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 2009  settembre 13 Domenica calendario

Quel tubino nero davanti a Tiffany che stregò Silvio - Il tubino, ad ottant’anni suonati, è sopravvissuto a tutto

Quel tubino nero davanti a Tiffany che stregò Silvio - Il tubino, ad ottant’anni suonati, è sopravvissuto a tutto. Al glamour assoluto degli anni 30, al neo tradizionalismo dei 50, alla dance dei 70, alle illusioni degli 80. Persino alle feste a palazzo Grazioli. Anche Terry, l’ultima delle partecipanti a fare coming out, ha indossato il «petite robe noire» per la serata con il presidente del Consiglio. Senza esitazioni sottolinea «Di Prada e scollato». Non è un colpo di genio il suo, Maria Teresa De Nicolò parla del tubino nero (corto) come il vestito d’ordinanza delle ragazze invitate a fare da splendida cornice (nella migliore delle ipotesi) alle serate presidenziali. La regia è la fissazione del premier. Il finto vulcano a villa Certosa e il tubino nero a palazzo Grazioli. Che male c’è. Poi canzoni, barzellette, filmati ufficiali e coretti di fanciulle sulla musica di «meno male che Silvio c’è». Una scaletta a prova di sonno. I magistrati interrogano. Le ragazze rispondono. I particolari si aggiungono a pioggia. Lasciamo da parte quelli pruriginosi. Le docce notturne a prova di polmonite, le foto della moglie sul comodino della camera da letto, le carezze davanti alle guardie del corpo, i ciondoli e le buste con i contanti. Parliamo del tubino. Lo inventa Cocò Chanel nel 26, lo rende immortale Audrey Hepburn (la Holly Golightly di Colazione da Tiffany ne indossava uno di Givenchy). Francoise Sagan portava solo quello (gli esistenzialisti sono cocciuti). Fellini ne La dolce vita riesce a metterlo indosso a due poli opposti di femminilità come Anouk Aimée e Anita Ekberg (i registi sono ossessivi). stato il cavallo di battaglia di Edith Piaf, Juliette Greco e Rita Hayworth. quello preferito dalla Bellucci, da Carla Bruni e da Michelle Obama (perfetto per una smanicata d’hoc), che ne possiede una serie infinita e ne ha sfoderato uno giallo evidenziatore per il G8 all’Aquila. Il tubino dona, sfina più del tweed, risolve. un esercizio di stile anche per gli stilisti. Tutti ne hanno almeno uno in collezione. Il più innovativo? Il Petit Robe tascabile di Chiara Boni. Realizzato in 20 varianti, con scollature classiche o spericolate, e in uno speciale tessuto elasticizzato, un eco-jersey "sensitive" (il brevetto è italiano) a prova di valigia, il tubino di Chiara Boni sta in una mano. Offerto in una mini tasca di tulle traspirante con stampata una silouette molto Haudrey, non si stira, non si stropiccia, si lava in lavatrice e si asciuga in un lampo. Un tubino pret- a-porter insomma, per quelle che in ufficio vanno in sneakers ma hanno sempre in borsa tacchi a spillo e tubino. Da anni lo stretch da una mano alle donne (non sempre alle curve) e poi la vita è piena di occasioni e il tubino antipiega, senza bisogno del fatale colpo di ferro da stiro, è pronto a coglierle al balzo. « l’abitino sensuale che non diventa mai volgare, è il piccolo grande vestito che ogni donna vuole portarsi anche in viaggio- spiega Chiara Boni - C’e’ chi lo indossa con un pulloverone d’inverno e chi lo usa scollato nelle serate estive. l’abito che segue il volere di chi lo indossa e non viceversa». E quando il tubino diventa d’ordinanza a palazzo Grazioli, la segnaletica dell’eleganza cambia? Chiara Boni non si sottrae alla domanda: «La divisa rassicura. Più di tanto non si può sbagliare. Berlusconi ha sempre suggerito regole precise ai suoi venditori di pubblicità, e per il jogging nella sua villa sempre tutti con la tuta uguale. I politici amano i simboli. E il tubino lo è. Ma attenzione, un "petite robe" che si rispetti non è mai corto». Adorato degli uomini maturi, desiderato dai giovani, il tubino è un capo vintage e insieme trendissimo. Un sondaggio inglese lo mette al primo posto tra i dieci capi preferiti, da uomini e donne, di tutti i tempi. Prima dei jeans, del wonderbra, della minigonna e del bikini. Ma nemmeno i tubini sono tutti uguali. Bon ton con scollo omerale o tubino sottoveste, con la schiena nuda (effetto sorpresa) o monospalla (stile amazzone), lungo fino ai piedi o cortissimo (quello che il Financial Times definisce con un termine hiddish «chutzpah» ovvero impertinente), il tubino è il duttile complice del dress code ma anche rivelatore di una sotterranea incertezza del gusto. Con il little black dress (spesso abbreviato in Lbd) non hai problemi di scelta. Sei a posto dappertutto. Soprattutto a palazzo Grazioli. La cafona è morta o ha finalmente imparato a vestirsi? La