Fabio Martini, La Stampa 16/9/2009, 16 settembre 2009
Raccontavano che il generale Fini fosse rimasto senza truppe e che oramai fosse pronto per Sant’Elena
Raccontavano che il generale Fini fosse rimasto senza truppe e che oramai fosse pronto per Sant’Elena. E invece, a conclusione di un fallito blitz dei suoi eterni colonnelli, è come se la macchina del tempo fosse tornata indietro: di fatto è rinata Alleanza nazionale. Guidata da un leader, che è tornato quello di sempre, Gianfranco Fini, ma che da un anno non lo era più, perché i suoi alti ufficiali erano diventati gli interlocutori quotidiani di Berlusconi. Nel governo e nel partito. Questa è stata la vera partita che si è giocata in questi giorni, tanto è vero che nella lettera, promossa dai finiani e - obtorto collo - firmata da tutti gli ex deputati di An, è scritto chiaro e tondo un concetto: «Caro Berlusconi, riteniamo che sarebbe opportuno un patto di consultazione permanente tra Te e Gianfranco Fini». Il ”sub-partito” An è rinato grazie all’opera dell’eroe di giornata della fazione finiana: Italo Bocchino, vicepresidente dei deputati del Pdl e che in cuor suo aspira a diventare coordinatore del Pdl, in quota Fini, al posto di Ignazio La Russa. Quarantadue anni, napoletano, allievo prediletto di Pinuccio Tatarella, Bocchino ha ideato l’operazione nella quale i colonnelli - partiti per isolare Fini - alla fine sono rimasti isolati loro. Nel primo pomeriggio, da Montecitorio, filtravano notizie contraddittorie: sotto la lettera di solidarietà a Fini (formalmente indizzata a Berlusconi) stavano aumentando le firme dei deputati ex-An, ma non si riusciva a capiva quante potessero diventare: trenta, quaranta o di più? Nell’incertezza, i tre capicorrente - il ministro della Difesa Ignazio La Russa, il ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli e il sindaco di Roma Gianni Alemanno - facevano diffondere tre dichiarazioni-fotocopia: quella lettera è giusta nei contenuti, ma avrebbe l’effetto di aumentare le divisioni nel Pdl. Ergo: la raccolta di firme va interrotta. Ma a Montecitorio la truppa si stava ribellando ai colonnelli, dimostrando fedeltà al generale: la raccolta proseguiva e quando le firme sono arrivate a quota 54-55 (il 67% degli 80 ex-An), i tre colonelli si sono riservatamente incontrati in Campidoglio e hanno dato il contrordine: firmiamo tutti. A quel punto la diga dei notabili era caduta e il finiano Carmelo Bruguglio poteva dichiarare alle agenzie: «Il tentativo di indebolire Fini è fallito. Ora è chiaro a tutti». Certo, a partire da oggi il neonato ”sub-partito” An potrà decidere come muoversi e riposizionarsi sulla scacchiera politica, a cominciare da quella parlamentare. Non è sfuggito a palazzo Chigi che gli uomini di Fini occupano posizioni strategiche in Parlamento e hanno un peso numerico che può condizionare provvedimenti decisivi come quello sul biotestamento o sulla cittadinanza. Fini, si sa, guida le operazioni a Montecitorio, ma sono a lui vicini presidenti di commissioni strategiche come le Commissioni Giustizia della Camera (lì c’è la sua legale, Giulia Buongiorno) e del Senato (Filippo Berselli), ma soprattutto è uomo vicino al leader della Camera anche Mario Baldassarri il Presidente della Commissione Finanza e Tesoro del Senato, dove ”nascono” tutte le Finanziarie. Sostiene un battitore libero del Pdl come Giuliano Cazzola: «Certo, se la polemica all’interno del Pdl non dovesse stemperarsi, in Parlamento i problemi potrebbero moltiplicarsi: oltre ai parlamentari meridionali, a quelli dell’Mpa, se anche i ”finiani” dovessero creare problemi la navigazione potrebbe diventare più difficile». Ma Gianfranco Fini non vuole rompere. Due sere fa, al ”Secolo d’Italia” erano decisi a pubblicare una postilla all’editoriale, nella quale si diceva in sostanza: caro Feltri, se vuoi pubblicalo quel benedetto fascicolo che dici di avere. Poi, anche su intervento di Fini, si è decisa una linea più soft. E ieri presidente della Camera Lo ha confidato ai suoi: «Io le querele, non le ritiro. Ma intanto vediamo cosa dirà stasera Berlusconi a ”Porta a Porta”....». Ieri pomeriggio un messaggero lo ha fatto sapere al Presidente del Consiglio: «Se in queste ore ti esprimerai in modo distensivo, Gianfranco apprezzerebbe...». Anche se Fini ha un’idea chiara: oltre a pubbliche dichiarazioni, servirà un «faccia a faccia tra noi due, un chiarimento vero tra me e Silvio».