Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  settembre 16 Mercoledì calendario

Ci sono ancora undici­mila persone accampate nelle ten­de della Protezione civile, oggi, cin­que mesi e otto giorni dopo la terri­bile scossa che sventrò il cuore del­l’Aquila

Ci sono ancora undici­mila persone accampate nelle ten­de della Protezione civile, oggi, cin­que mesi e otto giorni dopo la terri­bile scossa che sventrò il cuore del­l’Aquila. Quella botta delle 3.32 del 6 aprile lasciò senza vita 306 perso­ne, tra cui 22 bambini. E oggi che si continuano a consegnare le pri­me case agli abitanti ci sono nelle tende undicimila 108 persone, per la precisione, oltre ad altre 39 che sono in campeggi liberi e le tende se le sono volute tirare su da sole nel giardino per sopravvivere alla tragedia di quel sisma. La ricostru­zione vera non è ancora comincia­ta. Le case nuove Si stanno costruendo case nuo­ve, invece, accanto alla macerie del­la città vecchia e dei paesetti anti­chi attorno al capoluogo abruzze­se. Case nuove per chi quella terri­bile notte ha trovato soltanto mace­rie della sua casa. Erano 67 mila gli sfollati della prima ora. Adesso ri­mangono circa 30 mila persone che hanno la casa completamente distrutta (stime dai dati del Comu­ne dell’Aquila), insieme con oltre 24 mila che alla casa hanno avuto danni non troppo gravi oppure da inagibilità soltanto parziale. Ad oggi, quindi, sono circa 55 mila le persone che si muovono fra tende, alberghi, residence, case altrui e case requisite, caserme, pa­renti. In attesa di una casa nuova. O di riparare la propria, anche se ad oggi sono poco più di 2 mila e 500 le persone che hanno fatto do­manda per accedere ai sussidi per i lavori. Ci sono anche i circa 12 mila stu­denti universitari che sono rimasti senza appartamento in quella che, un tempo, era considerata una cit­tà campus. Ma loro rimangono fuo­ri da troppe statistiche. Tra la fine di quest’anno e l’ini­zio del prossimo, secondo i piani fi­nora stilati dalla Protezione civile, dovrebbero essere circa 23 mila le persone che potranno entrare in quelle che vengono definite le nuo­ve abitazioni del terremoto. Sono di due tipi: le C.A.S.E, ovvero un acronimo per costruzioni grandi grandi che, alla fine, potranno met­tere un tetto solido sopra la testa a circa 16 mila persone, secondo sti­me della Protezione civile. Poi ci so­no i Map, ovvero i moduli abitati­vi, del genere di quelli consegnati ad Onna ieri (circa 300 persone), dello stesso genere di quelli conse­gnati a San Demetrio dei Vestini e Stiffe il 21 agosto scorso (circa 90 persone) e realizzati dalla Provin­cia autonoma di Trento. Nei Map (sempre secondo stime della Protezione civile) dovrebbe­ro entrare 7 mila persone. La vita nel cuore dell’Aquila e nei paesi che le stanno accanto riprende con davvero grande difficoltà. Nei cen­tri devastati dal terremoto è prati­camente un’impresa trovare una trattoria, un bar o tentare di vede­re aperto qualsiasi altro tipo di atti­vità commerciale. Sembrano anco­ra tutti paesi fantasma. E anche il centro storico del­l’Aquila è ancora avvolto da un’au­ra di morte e devastazione. Un solo bar aperto Nonostante piccoli tentativi di riaprire pezzi e vialetti, nel cuore del capoluogo abruzzese ha riaper­to bottega soltanto un unico baret­to, lì a San Bernardino. Del resto senza i ragazzi dell’università è davvero difficile immaginare una vita, lì dentro. Già, l’università. Ha cominciato a riaprire i battenti con sedi periferiche di qualche facoltà, così come le scuole stanno pro­grammando la riapertura a comin­ciare dal prossimo lunedì 21 set­tembre, a scalare ogni lunedì fino al 5 ottobre. A scartamento ridotto anche la riapertura dell’ospedale dell’Aquila: soltanto alcuni reparti funzionano, ben pochi i pazienti che ne fanno uso. Non c’è gran che da scialare nei fondi che il governo ha messo a di­sposizione per la ricostruzione dei paesi terremotati. Il premier ha stanziato 8 miliardi per questo. Ma a guardare il bilancio del disegno di legge numero 39 (convertito in legge 77) che di questo si occupa, si vede che questi soldi sono stati spalmati nell’arco di ventitré anni. Di più: oltre 3 miliardi vengono erogati con il meccanismo dello scomputo delle tasse. E a guardare i rimanenti si scopre che nell’im­mediato non sono state pratica­mente stanziate risorse. Per il 2009 ci sono, infatti, 69 milioni di euro. E nel 2010 ce ne sono 334 milioni. Per il 2011 ci sono un miliardo e 896 milioni, ma dal 2012 al 2015 ci sono in bilancio appena un miliar­do e 656, 5 milioni per quattro an­ni. Dal 2016 al 2033 c’è in bilancio una cifra che da poco più di cento milioni, scala agli spiccioli dell’ulti­mo anno.