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 2009  settembre 14 Lunedì calendario

«Ma navigate a vista» - La nottata è passa­ta, il baratro in cui abbiamo guar­dato tutti con ve­ra paura si è allontanato dai nostri piedi

«Ma navigate a vista» - La nottata è passa­ta, il baratro in cui abbiamo guar­dato tutti con ve­ra paura si è allontanato dai nostri piedi. Sarebbe però impru­dente dire: è tutto a po­sto. I titoli tossici di cui non si parla più (o quasi) sono ancora in giro per il sistema e sono perdite con cui, prima o poi, biso­gnerà fare i conti. E poi c’è la massa di liquidità utilizzata per evitare la catastrofe: va assorbita, drenata. I danni che può fare quando non sarà più vitale per far girare il mer­cato sono grandi. Isidoro Albertini, stori­co agente di Piazza Affari oggi presidente di Banca Albertini Syz, ragiona sui dodici mesi che hanno cambiato tutto dopo il fal­limento di Lehman Brothers il 15 settembre 2008 e su quello che deve ancora cambiare. No­vant’anni portati con energia, ha accettato, do­po un lungo silenzio, di fare un bilancio disincan­tato, come può essere quello di chi ha speso una così lunga vita pro­fessionale in Borsa. Nel suo ufficio di via Borgonuovo, nel cuore di Milano, il sole va e vie­ne dalla grande finestra, intermittente come le speranze dei mercati e dell’economia. Che idea si è fatto di quello che è successo nel settembre di un an­no fa? «Abbiamo visto lo scoppio di una bolla im­mobiliare, generata da uno squilibrio epocale fra valore reale delle case e delle ipoteche. E gli ef­fetti di un meccanismo tremendo che ha riparti­to sul sistema i rischi di questi debiti, con carta fabbricata ad hoc. Il risul­tato è che, un anno do­po, non sappiamo anco­ra quanto costerà neutra­lizzare quei titoli che han­no messo a repentaglio la credibilità del sistema bancario nel suo com­plesso » . La paura di quei giorno era giustifica­ta? O è stata solo inuti­le psicosi? «No, no. Il baratro c’era e ci abbiamo guar­dato dentro. Ricordo il tasso overnight al 6%, una situazione che de­nuncia la paralisi assolu­ta della circolazione del denaro. Lo scioglimento dei mercati così come li abbiamo conosciuti e co­struiti era una possibilità concreta». A chi va il merito del faticoso ritorno verso la normalità? «Le autorità moneta­rie si sono comportate come un creditore di ulti­ma istanza. Quando nel­la piccola Piazza Affari degli anni Ottanta un agente di cambio rischia­va di saltare, spesso le notti più buie finivano con un salvatore. Una banca, un pool di azioni­sti che metteva i soldi mancanti. Ecco: il Teso­ro americano, poi quello inglese e via via tutti gli altri hanno fatto questo su scala globale». E lo hanno fatto bene o male? «Non potevano fare al­tro. Nel 1929, durante quella crisi con cui ha po­co senso fare paragoni se non per la gravità, il con­certo tra governi che ab­biamo visto oggi non era possibile. Giusto o sba­gliato che fos­se, quei 700 miliardi di dollari buttati subito nell’in­granaggio in­ceppato han­no tampona­to abbastanza da evitare la catastrofe. Purtroppo il contagio dell’economia reale era inevitabile ed è avvenuto subito. Perché tutti si sono fermati, han­no rimandato piani, inve­stimenti, progetti. La di­soccupazione di oggi è il frutto di quella grandissi­ma paura». Ma lei non vede segna­li di ripresa? Non pensa che il peggio per i mer­cati sia alle spalle? «La ripresa verrà come sempre. Le Borse sono più tranquille, indubbia­mente. Ma si naviga a vi­sta, per sei mesi, un an­no, nella speranza che si trovi un nuovo equilibrio che non vedo ancora». Le banche si sono pre­sentate con bilanci ac­cettabili. Che cosa ne pensa? «Si fanno tornare i con­ti allungando i tempi. I mercati non potranno an­dare avanti senza scosse proprio perché i titoli tos­sici sono da qualche par­te. Il problema è stato cir­coscritto, ma non risolto. E potrebbero nascerne di nuovi e gran­di quando la liquidità iniet­tata nel siste­ma sarà di troppo». Pensa al riaccendersi di spinte inflazionisti­che? «Certo, impossibile non pensarci. A voler es­sere ottimisti, il mondo nei prossimi vent’anni dovrà fare ingenti investi­menti in energia pulita e tutti quei soldi potrebbe­ro alla fine essere assorbi­ti da questa grandissima impresa. Ma chissà...» La guarigione insom­ma sarà lenta. E i più pensano che, cura a par­te, in questo anno di pas­sione non sia stato fatto nulla per impedire che accada ancora. Lei è d’accordo? «Sono scettico sulla possibilità di regolamen­tare più di tanto la finan­za. L’avidità, la possibili­tà di speculare sono i mo­tori del mercato. Non si va in Borsa per avere un reddito stabile nei prossi­mi decenni, ma perché si spera di indovinare la mossa giusta per vincere di più. Ho letto tante co­se sulla necessità di anco­rare i bonus dei banchie­ri a parametri più equi, ma ho visto pochi fatti. La verità è che le persone che decidono su queste cose sono poche ed è dif­ficilissimo vincere i con­flitti di interesse e la corti­na di fumo che si sprigio­na quando c’è da difende­re un simile potere». Qualcuno pensa che sarebbe necessario rego­lamentare in qualche modo soprattutto l’uso dei derivati... «Forse è vero. Ma, ripe­to, l’impresa mi sembra più che ardua. Anche quando non esistevano i derivati il sogno di tutti i banchieri era fare più soldi possibili con un pa­trimonio più piccolo pos­sibile ». ------------------------------------------------------------------------------------------ Chi è: Isidoro Albertini Presidente Banca Albertini Syz Isidoro Albertini compie novant’anni nel dicembre 2009. Oggi è presidente di Banca Albertini Syz, la struttura nata dalla joint venture della società di famiglia con gli svizzeri di Banque Syz. La sua carriera in Borsa comincia nel 1957. Nel 1972, rilevando lo studio dell’agente di cambio Foglia, getta le basi per il nuovo business di famiglia: i suoi genitori erano imprenditori tessili.