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 2009  settembre 14 Lunedì calendario

Lehman ha terremotato anche le nostre vite - Il fallimento della banca d’affari americana ha messo in discussione non solo i grandi equilibri dei mercati ma anche i bilanci famigliari - Le Torri Gemelle di New York crollarono l’11 settembre 2001 a seguito di un attacco esterno

Lehman ha terremotato anche le nostre vite - Il fallimento della banca d’affari americana ha messo in discussione non solo i grandi equilibri dei mercati ma anche i bilanci famigliari - Le Torri Gemelle di New York crollarono l’11 settembre 2001 a seguito di un attacco esterno. Il fallimento di Lehman Brothers derivò da motivi esclusivamente interni: un groviglio di errori, incompetenza, ignoranza, forse anche gelosia e ripicche personali. Il crollo delle Torri Gemelle mise in discussione l’assetto geo-politico e geo-economico del pianeta, ma, passato un breve periodo di forte emotività, al di fuori degli Stati Uniti non ha cambiato quasi nulla nella vita della gente normale. Il fallimento di Lehman Brothers ha posto in discussione non solo i grandi equilibri dei mercati finanziari mondiali ma anche i piccoli equilibri dei bilanci famigliari, è divenuto un fatto simbolico che si sta ripercuotendo in maniera sproporzionata sul modo di agire e di spendere, di pensare e considerare la stessa ricchezza di un numero enorme di persone che di Lehman Brothers non hanno mai conosciuto neppure il nome. Con questo secondo crollo, «crisi finanziaria» è diventata più generalmente «crisi». Con la caduta di Lehman Brothers i mercati finanziari andarono fuori controllo e l’indice Dow Jones, «termometro» del capitalismo contemporaneo, iniziò una discesa che, nel giro di cinque mesi, lo fece crollare da quota 14mila a quota 6500, portò i governi più liberisti del mondo a possedere banche e industrie, cancellò dai listini un buon numero di banche e altri istituti finanziari. Sta imponendo a politici riluttanti di affrontare il problema del governo dei mercati divenuti manifestamente incapaci di autoregolarsi. Se le conseguenze si fossero fermate qui la gente farebbe bene a guardare a questi avvenimenti con il distaccato interesse con cui si guarda ai combattimenti di dei ed eroi nei poemi omerici. Ma le conseguenze non si sono fermate qui; il fallimento di Lehman Brothers, con ciò che sottintende e rappresenta, si è insinuato, direttamente o indirettamente, nelle case, nei portafogli e nei modi di pensare, nell’immaginario collettivo dei normali cittadini. Anche in Italia, dove, per un benefico provincialismo, le banche italiane possedevano solo pochissimi titoli Lehman e le perdite dirette sono state perciò trascurabili in relazione alla massa della ricchezza finanziaria, il lontano «crac» americano ha dato il via a un mutamento rapido, profondo e inaspettato del sistema di valori. L’origine di questo mutamento sta nella diminuzione del lavoro in quantità (meno straordinari, più disoccupati e più orari ridotti) e in qualità (meno sicurezza). L’immagine degli impiegati di Lehman Brothers sommariamente licenziati e costretti a sgombrare in fretta le proprie scrivanie dopo aver messo i loro effetti personali in grezzi scatoloni di cartone sono diventate icone simboliche di un’insicurezza generale che ha cambiato la vita e - ciò che è più importante - le prospettive di vita di tutti, dalla «casalinga di Voghera» ai piccoli industriali della Brianza. Gli italiani, gli europei, gli americani si comportano come se fossero diventati più poveri, anche quando il loro reddito medio è diminuito di poco o nulla. In presenza di redditi sostanzialmente invariati, i consumi delle famiglie sono infatti caduti sensibilmente e stanno cambiando direzione, quasi che si fosse rotto un giocattolo che una generazione si era costruito nell’arco di decenni. Se non c’è impiego sicuro è meglio spendere poco e il «poco» comincia spesso con la rinuncia al telefoni fisso in favore del solo cellulare, passa per i voli low cost, per la stampa no cost, per citare solo alcuni esempi. Il «poco» deve poi essere ecologico e biologico: si preferiscono i prodotti, che tramite una «filiera corta», vengono dalla fattoria della vicina campagna invece dei prodotti che, grazie alle «filiere lunghe», arrivano da molto lontano. Dai Suv che divorano carburante, l’attenzione si sposta sui motori «puliti» e le auto elettriche. Accanto alle pubblicità tradizionali rivolte al pubblico degli individualisti arroganti del «prendo, pago, pretendo» che proclamano il «diritto» al lusso da parte dei consumatori si fa strada un filone che sottolinea il basso prezzo, la semplicità, la praticità, la sostenibilità. Proprio dall’insostenibilità del sistema finanziario che ha prodotto il fallimento di Lehman Brothers è derivato così un generale interesse per la sostenibilità di tutto, dalle auto alla nettezza urbana fino alla stessa crescita economica, ormai guardata con sospetto se non è «sostenibile», ossia se il benessere che crea non è trasferibile ai nipoti. La condanna papale di chi «spreca il superfluo» e l’incitamento a riscoprire la sobrietà e la solidarietà trovano orecchie meno disattente mentre, sotto ogni bandiera religiosa e ideologica, sorgono o si rafforzano gruppi d’acquisto, fondi anticrisi e organizzazioni per aiuti concreti contro le difficoltà. Ottant’anni fa, Schumpeter aveva osservato che una crisi, quando da finanziaria diventa generale, stimola risposte innovative; le risposte che aveva in mente derivavano essenzialmente dalle imprese, ora sembrano derivare dalla società civile. Oltre che nei consumi, nell’era post-Lehman, qualcosa è cambiato, anche nell’immaginario collettivo. Il giovane «finanziere d’assalto» che sposta miliardi armato di computer, eroe di centinaia di telefilm, è uscito di scena con la sua brava scatola di cartone. Parallelamente la fiducia di fondo dell’italiano nella propria «banca-mamma» che lo consiglia e guida nelle scelte di risparmio ha subito molte incrinature; senza la «banca-mamma» però, il risparmiatore italiano non sa bene che fare e qualche banchiere scopre, o riscopre, che i depositanti sono persone e non solo numeri. Pur parlando spesso di mercato, i politici al mercato non ci vanno mai e in questo periodo di crisi il loro contatto con la gente non aumenta; riescono ad agganciare l’opinione pubblica solo quando parlano di aiuti ai più deboli, di protezione dei posti di lavoro. E così negli Stati Uniti, il presidente Obama lancia una riforma radicale dell’assistenza sanitaria; in Italia, su scala ben più piccola, è stata lanciata la social card. Negli Stati Uniti lo Stato si impegna alla grande nel sostegno all’industria dell’auto in difficoltà; in Italia, su scala ben più piccola le banche sono state convinte alla moratoria sui debiti delle piccole imprese. Gli economisti hanno perduto collettivamente la faccia per non aver previsto la crisi e alcuni premi Nobel che avevano teorizzato il «titolo perfetto» sono stati costretti a faticose difese in pubblico; ma gli altri scienziati sociali non hanno chiavi interpretative forti da offrire e meno che mai soluzioni articolate da proporre. Il crollo delle Due Torri aveva lasciato un buco profondo nel terreno che, a sette anni di distanza comincia appena a essere riempito nell’ambito di una contestata ricostruzione. Il buco lasciato dal crollo di Lehman Brothers non è solo finanziario ma tocca profondamente molti aspetti immateriali della nostra vita; e la ricostruzione, difficile incerta e discussa non è ancora incominciata.