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 2009  settembre 14 Lunedì calendario

Melinda cerca alleati per crescere la prossima tappa è l’agroindustria - Il segreto, raccontano in Val di Non con una buona dose di modestia, sta tutto nel raffreddare le mele appena colte, al massimo entro 48 ore, fino alla temperatura di due gradi al cuore

Melinda cerca alleati per crescere la prossima tappa è l’agroindustria - Il segreto, raccontano in Val di Non con una buona dose di modestia, sta tutto nel raffreddare le mele appena colte, al massimo entro 48 ore, fino alla temperatura di due gradi al cuore. "Il resto è merito del Padre Eterno". Dietro al successo di quella che una recente ricerca Ispo definisce la mela più amata dagli italiani (nel 62% dei casi è la prima marca citata spontaneamente) c’è, però, dell’altro. Ed emerge con chiarezza proprio oggi che Melinda, guardandosi indietro, festeggia i primi vent’anni della sua storia. "La situazione, prima del 1989, vedeva in queste valli 5.200 aziende agricole con una media di superficie coltivata pari a 1,4 ettari – spiega Luca Granata, direttore generale di Melinda – Senza la creazione di un consorzio avrebbero cessato di esistere già molto tempo fa, perché con quelle dimensioni è impossibile essere competitivi". E’ così che gli agricoltori delle valli di Non e Sole, proprio nell’anno in cui cade il Muro di Berlino, smettono di chiamare concorrente il vicino di casa e iniziano ad allearsi. Più di cinquemila soci produttori, riuniti in 16 cooperative, danno vita a un marchio comune e, successivamente (1997), viene costituito il Consorzio Melinda. Oggi i numeri parlano di una realtà in grado di fatturare 250 milioni grazie alla produzione, su 6.500 ettari, di 315mila tonnellate di mele tutte identificate dal bollino blu Melinda che rappresenta il 15% della produzione italiana e il 3% di quella dell’Europa a 25 paesi. La raccolta 2009 è in corso e le previsioni, nonostante i venti di crisi che attraversano anche l’agricoltura, sono all’insegna dell’ottimismo: produzione oltre le 300mila tonnellate, ottime pezzature (con limitatissimi danni causati dalla grandine) per tutte le varietà: Golden (l’oro della Val di Non, la produzione più importante, attesa a 200mila tonnellate), Red delicious (oltre 25mila), Renetta (oltre 15mila), Gala e Fuji (+1020% rispetto al 2008). "Se i prezzi risentono della crisi? Diciamo che per un produttore i prezzi non sono mai soddisfacenti" sottolinea Granata. "Per quanto ci riguarda, però, la riflessione è diversa. Noi sosteniamo che non sono ancora sufficienti per garantire la piena sostenibilità della filiera. La produzione di mele si caratterizza per numeri costanti, così come è costante il consumo. Va da sé, quindi, che il problema è di organizzazione commerciale. La soluzione, però, non si trova puntando il dito sulla distribuzione. Preferiamo fare mente locale su quello che possiamo migliorare al nostro interno. E questo ci porta al nodo della concorrenza tra produttori. Le nostre dimensioni sono ancora piccole, per cui la spinta che ha portato alla nascita di Melinda deve essere ancora alimentata". Alla crescita dimensionale, dice Granata, si lavora in modo incessante. "Il mondo cambia, l’agricoltura non può rimanere ferma". La riflessione riguarda tutti i livelli: soci produttori, cooperative e anche consorzi. E qualcosa, in quest’ultimo ambito, nel corso dell’anno è germogliato, portando alla costituzione di due aziende comuni – che si occupano dei trasformati industriali (succhi, marmellate, snack e mousse) e della commercializzazione fuori dai confini Ue – tra cinque consorzi di produttori di mele del Trentino Alto Adige. "Consideriamo questo un primo germe: l’elemento fondamentale per la sostenibilità è la crescita. Cerchiamo alleati, non fornitori, che vogliano condividere con noi un percorso. Non pensiamo ad acquisizioni, nel mondo cooperativo non funziona così: forse non è la strada più rapida, ma permette una crescita più stabile". Nel frattempo si studia anche la diversificazione che abbraccia, evidentemente, il settore dei trasformati industriali. Il 75% delle vendite dell’intera produzione è legata al mercato nazionale, ma fuori dai confini non mancano gli estimatori: Germania, Spagna, Portogallo e qualche nuovo spazio nell’Est europeo. "Non c’è margine per produrre di più e tutto il raccolto viene venduto – riflette Granata – Le nostre mele nascono in una fascia ristretta di territorio che va dai 350 ai 900 metri sopra il livello del mare. Il rispetto di questa ci garantisce qualità, riconosciutaci dal marchio Dop (denominazione d’origine protetta). All’estero, quindi, guardiamo per valorizzare meglio la produzione. Sempre considerando che fare strada con le mele è costoso". Ragione che, insieme all’elevato consumo interno, non fa della Cina uno spauracchio. "Producono metà delle mele del pianeta – conclude il direttore del consorzio trentino – ma le loro esportazioni sono uguali a quelle dell’Italia. Non so se diventeranno mai un concorrente temibile: hanno un forte consumo interno e per il trasporto bisogna tenere conto che mancano infrastrutture, oltre al fatto che le mele hanno un valore basso per unità di peso".