Roberto Giovannini, la Stampa 15/09/2009, 15 settembre 2009
Capitali all’estero via alla sanatoria - Per quale ragione il governo ha varato lo scudo? Quanto ricaverà? Due sono gli obiettivi dichiarati del ministro dell’Economia Giulio Tremonti: primo, incrementare il gettito fiscale di 3 o 4 (magari) miliardi di euro
Capitali all’estero via alla sanatoria - Per quale ragione il governo ha varato lo scudo? Quanto ricaverà? Due sono gli obiettivi dichiarati del ministro dell’Economia Giulio Tremonti: primo, incrementare il gettito fiscale di 3 o 4 (magari) miliardi di euro. Secondo, far rientrare nel flusso economico una somma più alta possibile di denaro «fresco». Nel caso più ottimistico, anche 100 miliardi di euro. Anche se nella relazione tecnica Tremonti ha indicato simbolicamente come gettito atteso un solo euro. Si tratta di un condono? Difficile negarlo: versando l’aliquota, il contribuente si protegge con lo «scudo» da ogni sanzione amministrativa, tributaria e previdenziale. Un bel risparmio, alla faccia di chi ha sempre fatto il proprio dovere fiscale. Quanto bisogna versare al fisco per aderire? Sulle attività finanziarie regolarizzate o rimpatriate si calcola un reddito forfettario del 2% annuo per i cinque anni precedenti. Il rendimento presunto viene poi tassato al 50%. In pratica, il costo finale dell’operazione corrisponde quindi al 5% delle attività protette dallo scudo. Anche altri Paesi hanno la loro versione dello scudo? Certamente, anche se non ci sono dubbi che altrove la sanatoria sia molto più salata. Basti pensare che negli Stati Uniti il costo complessivo sulle ricchezze che si fanno «rientrare» è pari al 49%, mentre in Gran Bretagna è del 44%. Senza contare che negli Usa l’immunità non è garantita se il reddito ha origine non lecita, mentre in Gran Bretagna l’anonimato non è previsto. Come sono andati gli altri condoni-scudi? Così e così. Il primo, del 2001, ha visto il rimpatrio o la regolarizzazione di quasi 60 miliardi (per il 56% dalla Svizzera), con un gettito di 1,5 miliardi di euro. Quello del 2003, rispettivamente 14,9 miliardi e solo 600 milioni di gettito. E stavolta quanto potrebbe entrare, invece? Difficile fare previsioni, anche se non c’è dubbio che la «stretta» sul sistema bancario svizzero qualche effetto lo avrà senz’altro. Secondo lo Studio Bernoni Professionisti Associati di Milano, potrebbero essere «scudati» dai 60 ai 90 miliardi di euro, con un gettito atteso da 3 a 4,5 miliardi. Il 60% dei capitali riguarderà operazioni che transitano per la Lombardia. Chi può aderire allo scudo fiscale? Tutti i contribuenti, persone fisiche ed enti commerciali compresi, escluse le società di capitali. L’importante è essere fiscalmente residenti in Italia al momento della presentazione della domanda. Per aderire c’è tempo da oggi 15 settembre fino al 15 aprile 2010. Bisogna rivolgersi a intermediari finanziari, presso cui si apriranno conti riservati: banche, società di intermediazione mobiliare, società di gestione del risparmio, fiduciarie, agenti di cambio, Poste e filiali italiane di banche e di imprese di investimento estere. Qui si presenterà la speciale «dichiarazione riservata» e qui si pagherà l’imposta. Quali ricchezze si possono mettere in regola? Tutte le attività finanziarie e patrimoniali non dichiarate portate o rilevate all’estero entro il 31 dicembre 2008: denaro contante, immobili, azioni, beni di lusso come yacht ed aerei. Tecnicamente, per attività situate in Unione Europea o in Norvegia è possibile sia la cosiddetta «regolarizzazione» (in questo caso fisicamente le attività non tornano in Italia) sia il «rimpatrio» vero e proprio. Se invece si tratta di beni situati in Paesi extracomunitari (come la Svizzera) la via obbligata è quella del rimpatrio. Lo scudo mette al riparo da quali reati? Tantissimi: vengono cancellate sia la «dichiarazione infedele» sia l’«omessa dichiarazione», e poi spariscono anche le sanzioni amministrative, tributarie e previdenziali. E soprattutto il contribuente è al riparo da accertamenti per gli anni ancora passibili di verifiche, fino a un tetto equivalente alle somme regolarizzate o rimpatriate. C’è la garanzia dell’anonimato? Se si «regolarizzano» attività, gli intermediari devono comunicare al Fisco le attività scudate e il loro proprietario. In caso di rimpatrio, invece, il Fisco riceverà solo informazioni complessive sui patrimoni segnalati, e non sui singoli soggetti a cui fanno riferimento. Chi invece non può aderire allo scudo? Nulla da fare se già ci sono state attività di accertamento tributario o contributivo, come accessi, ispezioni o verifiche, o se il Fisco ha già constatato che il contribuente infedele ha violato le regole fiscali o contributive legate alle attività estere.