moda insegna a cambiare genere e anche borchie e pitonati alla lunga stancano. A ciascuno il suo feticcio, ma da vestito pass partout a vestito d’ordinanza ce ne corre. Le coreografie hanno le loro regole. Uno stuolo di ragazze di provenienze diverse, qualcuna si conosce, qualcuna no, che si ritrovano d’amblè in una festa privata, ciascuna con tanta voglia di fare bella figura e magari anche colpo, chissà come ti arrivano vestite. Ve la ricordate Noemi lasciata a se stessa davanti all’urna elettorale? Occhialoni griffati, veli, pantaloni a vita bassa da squinzia. Un frullato di Paris Hilton e Britney Spears. Moltiplicate per dieci, magari per venti. Sarebbe un crollo di stile. Nella vita, e soprattutto nel look, ci vogliono delle regole. Un costume uguale per tutte. Meglio una divisa. Ed ecco che arriva il tubino. Impeccabile, democratico, omologante, il little black dress ha tutto il fascino della divisa. Un po’ scolastico e un po’ monastico, da qualcuno ritenuto l’ultimo travestimento del nichilismo, con lui siamo tutte uguali eppure tutte diverse. In visita dal Papa Michelle, la smanicata più famosa del pianeta, ha rispettato le regole del cerimoniale e quelle del tubino: abbigliamento formale, maniche lunghe, gonna al ginocchio e velo. Tutto rigorosamente nero. Il privilegio del bianco spetta alle regine cattoliche o alle consorti cattoliche dei re. Qualcuna in passato ha sforato. Raissa Gorbaciova non ha resistito è si è presentata in abito rosso rivoluzione con Giovanni Paolo II e la moglie di Blair ha osato il bianco nel 2006 con papa Ratzinger pur non essendo né cattolica né di sangue reale. Ma il total black lucente di Michelle ha lanciato un messaggio ineludibile. Non il nero del lutto, non quello spagnolo e di corte, non quello della nobiltà nera romana chiusa nei palazzi. Il suo tubino era del nero dei pirati, degli anarchici, il nero sontuoso delle regine del blues. Abituata ad esaltare quello della sua pelle col bianco e col giallo nel nero totale del cerimoniale ha ripescato le sue radici. Le regine del blues, del soul e del gospel si sono fatte strada, diventando cabarettiste, pianiste e cantanti, grazie allo spazio egualitario del palcoscenico. Ma il loro primo palcoscenico era stato il pulpito delle chiese. Il padre di Aretha Franklin e quello di Bessie Smith erano predicatori battisti. Sarah Vaughan iniziò come organist del coro di una Chiesa battista della sua città. Billie Holiday iniziò in un bordello (non sempre le chiese, anche le più radicali, riuscivano ad essere palestre di talenti). Al G8 e nella visita papale, il nero di Michelle, e quello di Nompumelelo Ntuli, quarta moglie del sudafricano Jacob Zuma, sottolineato dallo strabordante cappello da funerale musicale a New Orleans, hanno riportato alla ribalta il blues style. Anche nell’iperclassico tubino nero. Il diavolo non è così nero come lo si dipinge, ma Michelle lo è di più. Il suo nero illumina le foto ufficiali e la incorona protagonista. Le pecore bianche come Carlà impallidiscono, quelle nere trionfano. Poco male se superati i trentacinque, non essendo body builder come Michelle Obama, inguainate nel nostro tubino, magari pericolosamente smanicato, al primo movimento ci ritoviamo con le braccia travolte dall’ effetto saliera. L’età non conta, la D’Addario lo dimostra. L’eros intubato livella e premia. Il casto tubino, facile da mettere e soprattutto da togliere, trasforma tutte in uno sciame di apine nere imprendibili ma praticabili. E di fronte al tubino, l’homus heroticus, soprattutto se maturo, non capisce più un tubo. Il 95 per cento delle donne ne ha uno nell’armadio, più del 50 per cento degli uomini, mogli, amiche, amanti, vi trova più eccitanti così. Fait votre jeux, sapendo a quello a cui andate incontro. Avete da anni una bomba a mano nell’armadio e continuate ad andare in gro per saldi e master in America? Il tubino della Hepburn fu messo all’asta da Christie’s per 800.000 dollari nel 2006, i proventi alla fondazione La città della gioia per i bambini bisognosi dell’India. Quello della allora ventiduenne Monica Lewinsky, mai lavato, fu temporaneamente custodito nel frigo e portato poi al procuratore Starr per diventare la prova regina, la "smoking gun", contro l’allora presidente degli Stati Uniti Bill Clinton. La stagista più famosa d’America giurò che lo avrebbe bruciato ma, riavutolo indietro, pare si sia ricreduta, tant’è che i collezionisti lo hanno quotato oltre 2 milioni di dollari. Intanto sono spariti abiti e biancheria intima alla D’Addario. I souvenir vanno fortissimo. Le prove di più. Stiamo ballando sul Titanic della crisi. Ma non senza il little black dress.