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 2009  settembre 17 Giovedì calendario

I sotterranei del vaticano - Con le dimissioni del direttore dell’’Avvenire’ Boffo, fra gli alti prelati si è consumata solo una prima resa dei conti

I sotterranei del vaticano - Con le dimissioni del direttore dell’’Avvenire’ Boffo, fra gli alti prelati si è consumata solo una prima resa dei conti. Ma adesso la posta si fa ancora più alta - Nella lettera con cui il 3 settembre si è dimesso da direttore di ’Avvenire’, Dino Boffo ha denunciato il disegnarsi di "geografie ecclesiastiche" in guerra tra loro, eccitate dal suo caso. Benedetto XVI, in una sua lettera ai vescovi di pochi mesi fa, è stato ancora più schietto: "Se vi mordete e divorate a vicenda, guardate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri". Che fra le alte gerarchie della Chiesa vi siano divisioni e contrapposizioni, che a tratti esplodono e fanno macerie, è un dato indiscusso e riconosciuto. Nei riguardi della politica italiana la divergenza è oggi principalmente tra le due sponde del Tevere: tra la segreteria di Stato vaticana da un lato, e la Conferenza episcopale italiana dall’altro. ’Avvenire’ è il quotidiano dei vescovi. Ma l’attacco condotto contro la vita privata del suo direttore, Boffo, da Vittorio Feltri e dal quotidiano ’il Giornale’ di proprietà del fratello del premier Silvio Berlusconi è stato giudicato e vissuto in modi opposti, al di qua e al di là del Tevere. Per la segreteria di Stato l’attacco vero e proprio era ed è un altro, condotto da altri, da un potere anticattolico che avrebbe a suo giudizio ne ’la Repubblica’ addirittura la sua punta avanzata: un attacco che avrebbe come bersaglio massimo il papa in persona e in subordine il suo segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone. Tanto che la mattina del 28 agosto Bertone si infuriò molto di più per un articolo del teologo Vito Mancuso su ’la Repubblica’ che per il contemporaneo scatenarsi della campagna del ’Giornale’ contro Boffo e le sue critiche ’moralistiche’ al premier. Mancuso accusava Bertone di sedersi servile alla mensa di Erode, incontrando Berlusconi secondo programma quel giorno, invece che denunciarne la vita lussuriosa col coraggio di un san Giovanni Battista. Così poche ore dopo, nel primo pomeriggio di quello stesso 28 agosto, ’L’Osservatore Romano’ uscì con una vistosa nota di prima pagina contro l’articolo di ’la Repubblica’, a firma della sua editorialista di punta, Lucetta Scaraffia, e riportava solo un paio di righe in una pagina interna dedicate all’offensiva del ’Giornale’ contro il direttore di ’Avvenire’, ritagliate da un comunicato della Cei, nonostante fosse per questa aggressione e non per altri motivi che l’incontro tra Bertone e Berlusconi era stato nel frattempo annullato. Anche nei giorni successivi, nel pieno della tempesta contro Boffo, il cardinale Bertone tenne ferma questa sua singolare lettura dei fatti. Per lui, il culmine dell’aggressione vera contro la Chiesa fu quando ’la Repubblica’, il 1 settembre, titolò che Benedetto XVI era intervenuto personalmente a sostegno di Boffo e quindi delle sue critiche a Berlusconi. Il primo e unico comunicato ufficiale vaticano sul caso Boffo uscì infatti poche ore dopo proprio per smentire il coinvolgimento del papa nella mischia. Confermando che a Boffo aveva espresso solidarietà il solo Bertone, mentre il papa - stando a un parallelo comunicato della Cei - si era limitato a telefonare al presidente della Conferenza episcopale, cardinale Angelo Bagnasco, per chiedergli "notizie e valutazioni sulla situazione attuale" ed esprimere "stima, gratitudine e apprezzamento" a lui e ai vescovi italiani. Infatti a sfogliare ’L’Osservatore Romano’, il giornale di cui il professor Giovanni Maria Vian è direttore e il cardinale Bertone editore di riferimento, la settimana di passione di Boffo era passata senza quasi lasciare traccia. La notizia delle sue dimissioni è stata data il 3 settembre in un colonnino di 22 righe a pagina 7 sotto il titolo asettico: ’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Cei’, di cui si riportava stringatamente il comunicato. Molto più