Facesco Semprini, La Stampa 16/9/2009, 16 settembre 2009
L’odore dei dissidenti negli archivi di Cuba - Una banca dati degli odori e il fiuto dei pastori tedeschi: sono questi gli strumenti «hi-tech» utilizzati dal regime cubano per stanare criminali e dissidenti
L’odore dei dissidenti negli archivi di Cuba - Una banca dati degli odori e il fiuto dei pastori tedeschi: sono questi gli strumenti «hi-tech» utilizzati dal regime cubano per stanare criminali e dissidenti. La polizia scientifica rileva gli odori presenti sui referti immagazzinati in barattoli di vetro come quelli utilizzati per conserve o sottaceti e li fa sniffare ai cani per identificare o braccare i fuorilegge. Sono procedure definite dal regime «all’avanguardia», e l’Avana non esita a farne sfoggio con una certa fierezza. «Nei passati dodici anni ci sono stati oltre tremila casi risolti grazie alle indagini olfattive», spiega Rafael Hernandez, professore di criminologia all’Università della capitale e autore di «La Odorologìa Criminalistica in Cuba». E’ stato lui a descrivere per primo il ricorso alla banca olfattiva e l’impiego di cani da fiuto. Nei «confronti all’americana», ad esempio: il poliziotto a quattro zampe annusa la persona sospettata, poi odora sei barattoli messi in fila, ognuno contenente tracce diverse, per capire se è schedato. O nel caso si recuperi l’arma di un delitto: se ne confronta l’odore con alcuni di quelli contenuti nel database. O ancora quando compaiono sui muri scritte contro il regime: si fanno sniffare per capire dalle tracce rimaste se il graffitaro è noto alle forze dell’ordine. La banca degli odori dell’Avana, conosciuta come «100 y Aldabò» dal nome del suo indirizzo, è uno stanzone grande 25 metri per 10, pieno di scaffali in metallo e barattoli di vetro. La struttura si è ampliata negli ultimi anni, da quando è diventata uno strumento di uso quotidiano. «In realtà, più che per combattere la criminalità comune, serve per stanare i dissidenti», spiega Elizardo Sànchez, attivista per i diritti umani, che parla di «procedura orwelliana» di repressione metodica. Creata nei laboratori della polizia politica di Mosca negli Anni 60, la tecnica è stata sviluppata e approfondita come scienza del crimine nella Germania dell’Est, diventando strumento di repressione in tutti i Paesi del Patto di Varsavia a partire dal 1972. Caduta la Cortina di Ferro, gli investigatori della Germania occidentale hanno trovato nei territori orientali un magazzino pieno di barattoli dove venivano conservati pezzi di abiti con gli odori di criminali e dissidenti, usati per identificarli e dare loro la caccia. La tecnica è stata esportata a Cuba in coincidenza con il crollo del Muro di Berlino, grazie ad alcuni «compañeros alla ricerca di nuovi paradisi socialisti», scrive Hernandez, secondo il quale i primi laboratori furono costruiti a L’Avana nel 1989 e i test pilota furono condotti tra il 1991 e il 1993. «E’ diventata una routine - spiega un oppositore raggiunto telefonicamente all’Avana dal ”Miami Herald” -. Senza nessun mandato del giudice ci fermano, passano un tampone sotto l’ascella o intorno agli organi genitali, poi lo immagazzinano nella banca dati». Nonostante il governo faccia sfoggio dei risultati del sistema di indagine olfattiva, gli esperti americani ne mettono in dubbio la reale efficacia e l’affidabilità. «E’ un sistema fraudolento, ridicolo, assurdo», dice Jeffrey S. Weiner, avvocato di Miami autore di articoli specialistici sull’uso dei cani poliziotto. Il metodo è ancora meno affidabile in un posto come Cuba, secondo Jorge Luis Vazquez, cubano residente a Berlino e studioso dei rapporti tra la Stasi e il regime castrista. «Me lo disse proprio un ex agente di Berlino Est. Il motivo? Troppo caldo e troppa umidità»