Alessandra Arachi, Corriere della Sera 16/9/2009, 16 settembre 2009
Ci sono ancora undicimila persone accampate nelle tende della Protezione civile, oggi, cinque mesi e otto giorni dopo la terribile scossa che sventrò il cuore dell’Aquila
Ci sono ancora undicimila persone accampate nelle tende della Protezione civile, oggi, cinque mesi e otto giorni dopo la terribile scossa che sventrò il cuore dell’Aquila. Quella botta delle 3.32 del 6 aprile lasciò senza vita 306 persone, tra cui 22 bambini. E oggi che si continuano a consegnare le prime case agli abitanti ci sono nelle tende undicimila 108 persone, per la precisione, oltre ad altre 39 che sono in campeggi liberi e le tende se le sono volute tirare su da sole nel giardino per sopravvivere alla tragedia di quel sisma. La ricostruzione vera non è ancora cominciata. Le case nuove Si stanno costruendo case nuove, invece, accanto alla macerie della città vecchia e dei paesetti antichi attorno al capoluogo abruzzese. Case nuove per chi quella terribile notte ha trovato soltanto macerie della sua casa. Erano 67 mila gli sfollati della prima ora. Adesso rimangono circa 30 mila persone che hanno la casa completamente distrutta (stime dai dati del Comune dell’Aquila), insieme con oltre 24 mila che alla casa hanno avuto danni non troppo gravi oppure da inagibilità soltanto parziale. Ad oggi, quindi, sono circa 55 mila le persone che si muovono fra tende, alberghi, residence, case altrui e case requisite, caserme, parenti. In attesa di una casa nuova. O di riparare la propria, anche se ad oggi sono poco più di 2 mila e 500 le persone che hanno fatto domanda per accedere ai sussidi per i lavori. Ci sono anche i circa 12 mila studenti universitari che sono rimasti senza appartamento in quella che, un tempo, era considerata una città campus. Ma loro rimangono fuori da troppe statistiche. Tra la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo, secondo i piani finora stilati dalla Protezione civile, dovrebbero essere circa 23 mila le persone che potranno entrare in quelle che vengono definite le nuove abitazioni del terremoto. Sono di due tipi: le C.A.S.E, ovvero un acronimo per costruzioni grandi grandi che, alla fine, potranno mettere un tetto solido sopra la testa a circa 16 mila persone, secondo stime della Protezione civile. Poi ci sono i Map, ovvero i moduli abitativi, del genere di quelli consegnati ad Onna ieri (circa 300 persone), dello stesso genere di quelli consegnati a San Demetrio dei Vestini e Stiffe il 21 agosto scorso (circa 90 persone) e realizzati dalla Provincia autonoma di Trento. Nei Map (sempre secondo stime della Protezione civile) dovrebbero entrare 7 mila persone. La vita nel cuore dell’Aquila e nei paesi che le stanno accanto riprende con davvero grande difficoltà. Nei centri devastati dal terremoto è praticamente un’impresa trovare una trattoria, un bar o tentare di vedere aperto qualsiasi altro tipo di attività commerciale. Sembrano ancora tutti paesi fantasma. E anche il centro storico dell’Aquila è ancora avvolto da un’aura di morte e devastazione. Un solo bar aperto Nonostante piccoli tentativi di riaprire pezzi e vialetti, nel cuore del capoluogo abruzzese ha riaperto bottega soltanto un unico baretto, lì a San Bernardino. Del resto senza i ragazzi dell’università è davvero difficile immaginare una vita, lì dentro. Già, l’università. Ha cominciato a riaprire i battenti con sedi periferiche di qualche facoltà, così come le scuole stanno programmando la riapertura a cominciare dal prossimo lunedì 21 settembre, a scalare ogni lunedì fino al 5 ottobre. A scartamento ridotto anche la riapertura dell’ospedale dell’Aquila: soltanto alcuni reparti funzionano, ben pochi i pazienti che ne fanno uso. Non c’è gran che da scialare nei fondi che il governo ha messo a disposizione per la ricostruzione dei paesi terremotati. Il premier ha stanziato 8 miliardi per questo. Ma a guardare il bilancio del disegno di legge numero 39 (convertito in legge 77) che di questo si occupa, si vede che questi soldi sono stati spalmati nell’arco di ventitré anni. Di più: oltre 3 miliardi vengono erogati con il meccanismo dello scomputo delle tasse. E a guardare i rimanenti si scopre che nell’immediato non sono state praticamente stanziate risorse. Per il 2009 ci sono, infatti, 69 milioni di euro. E nel 2010 ce ne sono 334 milioni. Per il 2011 ci sono un miliardo e 896 milioni, ma dal 2012 al 2015 ci sono in bilancio appena un miliardo e 656, 5 milioni per quattro anni. Dal 2016 al 2033 c’è in bilancio una cifra che da poco più di cento milioni, scala agli spiccioli dell’ultimo anno.