Douglas Heingartner, New York Times (la Repubblica 17/09/2009), 17 settembre 2009
Tralasciando per il momento le considerazioni sull´opportunità di cercare di guadagnarsi da vivere mungendo cammelle, se ve ne parlassero pensereste che non si tratta di un´impresa particolarmente difficile
Tralasciando per il momento le considerazioni sull´opportunità di cercare di guadagnarsi da vivere mungendo cammelle, se ve ne parlassero pensereste che non si tratta di un´impresa particolarmente difficile. Ma vi sbagliereste. I cammelli che brucano in questo pascolo verde, pochi chilometri fuori Den Bosch, sembrano abbastanza contenti. Ma mungerli è tutto un altro paio di maniche; quando è di malumore il cammello sputa e scalcia, e le femmine producono latte solo quando c´è uno dei loro cuccioli nelle vicinanze. «Devi mostrare loro rispetto», dice Frank Smits, il proprietario della fattoria. Smits, attualmente l´unico allevatore in Europa con l´autorizzazione a vendere latte di cammella, è cocciuto come i suoi animali. Da quando ha messo in piedi l´allevamento, nel 2006, ha dovuto scontrarsi con l´Ue, che vieta l´importazione di cammelli, con gli animalisti e con le autorità olandesi. Il ventiseienne Smits ha pensato che il latte di cammella era un mercato non sfruttato, considerando che in Europa sono sempre più numerosi gli immigrati dalla Somalia e dal Marocco, dove questo latte è molto richiesto per le sue presunte proprietà curative. Il prodotto dell´allevamento di Smits viene venduto a oltre 10 euro al litro in qualche decina di alimentari islamici e in negozi di prodotti salutistici sparsi per tutta l´Olanda, mentre il resto viene esportato per le comunità di immigrati in Belgio, in Germania e in Gran Bretagna. Procurarsi i cammelli è stata poi un´impresa. L´Unione Europea non ne autorizza l´importazione e Smits ha dovuto cercarli all´interno del mercato unico. Li ha scovati nelle Isole Canarie, l´arcipelago spagnolo al largo delle coste dell´Africa. I gruppi animalisti locali si sono scatenati, sostenendo che l´Olanda aveva già abbastanza animali sfruttati. Dopo aver messo a tacere la polemica, Smits è riuscito a mettere in moto la sua azienda, ma pochi mesi dopo ha dovuto chiudere su ordine delle autorità olandesi, che sostenevano che i cammelli non erano compresi nella lista degli animali destinati all´allevamento commerciale. L´imprenditore ha pagato quindi per ottenere che un ente pubblico olandese eseguisse una ricerca per appurare se i cammelli potevano essere aggiunti alla lista, e a tale scopo ha dovuto dimostrare di essere in grado di gestire l´allevamento «senza conseguenze inaccettabili per il benessere degli animali». I mercati in espansione si stanno rivelando altrettanto difficili. La Food and Drug Administration americana solo recentemente ha aggiunto il latte di cammella all´elenco dei prodotti commerciabili negli Stati Uniti, ma per poter essere venduto o importato per il consumo umano deve prima essere sottoposto a una serie di test e ci vorranno diversi anni. Eppure Smits non si arrende: il latte secondo lui è solo l´inizio. L´anno scorso ha sviluppato un formaggio di latte di cammella che vende a circa 40 euro al chilo, e spera di aggiungere presto al suo catalogo anche pane, cioccolato, gelato e sapone. (Copyright New York Times /La Repubblica Traduzione Fabio Galimberti)