lastampa.it torino 16/9/2009, 16 settembre 2009
TORINO
Truffato dal poliziotto, s’impicca. In mansarda, con uno spezzone di nastro per riavvolgere le tapparelle. Cinque bigliettini, per chiedere scusa del gesto. Ma anche per indirizzare gli investigatori sulla causa di quella decisione. Centomila ragioni, quanti sono gli euro usciti dai suoi conti correnti e finiti nelle tasche dell’ispettore che ha «bidonato» commercianti e grossisti in città per almeno 300 mila euro.
Ferdinando C., 61 anni, pensionato, abitava a Trana e aiutava il titolare di una tabaccheria nel cuore della Crocetta, in corso Duca degli Abruzzi 70. Ha lasciato scritto di essere stato «travolto da problemi economici». E ha indicato dove trovare tutto il materiale per ricostruire la sua vicenda: una chiavetta di memoria «Usb» per il computer. Là dentro c’è tutta la sua vita, già riassunta nella querela che aveva affidato mesi fa agli agenti della Squadra Mobile. Sono i «colleghi» dell’ispettore G. U., 43 anni, che ha mandato in rovina il tabaccaio. Il poliziotto è partito per il Sudamerica, lasciando a Torino una scia di debiti.
Già da tempo, l’ispettore «non svolgeva più incarichi operativi», come hanno tenuto a precisare i colleghi. I suoi guai sono incominciati con le difficoltà finanziarie legate al negozio di abbigliamento per bambini della convivente, anche quello in piena Crocetta. L’ispettore si è improvvisato commerciante, ha incominciato a trafficare con le ricariche telefoniche: acquistare quantitativi all’ingrosso e rivendeva al dettaglio. In più occasioni, però, gli assegni utilizzati per pagare erano scoperti.
Ad altri commercianti è riuscito a spillare prestiti mai restituiti, in una circostanza ha pure falsificato la firma di un amico su un assegno. A Ferdinando C. è andata in altro modo. «Ma che li tieni a fare i soldi in banca? Non rendono, dalli a me, ti faccio avere il 7-8 per cento di interesse. Compro e vendo abbigliamento in stock, c’è da guadagnare, stai tranquillo» aveva promesso. E il tabaccaio aveva accettato. Si fidava. Quell’uomo era un poliziotto, un ispettore della Squadra Mobile. Sembrava un amico. Tanto da convincere Ferdinando C. a intestare a proprio nome un contratto di leasing per una Volkswagen «Touareg» (di seconda mano). Subito dopo la fuga di G. U. in Sudamerica, gli agenti della Squadra Mobile hanno restituito al tabaccaio l’auto al tabaccaio. Ma quella era soltanto la punta dell’iceberg.
Ci sono i prestiti restituiti soltanto in minima parte dall’ispettore. Centomila euro, garantiti con assegni posdatati oppure «scoperti», o ancora intestati all’ispettore da altre persone che avevano a loro volta erano cadute nella rete.
Ferdinando c. era distrutto da questa vicenda. Per i soldi, certo. Ma anche per la delusione. Aveva sbagliato, si era fidato di un uomo che lo aveva ingannato, gli aveva «succhiato» il denaro risparmiato in una vita. La sua ingenuità aveva bruciato il futuro della giovane moglie e del figlioletto di 9 anni. Un peso che considerava troppo grande da sopportare. La moglie lo ha trovato in mansarda. I soccorritori del «118» hanno potuto soltanto constatare la morte. E raccogliere i bigliettini lasciati dal tabaccaio.
La sera prima, era andato dall’avvocato Antonio Genovese, incaricato di seguire le sorti della denuncia firmata davanti agli agenti della Squadra Mobile. «Era disperato» dice soltanto l’avvocato. Non vuole parlare di questa vicenda, che ha gettato i familiari nello sconforto. Gli accertamenti fatti dai carabinieri nell’abitazione di Trana sono finiti sul tavolo del pm Stefano Demontis. Gli investigatori della Squadra Mobile proseguono le indagini sull’ispettore, passato da un lungo periodo di malattia alla latitanza. Sarà sospeso dal servizio. Quando finiranno i soldi e sarà costretto a rientrare in Ital