loquace e in perfetta sintonia con Bertone era stato invece il direttore Vian in un’intervista al ’Corriere della Sera’ del 31 agosto. Dalle sue parole appariva lampante l’insoddisfazione della segreteria di Stato vaticana per ’Avvenire’, per le sue "imprudenze ed esagerazioni" nel criticare il governo e nel fustigare le licenziosità private del premier: materia, quest’ultima, sulla quale ’L’Osservatore Romano’ non ha mai scritto una sola parola, per scelta deliberata. C’è in questo voluto rapporto di ’serenità istituzionale’ con i governi in carica, quali che essi siano, di sinistra o di destra, una costante della diplomazia vaticana con tutti gli Stati del mondo, dettata da realismo politico. Ma un conto è il governo centrale della Chiesa cattolica, un altro conto sono le effervescenti Chiese nazionali, con i loro vescovi, il clero, i fedeli. Sotto la presidenza del cardinale Camillo Ruini, la Conferenza episcopale italiana aveva assunto in proprio la guida dei rapporti con la sfera politica, in pieno accordo con Giovanni Paolo II e con il suo successore, mietendo indubbi successi. ’Avvenire’, diretto da Boffo, era l’organo di punta della leadership ruiniana. Ma uscito di scena Ruini, il cardinale Bertone ha voluto prendere lui in pugno il timone della politica della Chiesa in Italia, e l’ha messo nero su bianco in una lettera del 25 marzo 2007 al nuovo presidente della Cei, cardinale Bagnasco. I vescovi non accettarono affatto d’essere esautorati e così da allora tra il Vaticano e la Cei permane un attrito che talora precipita in aperto contrasto. Nel frattempo, però, la Cei è cambiata. Non è più quella compagine ordinata che era stata con Ruini all’apogeo. Il cardinale Bagnasco ne è un fedele continuatore, ma non ha pari autorevolezza. Il nuovo segretario della Cei, il vescovo Mariano Crociata, si è in breve rivelato non all’altezza del ruolo. L’attuale è una Cei dalle molte teste e dalle molte voci, spesso tra loro dissonanti. Una ragione in più perché, dal Vaticano, Bertone rafforzi le sue ambizioni di guida, incoraggiato in questo dai politici, che individuano in lui un interlocutore più sicuro, rispetto a una Cei che appare incerta e confusa. Confusa anche nel reagire all’offensiva contro ’Avvenire’ e il suo direttore. Già da mesi, da quando è partita in Italia la polemica sulla vita privata del premier Berlusconi, il giornale diretto da Boffo si era trovato a navigare in acque tempestose. Le pressioni dei lettori e ancor più di una parte di quell’editore collettivo che è l’episcopato italiano avevano costretto Boffo a fare ciò che non avrebbe mai fatto con Ruini alla guida: fare prediche contro l’immoralità privata del premier. Prediche misurate, rispettose, dosate con cura. Tali però da scontentare molti, per il loro troppo o poco vigore, a seconda dei punti di vista. In segreteria di Stato, naturalmente, l’imprudenza ’moralistica’ del giornale della Cei appariva solo foriera di rovine, come la micidiale rappresaglia del ’Giornale’ di Feltri avrebbe poi confermato. Vissuta in Cei come un attacco alla strategia di Ruini, l’offensiva contro Boffo ha visto quindi schierarsi in difesa dell’aggredito, in prima linea, anzitutto lo stesso cardinale Ruini e il suo successore, Bagnasco, con l’esercito di quella ’Chiesa di popolo’ che Boffo ha saputo in effetti straordinariamente esprimere e interpretare, nei 15 anni della sua direzione. Ma tra i cardinali, i vescovi e più ancora tra il clero c’è anche chi si è tenuto in disparte oppure ha invocato da subito le dimissioni di Boffo, nonostante le iniziali accuse a suo carico si rivelassero presto largamente infondate. Lo stesso Boffo ha dato adito ad accuse e sospetti tardando giorni a scrivere una iniziale, circostanziata difesa di sé, prima di dimettersi per sua decisione personalissima, contro la volontà del presidente della Cei e indipendentemente da qualsiasi sollecitazione del papa, che non c’è mai stata. Entro settembre il direttivo della Cei nominerà il suo successore, che sarà probabilmente Mimmo Delle Foglie, ruiniano a tutto tondo. Anche perché, per paradosso, né gli antiruiniani né il cardinale Bertone hanno un loro candidato alternativo.