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 2009  settembre 15 Martedì calendario

FAUSTO COPPI. NOVANT’ANNI IN FUGA


Il 2010 sarà per il ciclismo a cifra tonda e doppia: 50 anni dalla morte di Coppi, 10 da quella di Bartali. Ma questo 2009, in settembre, segna i 90 anni dalla nascita di Coppi e di Brera. Il rischio, quando si parla di Coppi, è che tutto è leggenda ed è facile, parlandone da morto, dire che ad entrare nella leggenda era predestinato. L´infanzia contadina, la bici come fuga e lavoro, le vittorie precoci (il primo Giro da gregario, presunto, di Bartali, nel 1940, attaccando proprio sull´Abetone, la montagna del rivale). E poi gli anni di prigionia in Africa, il ritorno alle corse, la Sanremo del ”46 in capo a 147 km di fuga, iniziata sul Turchino, il Giro del ”49 con la mitica Cuneo-Pinerolo: 192 km di fuga scalando cinque colli (Maddalena, Vars, Izoard, Monginevro e Sestriere), Bartali secondo a 11´52" e, alla fine, a 23´47".
Fu la prima accoppiata Giro-Tour, nel ”49. Esaltante perché a St. Malo, causa una caduta e un crollo di fiducia, Coppi era dietro di 36´35" rispetto a Marinelli, un italiano di Francia.
Seduto sul bordo del marciapiede, in attesa che Binda arrivasse con la bici di riserva, Coppi continuava a dire «basta, voglio andare a casa» e solo le insistenze dei gregari (e di Bartali) lo indussero a ripartire. A Parigi vinse con 10´55" su Bartali, fedele alleato e 25´13" su Marinelli, al quale recuperò un´ora abbondante. Siccome le leggende a volte hanno un lato buio, c´è da dire che il fedele alleato Bartali fu vittima di una pugnalata alle spalle.
L´assistente di Binda (Tragella, nel resto dell´anno ds di Coppi alla Bianchi), al Tour era incaricato dei rifornimenti. Vedendo Bartali arrivare per primo a Guillestre, prima dell´Izoard, si nascose in un vicolo e non gli passò il sacchetto con bevande e panini. Gino andò in crisi di fame ma non rinfacciò mai l´episodio a Fausto, ritenendolo all´oscuro dell´iniziativa.
Probabilmente Coppi avrebbe vinto ugualmente il Tour, aveva ancora una lunga cronometro dalla sua, ma certamente quel giorno a Bartali fu impedito di lottare alla pari. Meno avventuroso e sofferto il Tour del ”52: cinque tappe e classifica degli scalatori, 28´17" a Stan Ockers. In Francia Fostò era già un idolo tre anni prima, e nel ”50 aveva vinto la Roubaix a 42.400 di media, alla faccia del pavé. L´ultima grande impresa è il mondiale del ”53 a Lugano: pianta il belga Derycke al penultimo giro e in poco più di 20 km lo stacca di 6´16". «Gli hai promesso dei soldi?» chiese Brera a Coppi, quando stava scrivendo la sua biografia. «Con te non avrebbe parlato» rispose Coppi, lasciando intuire che sì, ma senza dirlo.
Coppi, senza Bartali, non sarebbe diventato Coppi. L´Italia dello sport ha sempre avuto fame di dualismi, e un dualismo migliore non si poteva immaginare. Il vecchio e il giovane (anche se la differenza era di 5 anni), il bianco e il rosso (Coppi in realtà votava come Bartali, insieme avevano firmato un manifesto pro-Dc prima delle elezioni del ”48), il chiacchierone e il taciturno, l´uomo di ferro e l´uomo di cristallo (13 fratture nella carriera di Coppi). Il fedele fino alla morte alla moglie Adriana, l´adultero che lascia la moglie Bruna e la figlia Marina per Giulia Occhini, moglie del suo medico, nota come Dama bianca. Lei in carcere ad Alessandria, in soggiorno obbligato ad Ancona. Le nozze in Messico, il «figlio della colpa» nato in Argentina. questa svolta nella vita sentimentale che contribuisce all´immagine (errata, ripeto) di un Coppi di sinistra. La si sarebbe potuta ribaltare, in base ad alcune caratteristiche. Coppi era timido, parlava poco, quando vinceva per distacco non alzava mai le braccia, sorrideva raramente ed era un sorriso triste, quasi a scusarsi di aver staccato tutti. Era più esigente coi gregari, ma non dispotico. Mi ha raccontato Alfredo Martini che alla partenza di un Tour stava male, era in coda al gruppo, e fu Coppi in persona a lasciarsi sfilare per passargli una borraccia d´acqua. «Ricambierai quando starai bene», disse, e tornò verso la testa del gruppo. Bartali, il riparatore di ingiustizie, aveva voce e modi da capopopolo, ma si sapeva che era terziario carmelitano e devoto di santa Teresa. Suo padre Torello, sterratore, era socialista convinto. Coppi tifava Torino, Bartali Juventus, ma solo perché i colori della maglia erano quelli del suo paese, Ponte a Ema, prima che l´inglobasse Firenze. Sia a Bartali sia a Coppi era morto un fratello ciclista in conseguenza di una caduta. Nel ”39 Giulio Bartali, nel ”51 Serse Coppi, miglior amico di Bartali quando tirava tardi alla vigilia delle corse, bevendo vino rosso e fumando Nazionali senza filtro (Gauloises quand´era in Francia). Coppi, mai fumato e i soli strappi (ostriche e champagne) lontano dalle corse.
La predestinazione di Coppi al mito, ancora, sta nella sua morte precoce dovuta a malasanità, si direbbe oggi. Una malaria scambiata per influenza, all´ospedale di Tortona. Pare che Coppi volesse tornare dalla moglie Bruna. Bartali e Magni ne erano convinti. Brera era convinto che Coppi si fosse lasciato morire, avendo chiesto troppo al suo fisico delicato.
Bartali aveva ingaggiato Coppi come balia del promettente Romeo Venturelli, alla San Pellegrino. C´è un filmato in cui i due campioni si sfottono, al Musichiere, sull´aria di «Come pioveva», con Bartali che allude alle tante pastiglie prese da Coppi e Coppi sta al gioco. Impensabile oggi, ma nel ”59 si poteva scherzare anche sul doping. E si poteva morire di malaria il 2 gennaio 1960, morte assurda che garantisce immortalità.