Valerio Cappelli, Corriere della Sera, 14/09/09, 14 settembre 2009
Il cinema cerca i colpevoli per la delusione a Venezia - L’Italia era sbarcata in massa alla Mostra con 18 lungometraggi di cui 4 in concorso, ma ne esce a mani vuote
Il cinema cerca i colpevoli per la delusione a Venezia - L’Italia era sbarcata in massa alla Mostra con 18 lungometraggi di cui 4 in concorso, ma ne esce a mani vuote. Non si vince dal 1998, l’anno del poco fortunato Così ridevano di Gianni Amelio. Eppure Cannes in questi anni ha premiato Nanni Moretti, Garrone, Sorrentino. A Venezia giusto il premio di consolazione a Jasmine Trinca come volto emergente, ma è fuori bersaglio («Una battuta comica» la definisce Castellitto) visto che La stanza del figlio è del 2001. Bocciate le candidature più forti, Margherita Buy come migliore attrice e Baarìa di Tornatore, che ora va al Festival di Toronto. «Siamo molto dispiaciuti per il mancato premio a Baària – dice Giampaolo Letta, amministratore delegato di Medusa che aveva 3 italiani in gara – ci speravamo, c’è delusione ma non sorpresa». Perché? «Fu una richiesta di Tornatore, discussa e condivisa, quella di accettare l’invito per il film d’apertura, e in concorso». Come se Lucio Dalla andasse in gara al Festival di Sanremo. «Ha voluto esporsi al rischio, senza snobismi o protezioni. Detto da un regista del suo calibro...». «Lo dicevano tutti – interviene il presidente di Medusa Carlo Rossella – che avrebbe vinto Lebanon , del resto l’andazzo ai festival è di premiare i film di nicchia. Il cinema italiano ne è rimasto vittima anche se siamo contenti per Jasmine e per Ksenia Rappoport che ormai è una russa italianizzata ». In effetti sono decine i premi, tra ufficiali e collaterali, per film di cui talvolta nessuno ricorderà il titolo: a Tornatore manco una citazione. «Meritava più rispetto – lo difende Michele Placido – nella giuria c’è sempre l’idea che bisogna premiare qualcosa di nuovo se non di sperimentale. E poi la contraddizione del presidente Ang Lee: se dice che lui avrebbe dato un riconoscimento, poteva farlo. Io riuscii a dare un premo speciale a Crialese che era rimasto fuori dai giochi». Il cinema italiano ne esce ridimensionato? «No, il pubblico ci è affezionato, Il grande sogno è il secondo incasso di questi giorni». «C’era questa diffusa arroganza – dice Sergio Castellitto a Venezia con due lavori – che i film italiani dovessero vincere per forza. Evidentemente no. C’è poco da fare. Io credo nelle buone intenzioni della giuria, rimettersi al tavolo e parlare di come viene finanziata la cultura nel nostro paese. Il cinema italiano non se la passa bene e non c’era bisogno di Venezia per saperlo». Carlo Verdone a Venezia una sola presenza negli anni ”90 come giurato: «Non lo farò mai più, ho ricevuto 300 telefonate in una settimana per appoggiare questo o quel nome, non ne potevo più, ho dovuto cambiare cellulare». Ma in gara? «Non ci penso minimamente, fino a quando ci sarà un sopracciglio alzato sulla commedia non ci aiuteremo mai. Ho vinto festival all’estero, cosa mi importa di rodermi il fegato qui. Il cinema d’autore si deve scontrare con colossi che vengono da paesi lontani, fino a quando non guardano in maniera più internazionale il mondo, saremo sempre a un livello condominiale. Il vincitore, Lebanon , ha emozionato tutti. Noi non siamo un paese europeo che pensa in modo europeo, ciò non toglie che si possano fare buoni film con piccole storie, ma se porti un film a Venezia ti devi preparare come all’Olimpiade, non vai ai campionati di Rieti. Ci vogliono temi forti. Venezia la dice lunga sul periodo che stiamo vivendo, deve riacquistare rigore anche negli ospiti, certi giorni la Mostra sembrava una puntata di ’Verissimo’, Chavez, la D’Addario, Noemi, non distinguiamo più tra cultura e intrattenimento. E quelli sono giorni dedicati in modo sacro al cinema». Giancarlo Leone, vicedirettore generale Rai e consigliere di Raicinema: «Non rifarei l’errore di quando protestai per la mancata vittoria di Buongiorno, notte di Bellocchio. Non condivido le preoccupazioni; se Cannes è commerciale, Venezia è l’unico vero festival di arte cinematografica. Purtroppo i nostri film hanno difficoltà a trovare una distribuzione internazionale». Riandiamo dall’amministratore delegato di Medusa. Letta, il ministro Renato Brunetta ha parlato dei «parassiti del cinema» dicendo che alla Mostra c’è «un’Italia placida e leggermente schifosa». «Ha fatto un’uscita virulenta che generalizza, non aiuta nessuno e offende tutto il cinema italiano. Ha ragione quando dice che ci sono alcuni parassiti che non devono essere finanziati dallo Stato. Ma non si può rivolgere un’accusa così generica». Pensa che su Baarìa abbia pesato il giudizio positivo espresso in anteprima dal premier? «Berlusconi è un grande appassionato di cinema, trovo assurdo e indegno che non possa esprimere un giudizio. Dire che le sue parole possano aver influito sul giudizio, non fa onore a chi lo dice, delegittima la Mostra e la giuria, che va rispettata. Basta strumentalizzare tutto con la politica. Non posso credere che il giurato indiano sia stato condizionato dal pensiero di Berlusconi sul nostro film. La sortita antiberlusconiana di Placido? Dai registi vorremmo lo stesso rispetto che abbiamo noi per loro». A proposito: il film di Michael Moore sul capitalismo? «Prima osannato e poi dimenticato, non lascia tracce, dice cose già note, abbiamo cominciato a conoscere le sue mistificazioni». Non è che torneremo allo stanco ritornello (interrotto da Gomorra e Il divo ) che il cinema italiano è in crisi? Sentiamo uno dei padri nobili, Carlo Lizzani: «Aspettiamo l’accoglienza del pubblico, con tutto il rispetto per la giuria veneziana. Non è più come negli Anni ”90. Si sono affacciati nuovi registi e produttori indipendenti. Io sono ottimista».