Massimo Gaggi, Corriere della Sera, 14/09/09, 14 settembre 2009
MEMORIA CORTA, BONUS PINGUI
«IBG», che sta per «I’ll be gone». Traduzione: quando scoppierà il problema io sarò già lontano. Per anni molti finanzieri di Wall Street hanno risposto prima con ragionamenti poi, annoiati, con questa semplice sigla a chi li avvertiva dei rischi eccessivi che si stavano assumendo.
Oggi, davanti ai pingui «bonus» che i banchieri Usa hanno ricominciato ad autoattribuirsi, viene da pensare che, a un anno dal crollo della Lehman Brothers, a Wall Street tutto sia tornato come prima. E’ vero, ma solo per il riemergere di questa sindrome da «prendi i soldi e scappa». Evidentemente ci sono banchieri che pensano di poterla dare ancora a bere all’opinione pubblica, presentando come vero risanamento gli utili trimestrali ottenuti non solo grazie agli aiuti diretti dello Stato (poi rimborsati, in alcuni casi), ma anche in virtù dei molteplici meccanismi di protezione introdotti un anno fa: portafogli dei titoli «tossici» amorevolmente avvolti dal Tesoro nell’ovatta, garanzie pubbliche su molte transazioni, denaro offerto dalla Federal Reserve in abbondanza e a costo zero. Misure concepite per salvare un sistema economico che rischiava letteralmente di dissolversi, non per riempire di nuovo le tasche delle banche.
In realtà un ritorno al passato – un’apparente prosperità finanziaria amministrata da «titani» che sfruttano le forzature ideologiche del liberismo per tenersi le mani libere – non sembra pensabile non solo per l’enorme distruzione di ricchezza che si è verificata nel frattempo, ma anche per la natura degli eventi accaduti un anno fa, nell’arco di appena 48 ore: un dramma senza precedenti come il fallimento di un’istituzione finanziaria di livello mondiale e, subito dopo, l’irruzione dello Stato nel mercato con la nazionalizzazione di fatto di Aig, primo gruppo assicurativo americano. Fatti che hanno cambiato profondamente i connotati del capitalismo Usa. Un capitalismo che ha un disperato bisogno di essere rifondato su regole di funzionamento del mercato profondamente riformate. Tutto ciò è indispensabile per evitare il ripetersi di crisi devastanti come quella del 2008, ma anche per creare un nuovo equilibrio tra Stato e mercato e, soprattutto, per arginare la perdita di fiducia in quest’ultimo che si sta diffondendo in una parte importante della società americana.