Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  settembre 14 Lunedì calendario

MEMORIA CORTA, BONUS PINGUI


«IBG», che sta per «I’ll be gone». Traduzione: quando scoppierà il pro­blema io sarò già lonta­no. Per anni molti finanzieri di Wall Street hanno risposto prima con ra­gionamenti poi, annoiati, con que­sta semplice sigla a chi li avvertiva dei rischi eccessivi che si stavano as­sumendo.

Oggi, davanti ai pingui «bonus» che i banchieri Usa han­no ricominciato ad autoattribuirsi, vie­ne da pensare che, a un anno dal crollo della Lehman Brothers, a Wall Street tutto sia tor­nato come prima. E’ vero, ma solo per il riemergere di que­sta sindrome da «prendi i soldi e scappa». Evidentemente ci sono banchieri che pensano di poterla dare ancora a bere all’opinione pubbli­ca, presentando co­me vero risanamento gli utili trime­strali ottenuti non solo grazie agli aiuti diretti dello Stato (poi rimbor­sati, in alcuni casi), ma anche in vir­tù dei molteplici meccanismi di pro­tezione introdotti un anno fa: porta­fogli dei titoli «tossici» amorevol­mente avvolti dal Tesoro nell’ovatta, garanzie pubbliche su molte transa­zioni, denaro offerto dalla Federal Reserve in abbondanza e a costo ze­ro. Misure concepite per salvare un sistema economico che rischiava let­teralmente di dissolversi, non per riempire di nuovo le tasche delle banche.

In realtà un ritorno al passato – un’apparente prosperità finanziaria amministrata da «titani» che sfrut­tano le forzature ideologiche del li­berismo per tenersi le mani libere – non sembra pensabile non solo per l’enorme distruzione di ricchez­za che si è verificata nel frattempo, ma anche per la natura degli eventi accadu­ti un anno fa, nell’ar­co di appena 48 ore: un dramma senza precedenti come il fallimento di un’isti­tuzione finanziaria di livello mondiale e, subito dopo, l’irru­zione dello Stato nel mercato con la na­zionalizzazione di fatto di Aig, primo gruppo assicurativo americano. Fatti che hanno cambia­to profondamente i connotati del capita­lismo Usa. Un capita­lismo che ha un disperato bisogno di essere rifondato su regole di fun­zionamento del mercato profonda­mente riformate. Tutto ciò è indi­spensabile per evitare il ripetersi di crisi devastanti come quella del 2008, ma anche per creare un nuo­vo equilibrio tra Stato e mercato e, soprattutto, per arginare la perdita di fiducia in quest’ultimo che si sta diffondendo in una parte importan­te della società americana.