntuale della "vecchia scuola", fatta salva unicamente l´intelaiatura prospettica che rimarrà, ora e sempre, gabbia forte ove calare il suo sguardo sulla realtà. Nel ”61, il viaggio a Parigi, la visione diretta dei pittori di Barbizon, l´incontro con Corot, lasciano in lui tracce meno fonde di quanto non avvenga ai suoi due compagni di viaggio, Banti e Cabianca; piuttosto, egli coglie da Alfred Stevens o da James Tissot spunti che svilupperà qualche anno più tardi, soprattutto in una pittura d´interni ampiamente riformata rispetto alla tradizione (riforma, questa signoriniana, sulla quale incide anche l´ammirazione per la ritrattistica del giovane Boldini, in transito in Toscana; e, puntuali, vengono oggi in mostra, a documentare questo passaggio importante, due piccoli capolavori del ”67, Aspettando e Non potendo aspettare). Ma sono soprattutto altri climi, altri pensieri, quelli che lo toccano a Parigi, e che lo confermano nella convinzione, forse già incubata a Firenze, che "la pittura moderna fosse ormai saldamente orientata verso il realismo", come oggi, in un saggio del catalogo (…….), scrive Ettore Spalletti. Anche se la comprensione della pittura di Courbet fu soltanto parziale (come d´altronde accadde a tutta la cultura figurativa italiana del tempo), è chiaro come un´urgenza verso tematiche legate al lavoro e ad una condizione umana d´emarginazione possa essere stata plausibilmente indotta in Signorini dal contatto diretto con una cultura di impronta socialista che rimontava a Proudhon. Di ritorno in Italia, comunque, la "macchia" è accantonata per un "realismo migliore" (com´egli stesso definisce il più pacato, meno polemico approccio alla natura sperimentato a Piagentina, borgo presso Firenze che diede nome a questo tempo della nuova pittura toscana, dove Signorini dipinse accanto a Silvestro Lega, e toccato certo dalla trasparenza della sua luce). Finché, poco dopo, quell´inclinazione al reale non innesca due dei suoi capolavori assoluti: l´Alzaia, di recente riapparso e passato trionfalmente a un´asta londinese, e La sala delle agitate, che fu fra l´altro ammirato da Degas in un suo soggiorno fiorentino del ”75. L´Alzaia costituisce probabilmente un vertice in tutta la produzione di Signorini. Cinque uomini stanno, piegati dallo sforzo, a scandire il lento, ottuso ritmo orizzontale dell´immagine: intenti a trainare dalla prossima riva la barca, invisibile nel canale sottostante. Lo studio lenticolarmente esattissimo dei volumi scavati nella pietra, della dinamica dei gesti faticosi, mentre il gran cielo unito li sovrasta e le corde tese sulle loro spalle dicono il pesante insulto del giogo, ne fanno uno dei grandi esempi della pittura toscana, e italiana, del decennio: nel quale lo scoperto intento narrativo e simbolico si traduce senza sforzo in immagine (in catalogo, oggi, Vincenzo Farinella ipotizza una presa d´atto di Signorini, nella concezione di questo dipinto, anche dell´incisione giapponese dell´ukiyo-e, già nota in certi circoli parigini prima della sua massima diffusione avvenuta in coincidenza con l´Esposizione Universale del 1867). Sono gli anni, questi del settimo decennio, in cui si conferma la vocazione europea del pittore per il quale, tramite amicizie tramate a Firenze con importanti collezionisti stranieri e ripetuti viaggi intrapresi in Francia, in Inghilterra e in Scozia, s´aprono un interesse e un mercato davvero continentali. Guarderà anche molto (in particolare dopo aver incrementato, attorno al ”67, la sua attività di scrittore d´arte) alla pittura che aveva d´attorno, o a quella conosciuta nei suoi viaggi: a principiare dall´esempio fornitogli da De Nittis con lo splendido La traversata dell´Appennino, esposto a Firenze proprio nel ”67 e foriero di tanti dipinti di Signorini ad esso debitori, e per finire con Van Gogh e Toulouse Lautrec, che sono a fondamento di due dei capolavori della sua tarda maturità come Il bagno penale di Portoferraio e La toilette del mattino.