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 2009  settembre 15 Martedì calendario

«Divento scrittore, come voleva Fellini» - Lino Banfi e le memorie di Oronzo Canà: gli allenatori veri mi chiedono consigli -  trafelato Lino Banfi: «Ho dovuto soccorrere la gente in coda davanti alle librerie, per acquistare la mia nuova fatica letteraria»

«Divento scrittore, come voleva Fellini» - Lino Banfi e le memorie di Oronzo Canà: gli allenatori veri mi chiedono consigli -  trafelato Lino Banfi: «Ho dovuto soccorrere la gente in coda davanti alle librerie, per acquistare la mia nuova fatica letteraria». Ma dice sul serio? Naturalmente no: «Magari ci fosse la coda – sospira l’attore pugliese – ma in fondo perché non dovrebbe esserci? In questo momento in cui si scrivono tante stronz... anch’io mi metto a scrivere». Stavolta, però, non veste i panni di Nonno Libero (che indosserà di nuovo nella nuova serie del «Medico in famiglia» su Raiuno dal 20 settembre), ma di Oronzo Canà, l’ormai celebre «Allenatore nel pallone» che, già protagonista di due film, ora si cala nella pagina scritta. «Il Chèlcio secondo Oronzo Canà» è il libro (Mon­dadori) appena pubblicato, in un linguaggio rigorosamente italo-barese: «Perché, solo Bos­si può reclamare l’uso del dia­letto? », protesta Banfi. Una spassosa parodia del mondo del calcio, dove l’auto­re racconta come il suo perso­naggio, Canà, si sia guadagna­to il soprannome di Iena del Ta­voliere, quand’era uno spigolo­so calciatore dilettante; rivela che la sua celeberrima «sa­ghècia tèttica» deve molto a Liedholm ed Herrera, ma deve molto anche all’amico Omero Carnemolla o all’allevatore di polli Oberdan La Fava; e poi rie­voca le animate discussioni cal­cistiche al bar del suo paesino, giocando a carte, che potrebbe­ro essere materia di un terzo film sullo stesso argomento. «Oronzo Canà fa opinione – spiega Banfi ”. I giornalisti sportivi mi ripetono spesso che i pareri del mio personag­gio contano molto tra la gente appassionata di calcio. E i veri allenatori, Lippi, Capello, Ance­lotti, perfino Ranieri, mi chia­mano ’mister’ e mi chiedono consigli, soprattutto sul 5-5-5. Il fatto è – aggiunge – che la mia è una versione cialtrona, appassionata e so­prattutto comica di quella pro­fessione che la gran parte dei maschi italiani pensa o sogna di poter fare: l’allenatore di cal­cio ». Ma il libro è in certo modo anche una rassegna di memo­rie: «Ripercorro i gloriosi tem­pi dell’avanspettacolo, da cui sono nato artisticamente. Ri­cordo che addirittura Federico Fellini una volta mi chiese ’per­ché non mi racconti storie sul­l’avanspettacolo? E se ci scrivi un libro, fammelo leggere, che ti faccio un disegno in coperti­na’. Purtroppo non fece in tem­po ».  reduce dal successo perso­nale del film già uscito in Ger­mania, e che in Italia uscirà in autunno col titolo «Ma tu guar­da chi si sposa mia figlia»: «Non solo ho dovuto recitare in tedesco ma poi, nella versio­ne italiana, mi sono dovuto doppiare dal tedesco in italia­no.... un mal di testa!». Ma presto torna nel ruolo del nonno più amato della tv: «Sì, ma delle 13 puntate, io sa­rò solo in 6. L’avevo detto che sarebbe stato il mio ultimo ’Medico in famiglia’». Perché abbandonare un personaggio di così ampio consen­so? «Ho cominciato quest’avventura quan­do avevo 59 anni, ora ne ho 73. Non le pare il caso di finirla qui?». Avranno avuto un bel da fare gli sceneg­giatori della serie per giustificare la sparizio­ne di nonno Libero: «Sì, ma non muoio – tiene a precisare ”. Nello svi­luppo della storia, mi ritiro a vi­vere in un trullo nella natia Pu­glia, che ho ereditato da un fra­tello. E allora, insieme alla schizzignosa e riluttante Enri­ca, mia moglie, che odia la cam­pagna e le zanzare, apriremo un agriturismo». Insomma, il personaggio si allontana, ma non sparisce del tutto. Potreb­be ritornare? «No. Libero lascia il testimone al figlio Lele, ovve­ro Giulio Scarpati, che rientra in scena e diventa a sua volta nonno. Gli dirà: adesso porta avanti tu la baracca».