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 2009  settembre 14 Lunedì calendario

ESSERE MEDIOCRI IN VERSI SUBLIMI


Se dovessimo prestare fede a quanto scrive Svetonio nella sezio­ne riservata ai poeti del De viris illustribus , Ora­zio non era bello. Aveva oc­chi cisposi, colorito scuro, ca­pelli argentati prima dell’età canonica; era poi grassoccio e di bassa statura. Non gli batteva nel petto un cuore di leone e quella rara volta che rischiò qualcosa – infiam­matosi delle idee di libertà entrò nell’esercito di Bruto, conosciuto ad Atene, e com­battè a Filippi – si salvò dal­la sconfitta con la fuga, non prima di avere abbandonato lo scudo. Ebbe la fortuna di piacere a Mecenate e di esse­re stimato da Augusto, anzi potè permettersi il lusso di declinare l’invito a ricoprire l’incarico di segretario parti­colare dell’imperatore, senza che questi se ne adontasse.

Studiò filosofia ma non si lasciò coinvolgere più del do­vuto dalle idee e dagli entu­siasmi di coloro che deside­rano realizzarle; cercò, caso mai, di ricavarne qualche precetto di vita, rimanendo nei confini del buon senso. Si accostò prima alla scuola accademica e poi a quella di Epicuro; la polemica contro lo stoicismo e i suoi dogmi si avverte nelle Satire , anche se talune simpatie per que­sta corrente di pensiero le provò più in là negli anni. Del resto, egli non si pose fi­ni particolari: la sua poetica, venata di edonismo, ritene­va che i versi avessero il pote­re di giovare e dilettare, ovve­ro di unire l’utile al piacere. Indole indipendente, animo alieno dalle grandi passioni (anche se il solito Svetonio lo ricorda dedito ai sollazzi venerei), sincero cultore del­l’amicizia e della vita appar­tata, osservatore più che so­gnatore, lanciò dal suo ritiro discreto il motto appuntito come uno spillo: Carpe diem . In esso, come nello specchio di Narciso, si posso­no riflettere le filosofie e le antifilosofie dell’Occidente: per questo le due parole ro­toleranno nei secoli mieten­do proseliti, giungendo sino a noi, accolte a Hollywood nel film di Weir L’attimo fug­gente .

Ma perché Orazio invi­ta nel primo libro delle Odi a godere il giorno che passa? La risposta, banale e subli­me al tempo stesso, si legge nella continuazione del ver­so: «Quam minimum credu­la postero», vale a dire: «Confidando il meno possi­bile nel futuro». Per tal moti­vo egli consiglia, nel secon­do libro delle ricordate Odi, di cercare rifugio in quel­l’ «aurea mediocritas» che non piace agli eroi ma vince gli affanni.

Non si creda tuttavia che Orazio fosse di mente medio­cre, appartenente a quel ge­nere che anche i dilettanti di umanesimo possono capire e tradurre nelle pause delle loro dense giornate. Il suo la­tino scivola dalle mani, giac­ché si è dinanzi a un poeta allo stesso tempo lontano e vicino, insulso e indispensa­bile. Bisogna essere stati de­lusi dalla vita per entrare nel suo segreto, occorre avere nel cuore cicatrici profonde per apprezzare versi come i seguenti, tratti del primo li­bro delle Epistole : «Nil admi­rari prope res est una, Numi­ci, /solaque, quae possit fa­cere et servare beatum», ov­vero: «Non stupirsi di nulla è quasi l’unica, /la sola cosa, o Numicio, che può fare/ e conservare felici».

La traduzione che abbia­mo riportato è di Carlo Care­na e si trova nella raccolta di Orazio Tutte le poesie ( Ei­naudi, I Millenni, pp. 1.048,

e 95). Curato da Paolo Fede­li, che ha scritto una introdu­zione che è anche un prezio­so ritratto, questo volume ri­flette l’affetto che Carena ha testimoniato per tutta la vita ai classici. Nasce facendo te­soro dell’edizione realizzata per il Poligrafico dello Stato nella ricorrenza del bimille­nario oraziano, che vide la luce tra il 1991 e il 1997, dove i nomi ricordati di Fedeli e Carena si ritrovano. Ma quel che ci sentiamo di notare in margine è l’utilità pratica del libro einaudiano, sorta di manuale per sopravvivere al presente. Il sommo auto­re latino offre sempre le pa­role per la legittima difesa dello spirito e per sbugiarda­re i cretini di talento, catego­ria oggi in forte espansione. Nel saggio A tu per tu con Orazio , premesso alla raccol­ta da Carena, ci sono mille spunti, innumerevoli sugge­rimenti raccolti sulla fortu­na secolare del poeta, tra i quali non mancano quelli di Michel de Montaigne. E qui occorre richiamare un pas­so degli Essais , ispirato a versi tratti da Odi ed Episto­le :

«Mettersi come che sia al riparo dai colpi, anche se il modo non è molto glorioso e neanche esemplare; per­ciò non alzare nemmeno il capo troppo in alto». Pru­denza e sano egoismo, in­somma: proteggono dai vio­lenti e dai veri mediocri. Che abbondano e purtroppo non sanno di essere tali.