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 2009  settembre 15 Martedì calendario

Da Gadda a Proust: quei vicini insopportabili - Sarà un caso, ma la letteratura condominiale racconta per lo più storie nere o intrighi gialli

Da Gadda a Proust: quei vicini insopportabili - Sarà un caso, ma la letteratura condominiale racconta per lo più storie nere o intrighi gialli. Una recente eccezione vie­ne dal 7 di rue Grenelle, a Parigi, otto appartamenti di lusso in cui vivono ministri e arroganti parvenus . Lì, nella guardio­la a pianterreno, lavora da anni Renée, una portiera grassoc­cia, con i calli ai piedi e l’alito di un mammut. La protagoni­sta dell ”Eleganza del riccio di Muriel Barbery non è una di quelle portinaie ficcanaso in cui l’inquilino-tipo evita di im­battersi al mattino. Perché dietro il suo aspetto di donna qua­lunque nasconde una cultura mostruosa costruita su Marx, Tolstoj, Kant… A smascherare (e liberare) la neo-Cenerento­la interverrà un nuovo inquilino, il ricco giapponese Mon­sieur Ozu. Ma l’inquilino-principe azzurro è un unicum. Di solito i vicini di casa sono dei rompiballe: senza arriva­re agli eccessi di Totò-La Trippa de Gli onorevoli , candidato monarchico che di notte mette a dura prova i nervi del vici­nato urlando «votantonio, votantonio, votantonio» dentro un imbuto. Siamo nella commedia, ma è decisamente più facile, come si diceva, che la difficile convivenza condominia­le si risolva in horror. James Ballard ne è un interprete inarri­vabile. Basta pensare ai guasti elettrici che ne Il condominio portano i duemila abitanti-bene di un grattacielo fantascien­tifico a risvegliare antichi dissapori che lentamente degene­rano nelle violenze più selvagge e nella follia generale. D’altra parte, alzi la mano chi non ha mai pensato che il con­dominio sia una meta­fora della convivenza sociale e un repertorio abbastanza esaustivo dei tipi umani. E chi non ha mai attribuito tra sé le nefandezze più turpi al solitario del quinto piano, co­me lo scapolo Angelo­ni, funzionario in pen­sione di via Merulana, erroneamente sospet­tato nel Pasticciaccio di aver fatto fuori la po­vera Balducci. E più semplicemente chi non ha mai avuto un vicino ipersensibile al chiasso dei bambini (da leggere l’in­vettiva di Gadda contro l’avvento del mattone traforato) op­pure in preda a raptus isterici per normali brusii: Gaber ha cantato da par suo un nevrotico che il sabato sera, mentre fa l’amore, viene distratto dai cigolii di letti al piano di sopra e al piano di sotto, a cui si aggiungono mugolii, respiri affan­nosi, rumori di cessi e di sciacquoni, immaginando una per­formance erotica collettiva di condominio. E c’è anche quello che è allergico alle unghie dei gatti al piano superiore, quello che non sopporta di incrociare il ca­gnetto nervoso del dirimpettaio. E chi percepisce al di là del­la parete una minaccia da cui fuggire (come la famiglia Du­pont nell’angosciosa pièce di Boris Vian I costruttori d’impe­ri). C’è chi deve fare i conti con i lugubri fantasmi delle per­sone vissute prima di lui nello stesso ambiente domestico, come accade a Trelkovski, l’«inquilino del terzo piano» di Polanski. E infine c’è chi deve combattere più banalmente contro l’intrusione di pettegoli e curiosi. Curiosità che posso­no sempre aprire voragini perverse tipo La finestra sul corti­le . Si potrebbe ricordare anche Proust: l’occhio che in apertu­ra di Sodoma e Gomorra viene spinto a guardare attraverso le persiane di una finestra, sorprendendo il signor Charlus in scandalosa compagnia del farsettaio Jupien. Ma alla fine la letteratura insegna che gli inquilini più insopportabili sono quelli che abitano nelle nostre teste. E non che parteciperan­no mai a un’assemblea condominiale. Paolo Di Stefano